il ritratto
Chi è Teresa Ribera, la vicepresidente della Commissione Ue che seguirà Green deal e Concorrenza
La socialista spagnola è contraria al nucleare e da ministra ha chiuso le miniere di carbone e previsto un divieto per le auto a combustione. Von der Leyen sceglie lei per la Transizione climatica ma le mette attorno un cordone del Ppe
Il nuovo volto del Green Deal europeo è quello della socialista Teresa Ribera. Ursula von der Leyen ha scelto la ministra spagnola per la Transizione ecologica come vicepresidente esecutiva per la Transizione pulita, giusta e competitiva, affidandole anche il portafoglio più importante della Commissione, quello della Concorrenza, con cui Bruxelles controlla le fusioni industriali, l’applicazione delle norme antitrust e gli aiuti di stato, esercitando un’influenza importante sulle politiche industriali dei paesi membri. Il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha detto che la nomina è un “orgoglio” con cui la Spagna “raggiunge il più alto livello di influenza che abbia mai avuto a Bruxelles”. Per il dopo Vestager Ribera ha già promesso continuità. Ma se dal punto di vista del potere esecutivo le deleghe alla Concorrenza sono le più importanti, dal punto di vista politico è centrale avere affidato a una socialista la competenza sulla transizione climatica.
Rispetto ai tempi di Frans Tiemmermans, l’espressione “green deal” è sparita, come suggeriva già il programma presentato da von der Leyen al Parlamento europeo a luglio: in questa nuova fase, la preoccupazione della presidente della Commissione è infatti quella di ascoltare le richieste del Ppe e non spaventare l’industria europea con l’approccio intransigente che ha caratterizzato la gestione Tiemmermans, anche alla luce del rapporto sulla competitività presentato da Mario Draghi che raccomanda un forte coordinamento tra gli obiettivi ambientali e la riconversione industriale.
Il profilo di Ribera non coincide con questa prospettiva ed è per questo che in un sottile equilibrio di pesi e contrappesi politici von der Leyen ha fatto in modo di spacchettare le competenze che avranno effetto sulle politiche climatiche e industriali legate alla decarbonizzazione. Non è un caso neppure che nella lettera di mandato di von der Leyen a Ribera il rapporto dell’ex premier italiano sia citato in quattro passaggi.
Da ministra, Teresa Ribera si è intestata la battaglia per la chiusura delle miniere di carbone nel nord della Spagna e ha gestito con i sindacati le ripercussioni per i lavoratori attraverso un accordo che ha previsto un investimento da 250 milioni di euro per creare posti di lavoro alternativi e incentivare il pensionamento anticipato. Ha anche promosso una legge per il clima che prevede di vietare la produzione di automobili diesel e benzina dal 2040 e la loro circolazione dal 2050, un dossier che molto presto si ritroverà ad affrontare anche a Bruxelles, dove alcuni paesi tra cui l’Italia chiedono di rivedere le scadenze stabilite nella precedente legislatura. Tra i temi su cui ha lavorato in Spagna durante la crisi del gas c’è quello dei prezzi dell’energia, ottenendo di poter introdurre un tetto per le particolari condizioni di autonomia del sistema spagnolo. Sui prezzi dovrà lavorare anche da commissaria europea, come indicato nel suo mandato, per tentare di ridurre il divario di competitività dell’Ue con gli altri paesi.
L’anno scorso Ribera è stata anche rappresentante dell’Unione europea alla Cop28, dove ha espresso posizioni piuttosto intransigenti: nel commentare le decisioni finali del vertice ha parlato di risultati “insufficienti” e ha definito “disgustosa” la lettera con cui l’Opec ha tentato di evitare un phase out dalle fonti fossili. A completare il profilo c’è anche la sua contrarietà all’utilizzo della tecnologia nucleare per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. “Non metterò in minoranza nessuno e faciliterò soluzioni che possono funzionare e avere senso nella strategia che l’Ue sta promuovendo”, ha detto ieri in un punto stampa a Bruxelles rispondendo a una domanda su come gestirà i rapporti con i paesi che utilizzano il nucleare. “C’è sempre stato rispetto nei confronti delle decisioni dei diversi paesi nei loro sistemi elettrici, ci sono opzioni diverse e la regolamentazione europea le tiene in considerazione”, ha rassicurato.
La sua nomina, come tutte quelle annunciate ieri da von der Leyen, dovrà ora essere votata dal Parlamento. A rassicurare il Ppe c’è il fatto che la socialista non ha avuto le deleghe al clima e all’energia come ipotizzato in un primo momento e che dovrà coordinare le sue iniziative con molti altri colleghi. Il commissario al Clima, Emissioni nette zero e Crescita pulita è il popolare olandese Wopke Hoekstra, mentre all’Energia c’è il socialista danese Dan Jorgensen. Ma nel cordone che von der Leyen ha costruito intorno a Ribera ci sono anche altri due popolari: la svedese Jessika Roswall, commissaria all’Ambiente, Resilienza idrica ed Economia circolare, e Valdis Dombrovskis, il commissario all’Economia dal cui vaglio dovrà passare ogni strategia che ha bisogno di fondi.