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L'analisi

Perché Musk fa il duro con l'Ue ma si è arreso alle richieste del Brasile

Francesco Stati

Dopo l'inchiesta della Corte suprema guidata dal giudice de Moraes, il patron di Tesla e di X ha dovuto capitolare: anche le più grandi piattaforme tecnologiche devono rispettare le leggi nazionali

Alla fine, Elon Musk si è arreso al Brasile. Dopo quasi un mese di disputa legale, X ha accettato tutte le richieste dei giudici e ha rimosso dal social i sette account accusati di diffondere disinformazione e minacciare la democrazia. Per quegli account, il tycoon sudafricano aveva avviato uno scontro frontale tra la sua piattaforma e il giudice della Corte suprema brasiliana Alexandre de Moraes, “reo” di averne richiesto la chiusura in nome della legge del suo paese.

  

La sconfitta del patron di X si aggiunge a un periodo non semplice per lui e la sua azienda. Tutto è cominciato ad agosto, quando Musk ha rifiutato di rispettare un ordine della Corte suprema brasiliana che richiedeva la sospensione di vari account accusati di disinformazione. La Corte, guidata dal giudice de Moraes, aveva avviato un’inchiesta sulla diffusione di fake news sui social media, ritenendo che tali contenuti rappresentassero una minaccia per la stabilità democratica del paese. Il sudafricano, che ha sempre sostenuto di voler difendere la libertà di espressione, ha giudicato l’ordine come una violazione dei diritti fondamentali e ha rimosso la rappresentanza legale di X dal Brasile, chiudendone gli uffici. E dire che quando richieste simili erano arrivate da governi ben poco clementi rispetto a quella libertà a lui tanto cara, come quello turco, Musk aveva tagliato teste e account senza battere ciglio.

  

La mossa ha innescato una serie di sanzioni da parte della giustizia brasiliana, che ha multato l’azienda per un milione di dollari al giorno per ogni violazione accertata e ordinato la sospensione di X sul territorio nazionale: un mercato da oltre 20 milioni di utenti. Un numero considerevole se la tua azienda è già in crisi e hai un disperato bisogno di inserzionisti che ti foraggino su quel mercato così popoloso (il terzo al mondo, per la piattaforma). Anche Starlink è stata coinvolta nella controversia, subendo una sanzione di 2 milioni di dollari.

La risposta del tycoon non si è fatta attendere: su X è comparso un profilo verificato, Alexandre Files, contenente post di accusa verso il procuratore brasiliano e documenti relativi alla disputa. Peccato che, tra questi documenti, ci fossero le generalità non oscurate dei proprietari dei sette account al centro del duello; una pratica chiamata doxxing (diffusione illecita di informazioni private), di cui Musk fu il primo nemico tanto da vietarla nei termini di servizio di X. Le ragioni di questa avversione sono tutte personali: è sanzionata dalla piattaforma da quando un utente creò il profilo Elonjet, che tracciava su X ogni suo spostamento via aereo; il magnate, infastidito, lo chiuse. Per dimostrare di aver ragione, insomma, sette persone sono state gettate nel tritacarne e le regole del social sono state violate dal suo proprietario.

Dopo tre settimane, X ha capitolato. La piattaforma ha nominato un rappresentante legale in Brasile e ha bloccato gli account segnalati da Moraes. Musk ha dovuto fare i conti con la realtà: senza il mercato brasiliano, uno dei più attivi per X, le perdite finanziarie sarebbero state disastrose. Anche perché, nel frattempo, gli utenti brasiliani hanno trovato nuove case digitali spostandosi su alternative come Threads, Mastodon e Bluesky.

Il tanto anelato assolutismo nella libertà di espressione ha un prezzo. Musk, a quanto pare, non è disposto a pagarlo. La pressione esercitata dal governo brasiliano ha dimostrato che persino le più grandi piattaforme tecnologiche non possono sfuggire alle leggi nazionali, quando si mettono in mezzo così tanti soldi. Questo scontro, inoltre, potrebbe complicare la posizione del tycoon rispetto ai regolatori europei. L’ex Commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, aveva scritto lo scorso agosto una lettera aperta a Musk in seguito ai disordini sociali divampati in Regno Unito a causa dell’accoltellamento mortale di diversi bambini a Southport, attribuito dalla disinformazione dilagante su X a un estremista islamico. Il tycoon, in quella circostanza, si era mostrato sordo a ogni richiamo, arrivando allo scontro con il governo britannico e i regolatori europei. Non solo: aveva anche diffuso informazioni false sull’episodio con i suoi post. Le autorità continentali, di tutta risposta, avevano minacciato sanzioni severe, forti delle normative europee sul tema. All’epoca Musk si era fatto beffe di loro, in Brasile no.

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