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l'editoriale del direttore

Spiegare ai follower devoti dell'Onu che l'unica escalation in medio oriente è quella dei nemici di Israele

Claudio Cerasa

L'escalation che andrebbe condannata è quella che nasce non dalla volontà di un paese di difendere la sua esistenza, ma dalla volontà della sorgente del terrore chiamata Iran di armare tutti i suoi proxy per provare a fare tutto il necessario per cancellare Israele dalla carta geografica

Scusate, ma escalation a chi? Non c’è giorno in cui l’offensiva portata avanti da Israele in Libano non venga osservata dai follower devoti alle Nazioni Unite con lo sguardo sospettoso di chi considera ogni tentativo di Israele di difendersi dalle minacce esterne, anche laddove queste minacce coincidano con il profilo delle milizie terroristiche, come un’inevitabile, vergognosa, evidente e allarmante escalation. Il film è ormai lo stesso da un anno e anche più. Ogni volta che un nemico di Israele attacca Israele, il pensiero dei follower devoti alle Nazioni Unite va alla ricerca di una spiegazione per giustificare quell’attacco e per dimostrare che in fondo Israele se l’è cercata. I follower devoti delle Nazioni Unite sono convinti che il motore della violenza, della guerra, delle escalation nel medio oriente sia Israele e non chi da decenni minaccia Israele, organizzando attentati contro Israele, colpendo gli amici di Israele, uccidendo gli alleati di Israele. E chi sceglie di seguire questa impostazione di solito sceglie di ignorare una realtà difficile da negare. Ovverosia che la guerra contro Israele ha già assunto da anni un carattere non regionale, a proposito di escalation, e che la minaccia di cui è portabandiera l’Iran, insieme con i suoi alleati, i suoi proxy, i cagnolini che rispondono agli input dell’islamismo fondamentalista, è già da anni un’escalation micidiale ed è già da anni una minaccia globale che di regionale ha poco o nulla, come ha giustamente ricordato qualche giorno fa il presidente americano Joe Biden (“Hassan Nasrallah e il gruppo terroristico da lui guidato, Hezbollah, sono stati responsabili dell’uccisione di centinaia di americani nel corso di un regno di terrore durato quattro decenni, e la sua morte in seguito a un attacco aereo israeliano è una misura di giustizia”).

 

Un piccolo ripasso, per i distratti. Israele da mesi viene attaccato da più fronti, da Gaza, dal Libano, dalla Siria, dalla Cisgiordania, dall’Iraq, dallo Yemen, oltre che dall’Iran, a proposito di chi sia l’aggressore e chi l’aggredito. Dall’8 ottobre, dal giorno successivo agli eccidi di Hamas nei kibbutz israeliani, Hezbollah ha sparato oltre ottomila razzi contro il nord di Israele, in violazione di una risoluzione delle Nazioni Unite in vigore dal 2006 che imponeva a Hezbollah di spostare le forze lontano dai confini israeliani, risoluzione che le Nazioni Unite hanno fatto rispettare con così tanta severità da non essersi accorti che dal 2006 a oggi Hezbollah non solo si è avvicinato progressivamente al confine israeliano ma in questo arco di tempo ha ha accumulato razzi e missili di lunga gittata, puntando circa 100 mila ordigni contro Israele.

Dalla fine di ottobre, gli Houthi, sostenuti dall’Iran, hanno lanciato circa duecentocinquanta tra droni e missili contro Israele, tra cui uno, pochi giorni fa, rivolto anche a Tel Aviv. Ad aprile, persino l’Iran ha attaccato direttamente Israele dal proprio territorio, inviando dozzine di droni e di missili. Quello che in altre parole un anno dopo il 7 ottobre i nemici di Israele faticano ancora a capire è che l’escalation che andrebbe condannata è quella che nasce non dalla volontà di un paese di difendere la sua esistenza, ma dalla volontà della sorgente del terrore chiamata Iran di armare tutti i suoi proxy per provare a fare tutto il necessario per cancellare Israele dalla carta geografica. L’esperienza di Israele nell’ultimo anno, ha scritto ieri il Wall Street Journal, è un promemoria per l’occidente sul costo della deterrenza fallita e su ciò che è necessario per ripristinarla. Israele ha abbassato la guardia contro Hamas un anno fa e ha pagato un prezzo terribile. E il fatto che sia determinato a non ripetere quell’errore con Hezbollah dovrebbe essere una buona notizia non solo per chi ama Israele ma anche per chi si augura un domani di avere in giro per il mondo un esportatore di terrorismo globale più debole rispetto a un anno fa. Scusate, ma escalation a chi?

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.