In Europa
Tajani deve spiegare al Ppe perché (solo) FI è contraria all'uso delle armi in territorio russo
Oggi il Parlamento europeo dovrà votare la risoluzione di popolari, socialisti e liberali che chiede di fornire ulteriore supporto a Kyiv e di eliminare le restrizioni sulle armi. Ma la posizione del ministro degli Esteri e del suo partito è in linea con quella di FdI, del M5s e del Pd
Il “no” di Antonio Tajani all’utilizzo delle armi europee sul territorio russo isola Forza Italia nel Ppe, la formazione europea che si autodefinisce il “partito di Kyiv”. Mentre mercoledì sera le televisioni nella sala stampa dell’Eurocamera trasmettono le immagini delle esplosioni del deposito missilistico di Toropets, frutto di uno degli attacchi più efficaci all’industria bellica russa dall’inizio dell’invasione dell'Ucraina, gli eurodeputati di Forza Italia sono intenti a spiegare ai colleghi del Ppe perché l’indomani saranno l’unica delegazione dei popolari a votare contro l’uso delle armi occidentali in Russia.
La risoluzione congiunta dell’Eurocamera per il sostegno all’Ucraina, al voto questa mattina a Strasburgo, contiene infatti la richiesta di “revocare immediatamente le restrizioni sull’uso di armi occidentali contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo”, una richiesta che la maggioranza degli eurodeputati sembra pronta a sostenere, fatta eccezione per un blocco bipartisan che comprende quasi tutta la delegazione italiana a Strasburgo.
Secondo il testo, le restrizioni imposte da alcuni stati “ostacolerebbero la capacità dell’Ucraina di esercitare pienamente il proprio diritto all’autodifesa, lasciandola esposta ad attacchi contro la sua popolazione e le sue infrastrutture”, si legge nella risoluzione, frutto di una negoziazione tra le principali famiglie del Parlamento europeo: Ppe, socialisti e liberali.
Motivazioni che però si scontrano con la linea espressa dal governo italiano. Infatti, gli eurodeputati di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia fanno sapere che al voto di oggi dovrebbero schierarsi contro il punto relativo alle restrizioni sulle armi, il punto 8, minacciando di votare contro l’intera risoluzione se tale formulazione dovesse rimanere nel testo finale.
La fronda forzista riflette direttamente la linea del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che mercoledì si è personalmente interessato del voto della sua delegazione a Strasburgo, in coordinamento con le altre due delegazioni di governo. Intesa che, in uno scenario inedito, coinvolge anche le delegazioni dell’opposizione tutte, o quasi, pronte a votare contro il punto 8 del testo. Tuttavia, se per le altre delegazioni si tratta di una presa di posizione meno problematica, per Forza Italia il rischio è quello di una rottura su un tema identitario per i popolari.
Tra gli eurodeputati del Ppe, infatti, figura Andrius Kubilius, il nuovo commissario europeo designato alla Difesa, il quale ieri ha spiegato al Foglio che l’Europa deve avere uomini e arsenali pronti a difendersi dalla minaccia russa, posizioni lontanissime da quelle della delegazione popolare italiana, i cui ultimi screzi sulla questione ucraina con il resto del Ppe risalgono alle infelici dichiarazioni di Silvio Berlusconi che, nel febbraio 2023, fecero saltare il raduno dei popolari a Napoli.
Ma questa mattina i forzisti potrebbero non essere gli unici ad allontanarsi dalla propria famiglia politica sul voto relativo alle restrizioni sulle armi per Kyiv. Fatta eccezione per la Lega, il cui voto è sostanzialmente in linea con le posizioni di Viktor Orbán e Marine Le Pen, anche per Fratelli d’Italia difendere la posizione del governo italiano potrebbe significare un voto disgiunto dai suoi alleati dell’Ecr, specialmente i polacchi del PiS.
A vincere la gara dei più rumorosi sul fronte del “no” ci pensano però gli eurodeputati del Movimento 5 stelle, che alla vigilia del voto alzano i toni, sostenendo che “il testo proposto dalla maggioranza dell’Eurocamera ci porta dritti alla Terza guerra mondiale” e che, di fatto, “chiede agli stati membri di bombardare la Russia”. Una mano pacifista dal campo largo tesa verso la delegazione del Pd, che complica ulteriormente la già difficile decisione del Partito democratico. Il Pd infatti nella notte chiede al capodelegazione Nicola Zingaretti di trovare una mediazione tra la corrente schleiniana, favorevole a un voto in linea con il M5s e con le delegazioni di governo, e la ormai sparuta minoranza democratica di irriducibili pro Kyiv: meno di una decina di eurodeputati, capitanati da Pina Picierno, che questa mattina potrebbero scoprire di essere gli unici eurodeputati italiani in tutto l’emiciclo a ritenere che azioni come quella di ieri a Toropets siano una strada per raggiungere una pace giusta.
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