L'export di Kim

Pyongyang vuole produrre più armi. Il veicolo per trasportare un missile potente

Giulia Pompili

Kim Yong Un, in un discorso pubblico a sorpresa, ha detto di aumentare ancora la produzione di armi nucleari, considerate una spesa necessaria. Una foto di un missile particolarmente grande che non è passata inosservata al Pentagono

Washington, dalla nostra inviata. Nella geografia della guerra della Russia contro l’Ucraina, l’attenzione dell’Europa è rivolta verso l’Iran e i suoi droni Shahed armati di esplosivo: lunedì scorso uno di questi è caduto, probabilmente per sbaglio, dentro al territorio della Lettonia. Ma l’Iran non è il solo paese a minacciare il mondo occidentale e a fornire nel frattempo a Vladimir Putin gran parte delle sue munizioni. Due giorni fa il leader nordcoreano Kim Jong Un ha tenuto un discorso pubblico a sorpresa, e ha parlato, come di rado succede, di economia e della situazione del paese, anche alla luce delle alluvioni che nei mesi scorsi hanno devastato intere regioni della Corea del nord. Nel giorno del 76° anniversario della fondazione della Repubblica popolare democratica di Corea, Kim ha rinnovato l’invito ai nordcoreani ad adottare le sue riforme economiche, ancora evidentemente poco implementate, e poi ha detto di aumentare ancora la produzione di armi nucleari, considerate una spesa necessaria perché solo quegli armamenti proteggerebbero la Corea del nord dalla “grave minaccia di un’invasione americana”.  Entro il 2027, secondo un’analisi dell’Asan Institute for Policy Studies, le testate a disposizione di Kim potrebbero essere duecento. E in occasione della festa nazionale, a mandare messaggi di congratulazioni al dittatore nordcoreano sono stati soprattutto due leader: quello della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, e il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, che ha scritto a Kim di essere sicuro che la “cooperazione strategica” fra i due paesi “sarà rafforzata nel modo in cui è stato pianificato e grazie ai reciproci sforzi”. 

 

La strategia della proliferazione nordcoreana riguarda l’autodifesa e la deterrenza, l’ultimo scudo per mantenere in vita la dinastia dei Kim, ma sin dall’incontro di settembre dello scorso anno fra i leader di Mosca e Pyongyang riguarda anche le esportazioni verso la Russia. Kim ha ispezionato nei giorni scorsi anche un impianto di produzione di missili e pure lì ha fatto un appello ad aumentare la produzione: i missili nordcoreani finiscono al fronte russo, ma se gli investigatori ucraini hanno dimostrato la presenza di proiettili di artiglieria e di missili a medio e corto raggio nordcoreani sul territorio ucraino, non è ancora chiaro se e quando la Russia sarà in grado di usare gli armamenti più tecnologicamente avanzati della Corea del nord. Secondo i dati raccolti dal governo americano, almeno 65 missili nordcoreani hanno avuto finora come obiettivo l’Ucraina, e la Corea del nord avrebbe mandato verso la Russia almeno 16.500 container di munizioni e armamenti sin dal settembre dello scorso anno. Al pari dell’Iran che fornisce i missili e i droni a Putin, la Corea del nord è una minaccia per la sicurezza dell’Europa, eppure nessuna linea rossa nella cooperazione con Mosca è stata ancora posta dai paesi occidentali a Pyongyang. 

 

Due giorni fa l’agenzia di stampa del regime, la Korean Central News Agency (Kcna) ha pubblicato una fotografia di un veicolo di trasporto e di lancio di un missile particolarmente grande: secondo le analisi del sito specializzato NkNews sarebbe un veicolo molto più grande di quello usato per il missile balistico intercontinentale nordcoreano Hwasong-17, il più potente per ora in dotazione alla Corea del nord. Il dittatore nordcoreano aveva promesso di essere in grado di produrre entro il 2025 un missile balistico con una gittata di 15 mila chilometri, in grado cioè di minacciare l’intero territorio statunitense. La fotografia non è passata inosservata al Pentagono, e ieri il portavoce Pat Ryder ha detto ai giornalisti: “Non è insolito che la Corea del nord utilizzi i resoconti dei media e le immagini per cercare di telegrafare, sapete, al mondo”. E il messaggio è abbastanza chiaro. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.