visto da parigi
Cosa dice della Francia acciaccata il cambio del commissario Thierry Breton
Nel governo francese c'è un posto per il commissario dimissionario, ma a pesare sono i suoi brutti rapporti con Bruxelles. Il nuovo nome di Macron per sostituirlo è Stéphane Séjourné, capo della diplomazia del paese durante il governo Attal
Parigi. Per Bruno Alomar, economista e alto funzionario che ha lavorato nel gabinetto dell’ex commissaria europea all’Energia Loyola de Palacio, le dimissioni improvvise di Thierry Breton, commissario al Mercato interno, non sarebbero soltanto determinate da un’incompatibilità insanabile con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ma avrebbero anche un legame con l’attualità politica interna francese, e più precisamente con il nuovo governo di Michel Barnier. L’ex capo negoziatore della Brexit per l’Ue, nominato primo ministro lo scorso 5 settembre, è alle prese con la delicata composizione dell’esecutivo che, ha promesso, sarà “equilibrato, rappresentativo e plurale”, e sarà ufficializzato entro lunedì prossimo.
Breton, con la sua lunga esperienza nel mondo dell’impresa e un passaggio al ministero dell’Economia (2005-2007) sotto la presidenza di Jacques Chirac, può ambire a un dicastero rilevante. A Parigi, i suoi sostenitori ricordano che, da amministratore delegato di Thomson (1997-2002) e di France Télécom (2002-2005), si conquistò la fama di “redresseur d’entreprises”, di salvatore di aziende sull’orlo del fallimento. E che a Bercy, sede del ministero dell’Economia e delle Finanze, fu un inflessibile rigorista col pallino del debito pubblico, colui che riportò la Francia in surplus di bilancio dopo dieci anni, stimolando un aumento del pil dello 0,4 per cento, dall’1,7 al 2,1. Insomma, è il profilo idoneo per gestire l’emergenza in cui versa oggi la Francia, con un deficit che corre verso il 5,6 per cento nel 2024 e il peso della procedura d’infrazione aperta lo scorso giugno dalla Commissione europea.
Proprio questa procedura, secondo alcuni osservatori, potrebbe però raffreddare la pista Breton a Bercy. “Mi sembra difficile una sua nomina al ministero dell’Economia viste le sue pessime relazioni con von der Leyen e in un momento cosi delicato per le finanze”, dice al Foglio un conoscitore delle dinamiche di Bercy. Altri fanno notare che Breton e Barnier condividono non solo l’esperienza da commissari europei, ma anche un passato nella destra gollista: entrambi sono stati ministri durante il secondo mandato di Chirac (2002-2007). L’ipotesi che Breton entri a far parte del Barnier I è comunque sul tavolo. E non solo per l’Economia. Il Quai d’Orsay, sede del ministero degli Esteri, è un’altra destinazione possibile per il commissario europeo dimissionario. “Potrebbe esserci un curioso valzer delle poltrone, uno scambio sull’asse Parigi-Bruxelles”, dice al Foglio un frequentatore della macronia che preferisce mantenere l’anonimato.
Perché il nome proposto da Macron a von der Leyen come commissario è quello di Stéphane Séjourné, capo della diplomazia francese fino alle dimissioni del governo Attal. “Dopo il semestre di presidenza francese dell’Ue nel 2022 e il suo secondo discorso della Sorbona nell’aprile 2024, il presidente della Repubblica ha sempre difeso l’assegnazione alla Francia di un portafoglio chiave nella Commissione europea, centrato sui temi della sovranità industriale, tecnologica e di competitività europea”, hanno fatto sapere fonti dell’Eliseo, spiegando con queste parole la scelta di Séjourné: “È stato presidente del gruppo Renew al Parlamento europeo nel corso della precedente legislatura e risponde all’insieme dei requisiti richiesti. Il suo impegno europeo gli permetterà di portare avanti pienamente questa agenda di sovranità”.
Macronista della prima ora, Séjourné, 39 anni, si è fatto un nome a Bruxelles, dove è operativo dal 2019 e apprezzato come negoziatore. Ma la sua nomina, a Parigi, ha suscitato cirtiche a sinistra e nella destra sovranista. L’eurodeputata della France insoumise Manon Aubry ha dichiarato che Macron ha mandato il “suo clone alla Commissione europea”, mentre Thierry Mariani, eurodeputato del Rassemblement national, ha denunciato “l’arte di ricollocare i piccoli marchesi decaduti della macronia”.