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In America

La campagna di Harris e Trump vista da una città del Michigan indecisa. Reportage

Giulia Pompili

La campagna, conte per contea, dei due candidati. Le prossime elezioni presidenziali si giocheranno fino all'ultimo voto. A Kamalazoo, tra negozi di armi e start up mediatiche la vera sfida è superare la soglia di affluenza ferma al 20 per cento

Kalamazoo, Michigan, dalla nostra inviata. Nel giardino del centro città, davanti al palazzo del consiglio municipale, una statua di Abramo Lincoln è posizionata a pochi passi dal memoriale dedicato alla Guerra di Corea. A pochi passi verso nord c’è un murales dedicato a Barack Obama. Sia Lincoln sia Obama hanno visitato da presidenti Kalamazoo, piccola città del Michigan con un nome così particolare da essere motivo d’orgoglio civico (non c’è nessuno zoo in città, Kalamazoo è in realtà il nome del fiume che la bagna). Lincoln parlò da questo giardino il 27 agosto del 1856, Obama nel 2010. Andò a parlare alla cerimonia dei diplomi della scuola superiore di Kalamazoo, e rilanciò la Kalamazoo Promise, la politica di borse di studio per studenti del college che da allora, raccontano da queste parti, ha cambiato il volto del sistema universitario della contea, rendendolo più accessibile.

Anche Kamala Harris è stata qui, dice al Foglio con una nota di orgoglio Ann, che lavora nelle pubbliche relazioni, “soltanto quattro giorni prima che Joe Biden ritirasse il suo nome dalla corsa alla candidatura per i democratici”. Per l’occasione, la città era diventata Kamalazoo.

Quella di Kalamazoo, a metà strada fra Chicago e Detroit, è una piccola città in uno degli stati più in bilico alle prossime elezioni presidenziali americane. Ed è il luogo in cui la campagna elettorale americana si sta trasformando, sempre più concreta, per riuscire ad arrivare fino all’ultima contea, fino all’ultimo elettore indeciso. Farmington Hills, nell’area di Detroit, ieri ha ospitato la conversazione fra la candidata democratica Kamala Harris e Oprah Winfrey: uno show gigantesco chiamato “Unite for America”, con un piccolo selezionato pubblico dal vivo, gli interventi di diversi gruppi di attivisti, e una diretta su praticamente tutte le piattaforme. Qualche giorno prima a Sparta, nel Michigan occidentale, era arrivato il candidato vicepresidente repubblicano J. D. Vance subito dopo che Tim Walz, il candidato alla vicepresidenza democratico, aveva tenuto il suo primo comizio in solitaria a Grand Rapids, una quarantina di chilometri più a sud. Martedì scorso aveva fatto la sua prima apparizione pubblica dopo il tentato attentato in Florida il candidato repubblicano Donald Trump, a Flint, nella contea di Genesee. Il Michigan è lo stato chiave da vincere e da convincere.

Gli abitanti della città di Kalamazoo potrebbero stare comodi in uno stadio di football di medie dimensioni: sono poco più di 73 mila – che arrivano a circa 261 mila se si considera l’intera contea – che convivono fra cruciali attività agricole, negozi di armi, di prodotti alla marijuana, chiese con la bandiera arcobaleno e la più grande comunità americano-palestinese dopo Detroit. Ed è qui che resiste una enorme fetta di elettorato indeciso. Il colosso farmaceutico Pfizer, poco distante dal centro cittadino, ha il suo impianto più importante: quello che produce i vaccini, e che ha salvato moltissimi americani dal Covid mentre fra la destra QAnon nascevano teorie del complotto anche su quella fabbrica. E basta spostarsi di qualche chilometro dal centro di Kalamazoo per capire la geografia delle comunità dei leftover, quelli lasciati indietro, fra senzatetto e immigrati senza documenti, dove l’odore delle candele profumate di downtown, prodotto tipico locale, si perde in quello tossico delle fabbriche.

Ann ci racconta che non succedeva da quarant’anni che governatrice (la superstar del Partito democratico Gretchen Whitmer) procuratrice distrettuale e segretaria di stato fossero tutte e tre contemporaneamente donne e democratiche. Ma l’indirizzo fieramente liberal della città si è perso col tempo, con l’inflazione e i problemi concreti di chi è rimasto indietro: solo pochi mesi fa è arrivato qui il reporter del New York Times che si occupa di immobiliare, e ha raccontato la crisi della contea di Kalamazoo, dove dopo il Covid i prezzi delle case sono aumentati del 40 per cento. Le famiglie della classe media che non riescono più a pagare i mutui è esattamente il genere di storie che racconta la Pmn, Public media network: da quarant’anni insegnano alla comunità, gratuitamente, a raccontare le proprie storie in prima persona, storie che poi vanno in onda senza censura né moderazione. Una specie di filo diretto con la comunità, per aiutare tutti a essere “più consapevoli”, anche nell’informazione.

Quando chiediamo se questa partecipazione abbia un effetto anche sul voto dei cittadini uno dei responsabili del programma risponde al Foglio: sì, certamente. Il progetto della Pmn è molto simile a quello fondato nel 2019 e che oggi si chiama NowKalamazoo. La redazione, composta da tre giornalisti, si trova all’interno della Prima chiesa battista della città: a seguito della crisi abitativa e delle presenze nella comunità religiosa, da sette anni l’edificio ospita nei suoi locali non solo le attività religiose ma anche diverse ong e associazioni, che qui organizzano riunioni, spettacoli teatrali, dibattiti. NowKalamazoo si definisce una start up mediatica, che tutti i giorni prepara e invia a migliaia di iscritti una newsletter scegliendo le notizie secondo quello che viene richiesto direttamente dai cittadini. Basta un sms, una mail, o anche un incontro al mercato con uno dei rappresentanti di NowKalamazoo per porre una domanda che poi diventa oggetto di un articolo. Il modello di business, come per la Pmn, è legato in gran parte alle donazioni, e in parte alla pubblicità, ma l’obiettivo è sempre quello di costruire una comunità consapevole.

Ma non tutti sono convinti che questa partecipazione si traduca in un voto alle elezioni presidenziali. “Qui siamo comunque sempre attorno al 20 per cento di affluenza”, ci spiega la ragazza che fuori dall’edificio del comune raccoglie le registrazioni per il voto. Il quartier generale del Partito democratico di Kalamazoo è diventato “un centro anziani”, ci spiegano, e il Partito repubblicano non ha una vera sede da queste parti, “ma per trovare i trumpiani ti basta andare in una delle aziende agricole fuori città”. In realtà, poco fuori dal centro di Kalamazoo il primo negozio di armi che s’incontra è gestito da una ragazza ventitreenne con il cappello rosso “Make America Great Again” di Donald Trump. E da queste parti, nella grande comunità araba, per la maggior parte integrata e attiva, Kamala Harris non ha ancora convinto, “e non è detto che lo farà”, dice Ann. L’altro ieri da Oprah, tra molte risate e domande non esattamente incalzanti, Harris ha cercato di parlare più direttamente del suo piano anti inflazione, dei proprietari di piccoli negozi, della classe media che cerca risposte e alternative. Ma l’aspetto più significativo, almeno tra i giovani dei diversi campus del Michigan occidentale, riguarda la speranza: Harris è la voce di tutti, positiva e luminosa, Trump l’ombra nera del pessimismo.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.