Taylor Swift - foto via Getty Images

Negli Stati Uniti

Quanto vale il voto di Taylor Swift? Il legame tra glam e mobilitazione nel dibattito Harris-Trump

Giulio Silvano

La cantante, che si firma come "gattara senza figli", ha detto che sosterrà Kamala. Così il trumpismo e i suoi deepfake l'hanno portata a schierarsi dopo un passato "apolitico", mentre la sua fanbase oggi è considerata un vero e proprio blocco elettorale

Il primo dibattito presidenziale tra la democratica Kamala Harris e il repubblicano Donald Trump è stato coronato da un endorsement che è arrivato non appena i due hanno lasciato il palco di Philadelphia: quello di Taylor Swift. La pop star millennial ha condiviso con i suoi 283 milioni di follower una netta dichiarazione di voto insieme a una foto con il suo gatto, Benjamin Button. “Voterò per Kamala Harris perché lotta per diritti e cause che hanno bisogno di essere difese da un guerriero. Penso che sia una leader dotata e dal polso fermo, e credo che possiamo ottenere molto di più in questo paese se siamo guidati dalla calma e non dal caos”, ha scritto la cantante. Nel post Swift si è firmata “gattara senza figli”, l’etichetta che con goffaggine il candidato repubblicano alla vicepresidenza J. D. Vance ha provato a usare contro Harris, che non ha figli. In tre ore, 5 milioni di like. Se la Brat summer è finita, inizia l’autunno swiftie.
 


“Le fandom sono una forza economica molto potente” – iniziava così un articolo di Forbes intitolato “L’effetto Taylor Swift”. I democratici ora sperano che l’aura intorno a The tortured poets department, il suo ultimo album, si trasformi in un entusiasmo elettorale altrettanto forte. Da quando la trentaquatrenne di West Reading, Pennsylvania, ha acquisito lo status di più famosa cantante del mondo, si sono visti i molteplici effetti economici della sua stardom trasformandola nella re Mida della Funflation. Ad esempio, dopo tre concerti a Chicago l’estate scorsa, il governatore dell’Illinois ha annunciato che c’era stato un record statale di guadagni degli alberghi. Dopo una serie di concerti a Los Angeles la contea di Los Angeles ha avuto un aumento del Gdp di 320 milioni di dollari con oltre 3 mila nuovi posti di lavoro. Sono alcuni degli effetti della Swiftonomics: da quando Swift è fidanzata con il giocatore di football Travis Kelce le partite della sua squadra, i Kansas City Chiefs, vengono viste da milioni di persone in più e, soprattutto, da un numero altissimo di donne in più. Nei negozi la maglietta con il numero di Kelce, l’87, ha avuto un aumento di vendite del 400 per cento.
 

Quando Kelce è arrivato alla finale del Super Bowl i commentatori repubblicani hanno suonato l’allarme perché pensavano che lei avrebbe fatto un endorsement a fine partita per Joe Biden (non è successo) e i giornalisti della Fox si sono inventati una cospirazione secondo cui gli Chiefs erano stati aiutati a vincere solo per aiutare i democratici. Dopo qualche mese, visto il silenzio della cantante, Trump era arrivato a postare sui social delle foto create con l’intelligenza artificiale di Swift che lo supporta – in una lei è vestita da Zio Sam con la scritta “Taylor vuole che votate per Trump”, in altre ci sono ragazze con le magliette “Swifties for Trump”. Swift ha parlato anche di questo nel suo post pubblicato dopo il dibattito, parlando di come la paura della disinformazione online e delle foto deepfake l’abbiano spinta a parlare chiaro
 

Swift, nella sua ventennale carriera, non è sempre stata un megafono politico. A lungo è stata considerata una figura di unità nazionale in tempo di polarizzazione, visto anche il suo cuore country, genere che piace soprattutto al sud e al midwest repubblicano. Nei suoi anni apolitici non solo veniva vista come la perfetta reginetta da liceo dai conservatori, ma addirittura alcuni giornali di estrema destra la celebravano come una di loro chiamandola “dea ariana”. Alcuni sostenevano che il suo posizionarsi fuori dall’arena politica fosse un segnale del suo criptofascismo – anche in virtù dell’essere bionda, bianca e cristiana. 
 

Poi però c’è stato un primo segnale quando si è fatta fotografare in fila per le elezioni del 2016. In seguito ha formalmente appoggiato una candidata democratica in Tennessee e, due anni dopo, alle presidenziali del 2020 ha invitato tutti a registrarsi e a votare per Joe Biden. Il giorno del post andarono a registrarsi per votare oltre 35 mila persone. In un’intervista a Vogue del 2019, la cantante ha detto di essersi pentita per non essere stata più esplicita nei primi anni trumpiani in difesa di Hillary Clinton, ma aveva paura che fosse controproducente. Oggi invece Taylor Swift non ha più timori, e dice che a muovere il suo animo sono soprattutto la difesa dei diritti delle donne e della comunità Lgbtq+, e infatti ha voluto fare anche il nome del candidato vice Tim Walz, che ha sempre sostenuto questi diritti.
 

La fanbase di Swift è considerata un blocco elettorale, un vero proprio esercito di fedeli composto in maggioranza da donne tra i 25 e i 40 anni che vivono nei sobborghi. Almeno un quarto delle swifties si professa repubblicano, un altro quarto indipendente. Ma a parte i più sfegatati, il 54 per cento degli americani si dice fan. Di questi poco meno di metà sono uomini, per il 74 per cento bianchi. Secondo un sondaggio di Newsweek il 18 per cento degli elettori potrebbe cambiare voto per seguirla, ma non è detto che accada. I dem non sono così naif, ma sanno che basta anche poco, anche solo tenere viva la fiamma della coolness. La persona dell’anno per Time magazine nel 2023 non è tanto un possibile ago della bilancia a novembre quanto una garanzia di immagine e un modo per ringiovanire la base. I dem hanno bisogno del voto giovanile che si era diradato con la scelta del vecchio Joe. Dopo il post di Taylor Swift una portavoce della campagna di Trump ha detto che “si tratta dell’ennesima prova che il partito democratico è diventato il partito delle ricche élite”. 

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