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L'Ue sancisce la sua irrilevanza nel “momento della verità per il Libano”
Quarantotto ore non sono bastate ai 27 stati membri dell’Unione europea per concordare una dichiarazione comune sull’eliminazione da parte di Israele di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah. Paralizzata dalle sue divisioni, la diplomazia europea è ridotta agli appelli al cessate al fuoco che nessuno ascolta
Bruxelles. Quarantotto ore non sono bastate ai ventisette stati membri dell’Unione europea per concordare una dichiarazione comune sull’eliminazione da parte di Israele di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, milizia sciita responsabile della morte di centinaia di europei, che oltre a perseguire la distruzione di Israele, ha devastato il Libano. Silenzio per tutta la giornata di sabato. Silenzio per tutta la domenica. I diplomatici hanno cercato di trovare un consenso su un testo di compromesso minimo, con le solite condanne dell’escalation e i soliti appelli alla moderazione e al cessate il fuoco. Impossibile. Così ieri mattina l’Alto rappresentante, Josep Borrell, è stato costretto a convocare in videoconferenza tutti i ministri degli Esteri dell’Ue. L’incontro è durato meno di due ore. Al termine, in una dichiarazione in collegamento dal Messico, Borrell non ha detto una sola parola su Nasrallah. “Questo è un momento della verità per il Libano”, ha avvertito l’Alto rappresentante: “L’Ue deve collettivamente impegnarsi a preservare le istituzioni libanesi dal rischio di collasso”.
A nome dei ventisette ministri, Borrell ha lanciato un appello a “cercare soluzioni politiche e prevenire un’ulteriore militarizzazione e un approfondimento del conflitto” tra Israele e Hezbollah. Sfollati interni in Libano, distruzione delle infrastrutture civili, vittime collaterali: “Israele ha il diritto di difendersi, ma tenendo conto dei limiti del diritto internazionale umanitario”, ha detto Borrell, cadendo nella solita abitudine di attribuire allo stato ebraico ogni responsabilità. “Le armi ora devono tacere e la voce della diplomazia deve essere ascoltata da tutti”. Concretamente l’Ue ha promesso altri aiuti umanitari e sostegno dell’esercito libanese.
“Sul medio oriente l’Ue è totalmente irrilevante”, spiega al Foglio un alto funzionario, che ha trascorso la scorsa settimana all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove tutta l’attenzione era focalizzata su Israele, Gaza e Libano. I tre leader delle istituzioni comunitarie sono profondamente divisi sulla condotta di Israele dal 7 ottobre. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha sostenuto il governo di Benjamin Netanyahu, mentre quello del Consiglio europeo, Charles Michel, e l’Alto rappresentante Borrell non hanno mai smesso di lanciare appelli al cessate il fuoco a Gaza e condannare violazioni del diritto internazionale umanitario da parte delle Forze di difesa israeliane. Quando Israele ha iniziato le sue recenti operazioni contro Hezbollah – gli attacchi mirati con i cerca persone e i bombardamenti per eliminare la sua leadership – von der Leyen non si è mai espressa, mentre Borrell ha accusato Israele di escalation e di provocare la morte di vittime civili.
La frattura a Bruxelles, in realtà, riflette le divisioni tra gli stati membri. Anche se la Germania ha iniziato a chiedere un cessate il fuoco a Gaza, il governo di Olaf Scholz continua ad appoggiare le operazioni di Israele contro Hamas e Hezbollah. Spagna e Irlanda hanno scelto di riconoscere la Palestina in una specie di rappresaglia politica contro lo stato ebraico, incuranti della legittimazione politica che la loro decisione implica per Hamas. In mezzo c’è un numero di tonalità di grigio quasi pari a quello degli stati membri. La Repubblica ceca è tra i più forti sostenitori di Benjamin Netanyahu. L’Italia sta dalla parte di Israele, ma è altrettanto preoccupata per la sicurezza dei suoi caschi blu in Libano, che avrebbero dovuto tenere Hezbollah lontano dalla frontiera israeliana (e non sono mai stati in grado di farlo). La Francia teme la guerra civile nel paese dei cedri e, di conseguenza, non vuole spingersi a classificare l’uccisione di Hezbollah “un atto di giustizia”, come ha fatto l’Amministrazione Biden. Paralizzata dalle sue divisioni, la diplomazia dell’Ue è ridotta agli appelli al cessate al fuoco che nessuno ascolta.