dopo la morte di Nasrallah

Perché si parla di un'operazione di terra di Israele in Libano

Micol Flammini

Hezbollah è rimasto senza testa ma ha i piedi ben piantati su un arsenale poderoso. La manovre nel sud contro le forze radwan e il coordinamento con gli Stati Uniti

Chiuso in una stanza scura, visibilmente accaldato e senza riuscire a mettere nella voce un’intenzione da leader, Naim Qassem ha tenuto il suo primo discorso da vicesegretario di Hezbollah e ha detto: “Siamo pronti a uno scontro a terra con il nemico, se decide di entrare”. Sudava sotto il turbante, si asciugava, lasciando capire che anche lui è nascosto per paura di un attacco israeliano. Difficilmente dal suo rifugio opprimente ha trasmesso un’immagine di forza al resto del gruppo che si trova con una leadership diversa dopo aver seguito Hassan Nasrallah per trentadue anni. Hezbollah fatica a ritrovare la sua testa, ma sotto ai piedi ha ancora la  forza militare che va organizzata e Israele ha deciso di  colpirla anche attraverso un’operazione di terra che, in parte, è già iniziata: Tsahal si è ammassato al confine, per penetrare nei tunnel scavati da Hezbollah e compiere delle operazioni di terra limitate nel tempo e nello spazio contro i depositi di armi. 

L’esercito regolare libanese si è ritirato di cinque chilometri per non essere coinvolto nei combattimenti. Gli Stati Uniti hanno confermato di essere stati informati: Israele ha predisposto un’operazione di terra limitata alla parte meridionale del Libano. L’obiettivo è quello di privare Hezbollah dei missili che potrebbero essere lanciati contro il centro di Israele in aree abitate e minare la capacità di combattimento delle forze Radwan, addestrate per penetrare dentro allo stato ebraico e fare quello che Hamas ha portato a termine il 7 ottobre, ma con ancora più  armi. Il motivo dell’evacuazione dei civili dal territorio a nord di Israele  non risponde soltanto alla paura dei bombardamenti, ma anche alla consapevolezza che i piani per un’invasione ci sono e “se Israele ha imparato una lezione da un anno a questa parte è che se c’è una minaccia non si può aspettare a risolverla”. Eyal Hulata è stato consigliere per la sicurezza nazionale e ritiene che l’eliminazione di Nasrallah coinvolga tutto il medio oriente: “Hamas è visto come un nemico israeliano, Hezbollah è regionale”. L’idea di entrare nel territorio libanese per condurre delle operazioni limitate non esclude che vada avanti anche l’iniziativa diplomatica che Israele è disposto ad accettare se risolverà davvero i problemi di sicurezza al confine con il Libano. Il presidente americano Joe Biden ha detto di sapere molto di più di quello che pare, facendo capire che il canale con gli israeliani è sempre aperto, ma ha sottolineato che questo è il momento di un cessate il fuoco. 

 

Israele ha eliminato nel sud del Libano Fateh Sherif, capo della fazione di Hamas che opera dal Libano e maestro dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite  che si occupa dei profughi palestinesi. L’uccisione di Sherif mostra due cose: la prima è la conferma di quanto il gruppo terrorista della Striscia di Gaza sia entrato in profondità dentro all’agenzia dell’Onu e alle sue risorse, la seconda è invece la riprova di come Hezbollah abbia messo sottosopra il Libano. Israele ha aperto la strada a grandi cambiamenti dentro al paese, ma è il tempo che conta e anche la politica del Libano può approfittare del momento: “Fino a quando le autorità libanesi potranno continuare a nascondersi dietro a Hezbollah?”, si chiede Hulata. La domanda è fondamentale anche per fidarsi del risultato di un accordo che verrà negoziato con il Libano e con Hezbollah, come nel 2006: perché funzioni deve cambiare tutto. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)