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Urso vuole rinviare la scadenza del 2035 per il motore termico. La Germania no, ma lo sfrutta

David Carretta

Berlino usa la richiesta italiana sull’auto termica per salvare i suoi costruttori dalle multe. Ma sul debito comune non sarà facile convincere i tedeschi

Bruxelles. Il ministro Adolfo Urso ha rilanciato una crociata in Europa per salvare il motore termico dalla scadenza del 2035. L’automotive attraversa una crisi profonda. Volkswagen chiude stabilimenti perfino in Germania. Diversi produttori hanno sospeso gli investimenti. Lungi dal decollare, la quota di mercato dei veicoli elettrici  è in regressione. Senza incentivi, gli europei non comprano. La richiesta alla Commissione è di anticipare al 2025 la clausola di revisione del regolamento sulle auto a zero emissioni. Il ministro tedesco, Robert Habeck, è favorevole. Ma la Germania ha un obiettivo molto diverso: salvare l’industria dell’auto dalle multe miliardarie per il mancato rispetto degli obiettivi del 2025. 

 

Il ministro Urso ieri è intervenuto a Bruxelles a un evento organizzato dalla presidenza ungherese dell’Ue sul Green deal e l’ecosistema dell’automotive. Oggi parteciperà al Consiglio competitività, dove sarà discusso il rapporto di Mario Draghi. I dati forniti da Acea, l’associazione dei produttori di auto, mostrano la profondità della crisi. Le vendite di auto nell’Ue sono ancora circa il 18 per cento inferiori ai livelli pre pandemia del 2019. I volumi di vendita di veicoli elettrici a batteria da inizio anno sono diminuiti dell’8,4 per cento. La quota di mercato dei veicoli elettrici è scesa dal 13,9 per cento dell’anno scorso al 12,6 di quest’anno. Solo il 16 per cento dei proprietari di veicoli non elettrici sta pensando di comprare un veicolo elettrico, in calo rispetto al 18 per cento del 2021. Quasi il 20 per cento degli attuali proprietari di veicoli elettrici è propenso o molto propenso a tornare alle auto con motore a combustione. “Dobbiamo prendere atto della realtà. I numeri sulla produzione di auto in Europa sono evidenti. Se non cambiamo rotta tra pochi mesi troverete qui a Bruxelles gli operai del settore auto che ci obbligheranno a cambiare rotta” come hanno fatto gli agricoltori, ha detto Urso. Il ministro ha avvertito che si rischia di finire “nel burrone” e ha invocato “il principio  della realtà e della responsabilità”. L’Italia chiede di anticipare dalla fine del 2026 all’inizio del 2025 la clausola di revisione sul regolamento sui veicoli a zero emissioni, che potrebbe permettere di spostare la scadenza del 2035. “Chiederemo di anticipare il rapporto nel primo trimestre del prossimo anno e poi di anticipare le decisioni nel secondo trimestre del prossimo anno”, ha detto Urso, preannunciando un “non paper”: un documento informale condiviso con altri paesi e indirizzato a governi e Commissione.

 

La crociata di Urso ha trovato un certo sostegno. Il ministro italiano ha rivendicato di aver arruolato Spagna, Repubblica ceca e Austria. Ieri, dopo un colloquio bilaterale, ha detto che anche il tedesco Robert Habeck, ha aperto alla richiesta italiana di anticipare al 2025 la clausola di revisione. La mossa potrebbe apparire sorprendente da parte di un ministro dei Verdi. In realtà, Habeck ha escluso di rivedere la scadenza del 2035 come vorrebbe l’Italia. Anche gli altri paesi dell’Ue sono contrari. “Nessuno sta mettendo in discussione il 2035. Nessuno vuole cancellare il passaggio all’elettrico”, spiega al Foglio un diplomatico dell’Ue. L’interesse della Germania è altrove: risparmiare alle sue case automobilistiche le pesanti multe che saranno inflitte se non rispetteranno gli obiettivi sulle emissioni fissati per il 2025. Un regolamento adottato nel 2019 prevede che le emissioni medie di CO2 delle auto vendute debbano essere ridotte del 15 per cento rispetto al 2021: 93,6 grammi contro 116 grammi di CO2 per chilometro. Se le case automobilistiche non rispettano gli obiettivi, dovranno pagare una multa da 95 euro per ogni grammo in eccesso di CO2. Sono “multe multimiliardarie, che altrimenti potrebbero essere investite nella transizione a zero emissioni”, ha avvertito Acea. Usando la revisione chiesta da Urso sul passaggio al tutto elettrico nel 2035, Habeck potrebbe ottenere concessioni sulle emissioni nel 2025. Nel settore automotive, c’è un precedente della Germania che si mette in scia dell’Italia, salvo poi abbandonarla una volta ottenuto ciò che vuole: la campagna europea di Urso e del ministro Gilberto Pichetto Fratin per salvare il motore a combustione con i biocarburanti, che Berlino ha sfruttato con successo per preservare i carburanti sintetici. La Commissione e gli altri stati membri, alla fine, hanno rifiutato di includere i biocarburanti tra le eccezioni previste nella nuova legislazione sulle auto a zero emissioni.

 

Urso sa di camminare su un filo sottile. Il ministro ieri ha spiegato che per lui “la strada maestra è di confermare l’obiettivo del 2035” per il passaggio all’obbligo di immatricolare auto elettriche (anche se ha invocato la neutralità tecnologica). Ma occorre “realizzare le condizioni per raggiungere quell’obiettivo”, ha aggiunto. “E’ necessario un investimento di risorse pubbliche e private pari a quello degli Stati Uniti, finanziato anche con fondi comuni europei, a sostegno degli investimenti delle imprese (…) e dei consumatori per consentire di acquistare un’auto elettrica cara”. A supporto, Urso porta con sé il rapporto sulla competitività di Mario Draghi. Concretamente l’Italia chiede soldi. Tra investimenti e incentivi molti soldi, che l’Ue dovrebbe mettere attraverso debito comune. Convincere Habeck su questo è la parte più facile della crociata di Urso. Ursula von der Leyen, il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, e la Cdu che si prepara a conquistare la cancelleria in Germania hanno già detto di essere contrari.

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