L'Armenia sventa un colpo di stato organizzato da Mosca. Così Erevan si è avvicinata all'Ue
Negli ultimi mesi i rapporti tra il piccolo paese caucasico e la Russia hanno subito un deterioramento senza precedenti: ora Pashinyan parla apertamente di una possibile candidatura all'adesione Ue. Il Cremlino ha cercato di replicare favorendo un golpe
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha messo sotto pressione tutte le ex repubbliche sovietiche. Se si volesse però stilare una classifica di quelle che hanno visto il proprio rapporto con Mosca rimaneggiarsi maggiormente, l’Armenia sarebbe senza dubbio al primo posto. A ulteriore dimostrazione di questa tendenza, da Erevan arriva la notizia che il Cremlino avrebbe addirittura tentato di orchestrare un colpo di stato per rovesciare il governo guidato dal primo ministro Nikol Pashinyan. Le autorità armene hanno infatti arrestato tre persone, parte di un gruppo di sette individui di cui ancora quattro a piede libero, accusate di aver svolto delle sessioni di addestramento militare in Russia, con l’obiettivo di tornare in patria e tentare di provocare una rivolta interna. Si tratta di cinque cittadini armeni e di due ex residenti della regione del Nagorno Karabakh, riconquistata definitivamente dall’Azerbaigian nel settembre 2023.
Il Comitato investigativo armeno non ha direttamente puntato il dito contro il governo russo, ma i dettagli emersi possono far pensare a un coinvolgimento più o meno esplicito di Mosca: secondo i funzionari di Erevan, durante la fase di formazione militare i reclutati hanno ricevuto uno stipendio mensile di oltre 2.300 dollari e sarebbero stati sottoposti a controlli e test continui per valutare la loro motivazione e fedeltà. Come riportato da Politico, dopo un primo periodo sarebbe oltretutto avvenuto il trasferimento in un complesso militare nei pressi di Rostov sul Don, nel sud della Russia. Il tutto finalizzato a permettere ai cospiratori coinvolti di familiarizzare con l’utilizzo di armi pesanti prima del loro rientro in Armenia. Durante i tre mesi di addestramento, però, alcuni dei reclutati si sarebbero tirati indietro facendo ritorno sul territorio armeno, favorendo in questo modo l’intervento delle autorità.
Non è la prima volta che il piccolo paese caucasico si trova ad affrontare un presunto colpo di stato: già nel 2021 Pashinyan aveva accusato le forze armate nazionali di tramare in tal senso, a qualche mese dalla sconfitta nel conflitto con l’Azerbaigian del 2020. È significativo però che in questo caso a essere coinvolta possa essere la Russia: come detto, negli ultimi mesi i rapporti tra Erevan e Mosca hanno subito un deterioramento senza precedenti. A pesare è stata soprattutto la decisione del presidente russo Vladimir Putin di non far intervenire le proprie truppe durante il già citato assalto azero al Nagorno Karabakh del settembre 2023, che ha provocato l’esodo di circa centomila cittadini di etnia armena. La bruciante sconfitta ha provocato pesanti proteste in Armenia e da quel momento il governo ha dato il via a un lento ma progressivo allontanamento da Mosca. Ad esempio, Pashinyan ha dichiarato in più di un’occasione la volontà di recedere dalla Csto, organizzazione militare di sicurezza a guida russa che include, oltre a Russia e Armenia, anche la Bielorussia, il Kazakistan, il Tagikistan e il Kirghizistan; al momento una decisione definitiva in tal senso non è stata presa, ma la contestuale mossa del Consiglio Europeo che per la prima volta ha deciso di sostenere le forze armate armene, nell’ambito del Fondo europeo per la pace, non può che aver irritato il Cremlino.
Se la relazione con Mosca è gelida, dall’altro lato quella tra Erevan e Bruxelles è sempre più stretta. Pochi giorni fa è stato annunciato l’avvio del dialogo che dovrebbe garantire, qualora l’Armenia arrivi a soddisfare le richieste europee in termini di riforme, ai cittadini armeni a poter viaggiare verso l’Unione Europea senza la necessità di ottenere un visto. Dal canto suo, Pashinyan parla ormai apertamente della possibilità che il suo paese possa diventare un candidato ufficiale all’adesione all’Ue. Una tendenza a cui periodicamente quello che è diventato il portavoce più assertivo del potere putiniano, Dmitri Medvedev, risponde con i suoi abituali toni estremamente aggressivi. E a cui forse, il condizionale è d’obbligo, Mosca ha cercato di replicare favorendo anche un colpo di stato che avrebbe sparigliato le carte in Armenia e rischiato di gettare nel caos il Caucaso intero.