Editoria
Chi è Sir Paul Marshall, il tycoon che vuole fare il piccolo Murdoch
Il finanziere, ignoto ai più, ha iniziato la carriera gestendo il patrimonio di Soros: ora ha fra le mani una controversa emittente televisiva e il magazine più longevo del mondo, ma sta già puntando ad allargare la sua galassia editoriale e punta al mercato americano
E’ un polo mediatico mica da poco quello che sta creando Sir Paul Marshall, hedge fund manager milionario con ambizioni da piccolo Murdoch e già proprietario della populistissima emittente GB News: si è portato a casa lo Spectator, magazine più antico del mondo, e guarda già al Telegraph, sia Daily sia Sunday, nella speranza di esportare il fiore all’occhiello dell’editoria britannica negli Stati Uniti e nell’anglosfera tutta, dove ogni cosa che viene da Londra fa sognare e dove la sete di media conservatori, si sa, è forte. L’operazione, da 100 milioni di sterline, mette fine alla travagliata vicenda del magazine, che, come il Telegraph, era di proprietà dei gemelli Barclay dal 2005. Non avendo onorato un debito da più di un miliardo, Barclay si è visto le due testate portate via da Lloyds Banking Group, salvo poi accettare l’offerta di finanziamento di RedBirdIMI, una holding americana legata allo sceicco Mansour bin Zayed al-Nahyan, vicepresidente degli Emirati Arabi Uniti e proprietario del Manchester City. Solo che l’authority prima e il Parlamento britannico poi hanno bloccato l’operazione in nome della difesa della libertà di stampa. Una legge della primavera scorsa impedisce infatti agli stati esteri e alle persone legate ai governi di altri paesi di controllare i giornali britannici e, anche se in quanto magazine lo Spectator non ricade nella definizione, è stato rimesso sul mercato, così come il Telegraph, per cui le offerte scadono a fine mese.
Con i suoi 122.500 abbonati e il suo utile lordo da 2,6 milioni di sterline, la testata fondata nel 1828 è stata pagata un prezzo mirabolante dalla holding Old Queen Street Ventures, che promette di essere “un eccellente custode” e punta a recuperare il “sottoinvestimento” degli ultimi anni in quella che considera “una delle grandi testate del mondo”, con ex direttori superstar come Boris Johnson e Nigel Lawson. Al timone rimarrà Fraser Nelson, lì da 15 anni e sicuro che la nuova proprietà non porterà a interferenze. L’editore sarà il quarantaduenne Freddie Sayers, amministratore delegato di Old Queen Street e direttore di UnHerd, sito della galassia Marshall, ma lo Spectator avrà una governance a parte, con un board in cui siederanno esponenti dei Tories. Marshall rimarrà presidente della holding e se ne starà, dice, in disparte. “E’ una pubblicazione molto diversa da UnHerd, con le sue proprie politiche, atmosfere e interessi” e “ci impegniamo a aiutare entrambe le pubblicazioni a svilupparsi in modo indipendente”, ha garantito. Chi invece si è mostrato contrario è il presidente dello Spectator, Andrew Neil, che non ama l’idea di un fondo d’investimento come editore. “Ho messo in chiaro tanti mesi fa che me ne sarei andato con l’arrivo di una nuova proprietà. Il momento è arrivato”, ha scritto su X.
Il finanziere, poco conosciuto dal grande pubblico, ha iniziato negli anni Ottanta, gestendo anche soldi di George Soros e finendo con l’accumulare una fortuna personale da 875 milioni di sterline. E’ diventato Sir per le sue attività filantropiche, è molto religioso, suo figlio era nel gruppo folk Mumford&Sons. Da giovane era LibDem, poi si è spostato verso i conservatori e, in particolare, verso la Brexit, sostenuta a suon di donazioni. Nel 2017 ha fondato UnHerd, poi ha aggiunto GB News, emittente di rottura in uno scenario d’informazione dominato dal modello Bbc: nel primo anno ha perso 31 milioni e una serie di presentatori, gli inserzionisti producono deambulatori e farmaci contro l’impotenza, chiacchiera dalla mattina alla sera di guerre razziali e complotti plutocratici, ha solo 600 mila spettatori, pochi ma radicalizzati, e ha dato spazio e voce a una serie di politici controversi e sempre più sedotti da un tipo di conservatorismo all’americana, urlato. L’ex direttore del Guardian Alan Rusbridger gli ha dedicato un profilo dicendo che è retrivo e gli piace il premier ungherese Viktor Orbán perché è un “vero leader”. Ora vorrebbe anche il Telegraph, per cui si punta a un prezzo di 600 milioni di sterline. Tra gli altri offerenti ci sarebbe, pare, anche l’originale Rupert Murdoch.