Il secondo mandato
Von der Leyen non vuole contrappesi e dismette Breton
L’ex commissario denuncia il ricatto alla Francia della presidente della Commissione. Gli equilibri saltati, il sostituto e le critiche
Bruxelles. Thierry Breton, uno dei pesi massimi della prima Commissione di Ursula von der Leyen, oggi ha dato le dimissioni, accusando la presidente di aver esercitato un ricatto politico nei confronti di Emmanuel Macron per ottenere la sua testa. La nascita della Commissione von der Leyen II non è messa in discussione, nonostante si stiano accumulando difficoltà. Il presidente francese ha designato il ministro degli Esteri, Stéphane Séjourné, al posto di Breton. Von der Leyen dovrebbe presentare domani al Parlamento europeo la nuova squadra con la ripartizione di incarichi e portafogli. Ma l’uscita di Breton dalla Commissione è indicativa della determinazione di von der Leyen di accentrare su di sé tutti i poteri, spostando l’equilibrio politico a favore del Partito popolare europeo. Il fatto che Macron abbia ceduto al ricatto è una dimostrazione della debolezza della Francia.
La lettera di dimissioni di Breton ha colto tutti di sorpresa a Bruxelles. Il commissario prima ha postato su X un quadro bianco con una battuta: “Il mio ritratto ufficiale per il prossimo mandato della Commissione europea”. Pochi minuti dopo ha pubblicato la missiva alla presidente della Commissione con le accuse rivolte a von der Leyen. “Alcuni giorni fa, nella fase finale dei negoziati sulla composizione del futuro collegio, lei ha chiesto alla Francia di ritirare il mio nome – per ragioni personali che in nessuna occasione ha discusso direttamente con me – e ha offerto come baratto politico un presunto portafoglio più importante per la Francia”. I portavoce di von der Leyen non hanno smentito la ricostruzione di Breton, né il ricatto nei confronti di Macron che aveva confermato il commissario il 25 luglio. “La presidente è concentrata sul futuro”, ha detto una portavoce della Commissione. Le relazioni tra von der Leyen e Breton non sono mai state buone, ma si erano deteriorate alla fine della legislatura, quando l’ex commissario francese aveva contestato la presidente per il suo modo di dirigere l’esecutivo comunitario e la mancanza di collegialità nelle decisioni.
Nel suo secondo mandato “von der Leyen voleva fare piazza pulita eliminando tutti quelli che le tenevano testa”, spiega al Foglio una fonte dell’Ue. I socialisti Josep Borrell, Paolo Gentiloni e Nicolas Schmit non sono stati confermati dai rispettivi governi. Parlamentari e diplomatici davano per scontato che Breton avrebbe ottenuto il posto di vicepresidente esecutivo con la responsabilità per l’Industria e l’Autonomia strategica nella nuova Commissione. Più interventista che liberale, Breton negli ultimi cinque anni era stato il protagonista di molte delle iniziative per rafforzare la sovranità economica dell’Ue: regolamentazione dei giganti del settore digitale, produzione dei vaccini, diversificazione delle catene di approvvigionamento delle materie prime, incremento della fabbricazione di munizioni, strategia sull’industria della difesa (incluso l’acquisto congiunto di armi). Per autorità ed energia, sarebbe stato il naturale contrappeso alla prudenza di von der Leyen su temi come il debito comune per finanziare gli investimenti, le raccomandazioni di Draghi sulla politica industriale o la necessità di dotare l’Ue di una politica della difesa. Invece, la presidente ha ottenuto lo scalpo di Breton, mettendo gli interessi personali davanti a quelli europei. “La nomina della nuova Commissione sta lentamente degenerando in un teatro assurdo”, ha detto l’europarlamentare socialdemocratico tedesco, Bernd Lange: “Molti danni sono già stati fatti (…) La razionalità deve venire prima dell’ambizione personale”.
Von der Leyen sta scommettendo sull’apatia dei gruppi politici che l’hanno confermata per un secondo mandato. “Nessuno vuole provocare una crisi istituzionale per una poltrona”, spiega un europarlamentare. Il Ppe è soddisfatto di avere il dominio sulla nuova Commissione (14 commissari più Raffaele Fitto). I socialisti la scorsa settimana hanno lanciato un avvertimento sulla parità di genere e la nomina di Fitto a vicepresidente, ma sono pronti ad accontentarsi di piccole concessioni cosmetiche. I liberali non faranno le barricate mettendo a rischio Séjourné, che è stato il presidente del gruppo Renew per tre anni. Ma l’uscita di Breton “non è di buon auspicio per il futuro”, avverte Lange.