Amici speciali di Kyiv
Londra spinge Washington a rivedere un altro tabù sulle armi
Dopo l'insistenza di Zelensky l'incontro tra Starmer e Biden è decisivo per superare lo stallo sul sostegno a Kyiv
Mosca ha revocato l’accredito a sei diplomatici britannici, accusati di spionaggio, proprio mentre il premier britannico, Keir Starmer, atterrava a Washington per l’incontro con il presidente americano Joe Biden. L’Fsb russo ha detto di aver trovato documenti che dimostrano che il Foreign Office sta aiutando a coordinare quel che definisce “l’escalation della situazione politica e militare in Ucraina”, cioè l’utilizzo di armi occidentali contro obiettivi militari in territorio russo, ma gli inglesi ridimensionano le minacce putiniane, dicono che le accuse “non hanno alcun fondamento” ma che la revoca risale al mese scorso: è soltanto l’ultimo capitolo di una rappresaglia diplomatica che va avanti da molto tempo.
Londra ha imparato a gestire le minacce di Vladimir Putin e a non utilizzarle come alibi per ridurre il proprio impegno nella difesa dell’Ucraina. Il presidente russo ha detto che se gli alleati di Kyiv tolgono le restrizioni all’utilizzo delle armi occidentali in Russia allora vuol dire che la Nato è in guerra con Mosca e dovrà subirne le conseguenze, ma è una cosa che Putin dice da sempre – e i putiniani lo ripetono a giustificazione dell’invasione ingiustificata dell’Ucraina – e anzi il premier Starmer, sull’aereo che lo portava a Washington, ha ribadito l’unica cosa da dire: “La Russia ha iniziato questo conflitto. La Russia ha invaso illegalmente l’Ucraina. La Russia può mettere fine a questa guerra immediatamente” – non lo fa perché non vuole, e l’unico modo è costringerla alla pace. E’ quel che ripetono gli ucraini da quando è iniziata l’incursione nella regione russa di Kursk, che ha segnato una nuova strategia da parte di Kyiv che oltre a togliere pressione sul Donbas punta a portare la guerra e i suoi effetti in territorio russo, tra i russi, che così non potranno più continuare a ignorare quel che avviene in Ucraina. Anche per questo è diventato esistenziale per le forze di Kyiv superare le restrizioni sull’utilizzo delle armi occidentali in territorio russo, ma gli alleati hanno scelto di andare cauti, motivando la riluttanza con questioni tecniche.
Dopo l’insistenza di Volodymyr Zelensky e l’incontro tra il segretario di stato americano, Antony Blinken, e il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, che sono anche andati insieme a Kyiv mercoledì in un’inedita missione congiunta, qualcosa si è mosso e l’incontro tra Starmer e Biden è ancora una volta considerato decisivo – in vista dell’Assemblea generale dell’Onu, che sarà un altro appuntamento rilevante la prossima settimana – per superare anche questo tabù e togliere le restrizioni almeno alle armi britanniche e a quelle francesi, che pure hanno componenti americane. A Londra sono cambiati due governi da quando Putin ha invaso l’Ucraina, ma la determinazione britannica a sostenere la difesa di Kyiv non è cambiata a seconda del partito o della persona che guida il paese (ieri l’ex premier Borsi Johnson ha incontrato Zelensky a Kyiv). A destra e a sinistra, escludendo gli estremi, la Russia rappresenta una minaccia globale e la vittoria dell’Ucraina è il presupposto per garantire sicurezza e stabilità a tutto il mondo: capita soltanto nel Regno Unito. Che ha anche gestito la “special relationship” con l’America in modo da spostare via via le linee rosse poste dall’Amministrazione Biden: è accaduto quando si discuteva dell’invio di carri armati, poi è stata la volta degli F-16 e ora per le restrizioni all’utilizzo delle armi. Ci sono stati intoppi e recriminazioni, come è facile immaginare (chiedere all’ex ministro della Difesa Ben Wallace, che ambiva a guidare la Nato ma che ha visto sfumare la sua candidatura anche a causa delle pressioni che ha fatto agli americani), ma gli “amici speciali” si sono rivelati speciali anche per Kyiv.
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