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Schengen in crisi

L'immigrazione torna in cima alle priorità dell'Ue. Il modello Meloni per non spaccarsi

David Carretta

La Germania chiude le frontiere mettendo in pericolo Schengen (e i vicini si lamentano). L’Italia sospende Dublino. La Francia si arrabbia. Gli europei rischiano il caos, e si chiedono alla Commissione "soluzioni innovative", evocando l'accordo siglato tra la premier italiana e l'Albania

Bruxelles. Il modello Meloni potrebbe servire all’Unione europea per nascondere i numerosi problemi interni nella gestione dei flussi migratori che minacciano la libera circolazione senza controlli alle frontiere dell’area Schengen. Il nuovo Patto su migrazione e asilo approvato in primavera doveva essere la panacea. Invece, più per ragioni politiche che per i numeri, i migranti sono tornati in cima all’agenda dell’Ue. In Germania il governo di Olaf Scholz ha deciso di reintrodurre i controlli alle frontiere con tutti i paesi vicini dopo l’avanzata del partito di estrema destra Alternativa per la Germania in Turingia e Sassonia. I governi di Paesi Bassi e Ungheria hanno chiesto un “opt-out” dalle politiche su migrazione e asilo dell’Ue. La Francia ha un nuovo ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, che incarna una linea ancora più dura del suo predecessore, Gerald Darmanin, e si è prefisso di “fermare gli ingressi illegali” e “aumentare le uscite”. Polonia, Grecia e Austria hanno protestato per i controlli tedeschi in deroga a Schengen. Germania e Francia hanno chiesto alla Commissione di agire contro i paesi di primo ingresso che hanno sospeso “unilateralmente” il regolamento di Dublino. Anche se per ragioni diverse e spesso contraddittorie, un certo numero di paesi, tra cui l’Italia, ha chiesto che il tema delle migrazioni sia discusso al più alto livello, al Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre, direttamente dai capi di stato e di governo. Visti gli interessi divergenti, l’unico modo per trovare un consenso è concentrarsi sulla frontiera esterna. Gli accordi con paesi terzi per esternalizzare la gestione delle richieste di asilo, come quello concluso da Giorgia Meloni con l’Albania, potrebbero diventare la nuova panacea politica.

 

                                     

 

Il gruppo che vuole discutere di migrazioni al Consiglio europeo include Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Grecia, Lettonia, Malta, Paesi Bassi e Repubblica ceca. Il problema è che ciascuno ha le sue priorità, legate alla situazione politica interna e alle conseguenze di ciò che fanno i  vicini. La decisione della Germania di derogare Schengen ha provocato dure critiche. “Azioni inaccettabili”, ha detto il premier polacco, Donald Tusk. “La risposta non può essere la cancellazione unilaterale di Schengen e lasciare la palla ai paesi che si trovano ai confini esterni dell’Europa”, ha avvertito il premier greco, Kyriakos Mitsotakis. Schengen è il primo tema esplosivo. Derogare alla libera circolazione è possibile per ragioni di sicurezza e ordine pubblico, ma significa scaricare il problema sul vicino, innescando una reazione a catena fino ai paesi di primo ingresso, che vengono privati di una valvola di sfogo: i movimenti secondari. E’ il secondo tema esplosivo: i movimenti secondari sono vietati dal regolamento di Dublino.

Da tempo gli stati membri del nord si lamentano per il numero di richiedenti asilo che arrivano dai paesi di primo ingresso. Italia e Grecia hanno anche smesso di accettare i cosiddetti “dublinanti”. Nel 2023, il governo di Giorgia Meloni ha ricevuto 42.468 richieste di riprendersi in carico migranti scappati in altri paesi, principalmente da Germania e Francia. Ma i trasferimenti verso l’Italia sono stati 60. Prima di lasciare l’incarico, il francese Darmanin e la sua collega tedesca Nancy Faeser hanno scritto alla Commissione per chiedere di “fare in modo che l’insieme degli Stati membri applichi le regole esistenti”. Secondo Francia e Germania, “i trasferimenti di Dublino non dovrebbero essere sospesi unilateralmente”. La minaccia implicita è di escludere da Schengen i paesi di primo ingresso o far saltare l’area di libera circolazione. Il nuovo Patto su migrazione e asilo doveva risolvere gran parte dei problemi, ma il francese Retailleau vuole modificarlo prima ancora che sia in funzione.

Per evitare conflitti sulla gestione interna, l’Ue dovrebbe concentrarsi sulla dimensione esterna delle politiche migratorie. Quindici paesi hanno chiesto alla Commissione “soluzioni innovative”. Uno dei modelli è l’accordo tra l’Italia e l’Albania per esaminare le domande di asilo fuori dai confini dell’Ue. Ursula von der Leyen è favorevole e ha nominato due commissari del Ppe per gestire le politiche interne ed esterne. Alcuni stati membri vorrebbero spingersi fino a creare centri per migranti in attesa di espulsione fuori dall’Ue. Principi e diritti umani verrebbero sacrificati. L’efficacia è tutta da dimostrare. Perfino la fattibilità, dato che è necessario convincere i paesi terzi ad accogliere i migranti dell’Ue. Ma le soluzioni innovativi sono facili da vendere agli elettori.
 

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