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Carta stampata

I media occidentali hanno le allucinazioni su Nasrallah

Giulio Meotti

A giudicare dal blackout ideologico di molti media occidentali non si direbbe che il capo di Hezbollah fosse un terrorista sanguinario. Rassegna di come i giornali occidentali hanno raccontato il numero uno del Partito di Dio

“Combattente, portatore della bandiera della resistenza, stimato studioso religioso e saggio leader politico”. “Studioso islamico qualificato, oratore pubblico efficace e organizzatore competente”. Il primo è il commento della Repubblica islamica iraniana su Hassan Nasrallah. Il secondo è del Guardian, il giornale della sinistra britannica. E se in piazza a Milano si tiene un minuto di silenzio per Nasrallah,  a giudicare dal blackout ideologico di molti media occidentali non si direbbe che il capo di Hezbollah fosse un terrorista sanguinario. La dissidente iraniana Maisha Alinejad ha appena dichiarato: “Quando i terroristi muoiono, non è una tragedia, è una vittoria”. Questa posizione è quella di quasi tutti i giornalisti iraniani in esilio. Non è quello di gran parte dei giornalisti occidentali.


Il titolo dell’agenzia di stampa Associated Press dice molto: “Carismatico e astuto: uno sguardo al leader di Hezbollah Hassan Nasrallah”. E poi “considerato un pragmatico... idolatrato dai suoi seguaci... rispettato da milioni di persone nel mondo arabo e islamico”. Dopo le reazioni negative, l’AP ha cambiato il titolo in “Chi è il leader storico di Hezbollah Hassan Nasrallah?”. Hillel Neuer,  attivista per i diritti umani che denuncia l’ipocrisia dell’Onu con UN Watch, ha scritto: “Mi dispiace per la vostra perdita, carismatico e astuto... Forse la prossima volta, parla con le sue vittime”. Nell’articolo dell’AP si devono superare dodici paragrafi prima di leggere la parola “terrorista”. Nasrallah diventa un “acerrimo nemico di Israele” e “un oratore focoso visto come un estremista”. Il New York Times parla di Nasrallah come di un “oratore dotato” che “sosteneva che ci dovesse essere una Palestina con uguaglianza per musulmani, ebrei e cristiani”. E non importa che Nasrallah credesse nella distruzione dello stato ebraico e che la sua organizzazione abbia portato a termine centinaia di attacchi orribili contro gli ebrei in Israele e in tutto il mondo. “Una figura paterna e morale”, dal Washington Post, che aggiungeva: “Indossando il turbante nero che simboleggia la discendenza dal profeta Maometto, ha dato consigli su argomenti che spaziavano da complicati eventi regionali all'igiene personale durante la pandemia di Covid, a volte parlando per ore senza appunti, sempre nel modo popolare ma articolato che lo ha reso un abile oratore”. Caspita, deve essere morto un saggio religioso. 

 

                                 


In una bizzarra inversione morale che dal 7 ottobre è servita per demonizzare Israele e santificare coloro che vogliono distruggerlo, i media occidentali hanno presentato Nasrallah come un incrocio tra Gandhi e Lincoln. Difficile apprendere da questa copertura mediatica che Nasrallah è stato responsabile di decine di attacchi terroristici e dell’omicidio di centinaia di persone. Tra questi, l’attentato con camion bomba all’ambasciata statunitense a Beirut nel 1983 e il bombardamento delle caserme dei marine statunitensi e francesi a Beirut in cui furono assassinate 380 persone; l’attentato del 1994 al centro della comunità ebraica di Buenos Aires, in cui furono assassinate 85 persone; l’assassinio dell'ex primo ministro libanese Rafiq al Hariri nel 2005, in cui furono assassinate 21 persone, e numerosi altri attentati, rapimenti, dirottamenti e tentativi di atrocità, per non parlare degli ottomila attacchi missilistici contro Israele solo nell’ultimo anno


Lo abbiamo visto anche dopo l’uccisione a Teheran del capo di Hamas, Ismail Haniyeh. “Rappresentava l’ala relativamente moderata di Hamas ed era considerato più pragmatico che intransigente”, ha scritto il tedesco Spiegel. “Haniyeh era considerato relativamente moderato”, la Reuters. Era “pragmatico” e “aperto alla negoziazione”, secondo il Guardian. In Italia non è andata meglio. “Haniyeh, figlio di pescatori, la vita da mediano del professore di letteratura diventato leader politico Hamas”. Così  Repubblica. “Uomo pragmatico e portato al dialogo”: l’Unità sull’altro leader di Hamas, Khaled Meshaal, che per la Repubblica è un “martire vivente”.


Ma i media avevano già toccato il fondo con la descrizione da parte del Washington Post del “califfo” dell’Isis, Abu Bakr al Baghdadi, come di un “austero studioso religioso”. E la Bbc ha appena accettato di trasmettere un documentario sui 364 israeliani uccisi da Hamas al Nova, a patto che il regista non chiamasse Hamas “terrorista”. Stragisti “moderati” e vedove mediatiche. Come l’ex presentatrice dei tg Rai che da Formigli su La7 ha detto che è sbagliato parlare di Hezbollah come di terroristi o di agenti iraniani. “Si occupano anche di sanità e di disabili”. Madre Teresa di Beirut.
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.