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Il processo a Le Pen è un (piccolo) ostacolo nella sua corsa all'Eliseo
A Parigi si è aperto il processo sul famoso "affaire des assistants" che dal 2015 coinvolge la leader del Rn e altri 24 esponenti, sospettati di aver usato i fondi pubblici dell'Europarlamento per pagare collaboratori che in realtà non lavoravano a Strasburgo. La corsa alla presidenza è a rischio?
Parigi. Dopo essere scesa dalla sua auto davanti al Palais de Justice di Porte de Clichy, Marine Le Pen, capogruppo dei deputati del Rassemblement national (Rn) e leader del sovranismo francese, si è diretta con passo deciso verso i giornalisti e ha detto di essere “molto serena”, di aver “fiducia nella giustizia”, prima di aggiungere: “Sono qui per esporre le nostre argomentazioni. È in causa la libertà parlamentare. Non abbiamo violato alcuna regola”. Ieri, a Parigi, si è aperto il processo sul famoso “affaire des assistants” che dal 2015 coinvolge Marine Le Pen e altri 24 esponenti di Rn, sospettati di aver usato i fondi pubblici dell’Europarlamento per pagare collaboratori che in realtà non lavoravano a Strasburgo ma per conto dell’allora Front national (Fn) per missioni nazionali. Assieme alla tre volte candidata alle presidenziali francesi, sono implicati altri pezzi da novanta del frontismo, come il fondatore del partito, Jean-Marie Le Pen, l’ex vice presidente della formazione sovranista, Louis Aliot, l’ex capo dello staff di Marine Le Pen, Catherine Griset, e l’ex tesoriere, Wallerand de Saint-Just. Il caso è iniziato nel 2015 in seguito a una segnalazione dell’allora presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, e si concentra sulle potenziali irregolarità nei contratti di alcuni assistenti parlamentari del Fn lungo un periodo di oltre dieci anni, dal 2004 al 2016. Secondo l’accusa, questi “assistenti” non hanno mai incontrato il loro datore di lavoro ufficiale all’Europarlamento, non hanno mai messo piede a Strasburgo e hanno lavorato solo per il partito all’interno dei confini francesi.
Nel maggio del 2021, il Journal du dimanche, riportando le conclusioni di un’inchiesta di cinque anni condotta dall’Office central de lutte contre la corruption et les infranctions financières et fiscales, aveva indicato che Le Pen era “l’istigatrice e la beneficiaria” del sistema, utilizzando i fondi concessi da Bruxelles agli europarlamentari per missioni nazionali e per pagare, tra gli altri, la sua guardia del corpo, Thierry Légier, quando era ancora eurodeputata. L’articolo fu ripreso all’epoca da Tf1, facendo imbufalire la leader sovranista, che accusò i giornalisti televisivi di essere “bugiardi e manipolatori”. Ma il processo, che durerà circa due mesi, potrebbe ostacolare la sua corsa all’Eliseo in vista del 2027? In caso di condanna per appropriazione indebita, occultamento del reato e collusione, le accuse che pendono sulla sua testa, Marine Le Pen rischia fino a dieci anni di carcere, il pagamento di una multa da un milione di euro ma anche una pena di ineleggibilità che va dai cinque ai dieci anni. È evidente che in caso di sanzione di ineleggibilità, la capogruppo dei deputati del Rassemblement national farebbe immediatamente ricorso, prima in appello, poi, eventualmente alla Corte di Cassazione, la cui sentenza richiederebbe diversi anni. Come sottolineato da BfmTv, finché la condanna non è definitiva le sanzioni legali non vengono applicate, ed è improbabile che tale sentenza venga emessa prima del 2027.