ricercato da quarant'anni
Israele uccide il capo delle operazioni militari di Hezbollah
Il Mossad ha usato le esplosioni di pager e radioline anche per costringere i vertici del gruppo a uscire dai bunker per andare all'ospedale. "Forzare Hezbollah a un cambiamento o preparare un’invasione"
Dopo che mercoledì il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant aveva detto ai piloti: “Stiamo aprendo una nuova fase nella guerra, che si sta spostando da Gaza al nord”, oggi c’è stato il primo bombardamento dal 7 ottobre con i jet contro un palazzo di Beirut. L’obiettivo era Ibrahim Aqil, il capo delle operazioni militari del Partito di dio che comandava l’unità d’élite Radwan, le forze speciali della milizia. Quando è rimasto sepolto sotto le macerie della palazzina nel sud di Beirut, Aqil era appena uscito dall’ospedale che gli aveva curato le ferite dovute all’esplosione del suo cercapersone. Martedì e mercoledì gli israeliani hanno usato le due ondate di detonazioni di pager e walkie talkie anche per mappare le posizioni di migliaia di miliziani di Hezbollah
Il Mossad ha la capacità di setacciare rapidamente – usando l’intelligenza artificiale – i filmati pubblicati sui social network delle corsie d’ospedale piene di feriti, di hackerare le telecamere di sorveglianza in strada e quelle dentro ai pronto soccorso dove da martedì alle tre e mezzo di pomeriggio hanno cominciato a riversarsi centinaia di membri di Hezbollah, compresi i vertici del gruppo.
Secondo i dati ufficiali e provvisori i morti nel bombardamento di oggi sono almeno otto e i feriti sono decine. Ma un funzionario israeliano ha detto al sito di notizie Axios che Tsahal ha eliminato tutto il vertice delle Radwan, in totale venti persone, e che Aqil è stato seguito fino a quando è entrato nei sotterranei di una palazzina nel quartiere di Dahiya per incontrare i comandanti delle forze speciali suoi sottoposti: in quel momento i missili sganciati dai jet hanno raso al suolo l’edificio. Il giorno prima gli aerei da guerra israeliani avevano volato a bassa quota (per farsi vedere e sentire) nei cieli di Beirut nel momento in cui il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, prometteva una “punizione” contro Israele per le due ondate di attacchi in cui sono esplosi i cercapersone e le radio portatili dei suoi uomini, e che hanno ucciso almeno quaranta persone, compresi due bambini, e hanno ferito migliaia di miliziani, tra cui Aquil.
Ibrahim Aqil era uno dei responsabili dell’attentato contro l’ambasciata americana che uccise sessantatré persone – sia libanesi sia americane – nel 1983, ed era nella lista dei ricercati dagli Stati Uniti. L’anno scorso il dipartimento di stato aveva messo in palio una ricompensa di sette milioni di dollari per chiunque fosse in grado di fornire informazioni utili a localizzare e arrestare Aqil. Anche l’altro comandante di Hezbollah ammazzato a Beirut alla fine di luglio, Fuad Shukr, aveva avuto un ruolo di peso nella pianificazione e nell’esecuzione dell’attentato all’ambasciata americana di quarant’anni fa. Dopo l’assassinio di Shukr – dieci ore prima di quello del capo politico di Hamas a Teheran – Nasrallah aveva cambiato retorica e per la prima volta dal 7 ottobre aveva detto: “Da ora in poi quella contro il nemico sionista non è più una guerra a supporto (di Hamas a Gaza)”, ma una guerra aperta tra la milizia e Israele. Fino ad allora i discorsi pubblici del leader libanese erano stati più cauti perché a Beirut, come a Teheran, c’è la consapevolezza che il sedicente Asse della resistenza non si può permettere una guerra totale in medio oriente, perché non ha la forza militare dei suoi nemici. La grande risposta promessa da Hezbollah e dai pasdaran dopo la morte di Shukr e di Hanyeh alla fine di luglio non è arrivata. Nel frattempo Hezbollah ha perso altri comandanti e oggi il più importante, Aqil; questa settimana il controspionaggio del gruppo ha subìto la peggior sconfitta della sua storia; la rete di comunicazione della milizia è almeno in parte compromessa e migliaia dei suoi combattenti sono ricoverati in ospedale. Israele sembra contare sul fatto che Hezbollah sia troppo vulnerabile in questo momento per potersi permettere una grande vendetta.
Questa mattina gli israeliani hanno bombardato le basi e le postazioni di lancio di Hezbollah nel distretto di Tiro, nel sud del Libano, con una sequenza di attacchi che la stampa libanese ha definito “molto più intensi e distruttivi” del solito. Tra giovedì e venerdì Tsahal ha colpito più di cento obiettivi in Libano. L’esperto di questioni militari dell’Economist Shashank Joshi ha scritto che “sta diventando sempre più difficile capire se questi bombardamenti servano a forzare Hezbollah a un cambiamento – a smettere di lanciare razzi verso il nord di Israele – oppure se siano una preparazione per un’invasione di terra israeliana. Il rischio che l’ipotesi azzeccata sia la seconda in questo momento sembra aumentare”. Axios ha parlato con un funzionario israeliano alto in grado e ha scritto che lo stato ebraico è giunto alla conclusione che non sarà in grado di ottenere “una soluzione diplomatica rispetto alla situazione al confine nord” con il Libano senza prima passare attraverso un’escalation militare. Per questo Israele ha “gradualmente sfilato i guanti e ha aumentato gli attacchi contro Hezbollah”. Nelle stesse ore un’esclusiva del Wall Street Journal riportava che alla Casa Bianca avrebbero perso la speranza di riuscire a portare a un accordo Israele e Hamas per la liberazione degli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza prima delle elezioni americane.