Ti mangerebbe a colazione

Kamala mette a nudo il “pacifismo” di Trump

Paola Peduzzi

Il candidato repubblicano Donald Trump non riesce a rispondere a una domanda semplice: vuoi che l’Ucraina vinca contro Putin? Si è rifugiato in un “voglio che la guerra finisca”

Dovete smetterla di usare il nome di Vladimir Putin per i vostri bisticci elettorali, ha detto piccato il portavoce del Cremlino commentando il dibattito presidenziale americano: lasciatelo in pace. Sarebbe piuttosto il caso che il presidente russo lasciasse in pace l’Ucraina, ma la pretesa che i candidati a guidare l’America non parlino del Putin invasore che attacca gli ucraini e minaccia tutto l’occidente appare, per dirla con un termine di moda, “weird”. Fa comunque più spavento il fatto che il candidato repubblicano Donald Trump non riesca a rispondere a una domanda semplice: vuoi che l’Ucraina vinca contro Putin?, e che si rifugi in un “voglio che la guerra finisca” che Kamala Harris interpreta, veloce e corretta, in un: vuole una resa.

E’ ancora più spaventoso se questa arrendevolezza si mischia, come è accaduto a Philadelphia, con le celebrazioni del 23esimo anniversario dell’attacco alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001, il giorno in cui la minaccia di distruzione dell’occidente si concretizzò colpendo il cuore americano, e facendo tremila morti. L’avvento di Trump ha talmente cambiato tutto, nella difesa dei valori liberali dell’America e dell’occidente e nello stesso Partito repubblicano, che al dibattito elettorale per le elezioni alla Casa Bianca, la democratica Harris cita i conservatori Cheney e  McCain come rappresentanti di un’idea   che lei condivide e il candidato repubblicano no – e nella “spin room” di Harris, a parlare con i giornalisti, c’erano l’ex capo (fugace) della comunicazione di Trump e una consigliera dell’ex vicepresidente Mike Pence.
 

“Voglio che la guerra finisca – ha detto il candidato ed ex presidente repubblicano rispondendo alla domanda diretta del moderatore David Muir: è nel migliore interesse dell’America che l’Ucraina vinca contro la Russia?  – Voglio salvare le vite che inutilmente stanno… la gente viene uccisa a milioni. Milioni. E’ tutto molto peggio rispetto ai numeri che avete voi, che sono numeri falsi”. Trump vuole negoziare la fine di una guerra che, se lui fosse stato presidente, non ci sarebbe nemmeno stata, perché – e qui l’ex presidente sposa in pieno la propaganda russa  – Putin non voleva invadere l’Ucraina, ma l’Amministrazione Biden è stata talmente scarsa e provocatoria che, non negoziando, ha portato la Russia alla guerra. Harris ha raccontato di aver incontrato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, qualche giorno prima dell’invasione, ha condiviso con lui le notizie di intelligence sulle truppe russe ai confini, è andata in Polonia e in Romania per costruire l’alleanza a difesa dell’Ucraina, “abbiamo messo insieme 50 paesi a sostegno della legittima difesa di Kyiv, e grazie a questo sostegno, le munizioni, l’artiglieria, i Javelin, gli Abrams, l’Ucraina è oggi in piedi, una nazione libera e indipendente”, ha detto Harris. Con Trump presidente, ha continuato, le cose non sarebbero andate così, “Putin ora sarebbe a Kyiv, e vi prego di capire che cosa questo significherebbe, perché l’obiettivo di Putin non è soltanto l’Ucraina, vi prego di capire perché gli alleati europei e della Nato sono così sollevati del fatto che tu non sia più presidente, vi prego di capire l’importanza della più grande alleanza militare che il mondo abbia mai conosciuto, la Nato, e quel che abbiamo fatto per garantire a Zelensky e agli ucraini la capacità di combattere per la loro indipendenza”. Harris ha poi concluso: “Altrimenti, Putin sarebbe a Kyiv con gli occhi fissi sul resto dell’Europa, a partire dalla Polonia: perché non dici – ha continuato la candidata democratica, rivolgendosi ancora una volta direttamente a Trump, cosa che ha fatto spessissimo e che Trump invece non ha mai fatto, la indicava senza guardarla chiamandola “lei”  – agli 800 mila polacco-americani qui in Pennsylvania quanto velocemente ti arrenderesti in nome di un favore e quel che pensi sia l’amicizia con un dittatore che ti mangerebbe a colazione”.

Trump ha insistito sulla fine della guerra, ha ricordato che la Russia ha l’arma nucleare, ha detto che con lui Putin non sarebbe a Kyiv, ma a Mosca, “non avrebbe sacrificato 300 mila vite”, ed è ancora una volta significativo che l’ex presidente citi i morti russi (con un numero non verificato) e non spenda nemmeno una parola per i morti ucraini, riproponendo quell’equivalenza tra aggressore e aggredito che ispira il suo “negoziato”, che non ha dettagli, non ha princìpi, non esiste se non nella presunzione di essere uno che sa gestire i dittatori. E che li ammira anche, visto che il leader che cita più spesso come sua ispirazione è il premier ungherese Viktor Orbán, filorusso come lui, “pacifista” come lui, illiberale come lui, ostile all’Ucraina come lui.

Il mondo si è capovolto, Putin s’infastidisce se viene citato nella campagna elettorale americana (ma continua a deturparla con la sua disinformazione), Kyiv tace, sa solo che deve trovarsi pronta a tutto, come sempre.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi