Foto LaPresse

Medio Oriente

Anche il capo di Hamas in Libano lavorava per Unrwa, che chiede l'immunità

Giulio Meotti

Un mese dopo il massacro del 7 ottobre, la direttrice dell'Agenzia dell'Onu Dorothee Klaus era sul palco con Fateh al Sharif, il responsabile delle attività politiche e militari a nord della Linea Blu

Martedì il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna “l’ampliamento del conflitto in medio oriente”. “Abbiamo assolutamente bisogno di un cessate il fuoco”, ha detto Guterres. Non una parola sui 181 missili lanciati dall’Iran su Israele. E così Gerusalemme ha risposto dichiarando il capo delle Nazioni Unite “indesiderabile”, proibendogli di entrare nel paese. Lo ha deciso il ministro degli Esteri, Israel Katz, per il quale Guterres non è riuscito a “condannare l’attacco criminale dell’Iran a Israele” e “non merita di mettere piede sul suolo israeliano”.

Il momento più difficile della giornata di Philippe Lazzarini, il capo dell’agenzia Onu per i palestinesi Unrwa, è la mattina quando deve leggere i giornali stranieri. E sperare che non si scopra un altro terrorista che lavorava per la sua agenzia umanitaria.

Il leader di Hamas in Libano, ucciso in un attacco aereo israeliano, era un dipendente di alto rango della principale agenzia di soccorso delle Nazioni Unite al servizio dei palestinesi. Fateh al Sharif lavorava per l’agenzia come preside di scuola ed era anche a capo del sindacato che rappresentava migliaia di insegnanti libanesi. Sharif era responsabile delle attività politiche e militari di Hamas in Libano e si è coordinato con la milizia sciita libanese Hezbollah per organizzare attacchi contro Israele.

Dunque non solo Gaza. Per l’Unrwa, lo scandalo della collusione con i jihadisti si estende anche al Libano. Gli Stati Uniti e altri donatori hanno sospeso i finanziamenti all’agenzia a gennaio in risposta alle accuse secondo cui almeno una dozzina di dipendenti a Gaza, tra cui insegnanti, hanno preso parte agli attacchi di Hamas nel sud di Israele.

Ad agosto, l’Onu ha licenziato nove dipendenti dell’Unrwa coinvolti negli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Ad aprile, una revisione dell’Unrwa condotta da un gruppo indipendente (ma molto politicizzato contro Israele) aveva affermato che “Israele non ha ancora fornito prove a sostegno delle sue affermazioni secondo cui un numero significativo di dipendenti dell’agenzia era membro di organizzazioni terroristiche” e ha sostenuto che l’Unrwa aveva adottato politiche “solide” per garantire la neutralità del personale. Per mesi, è sembrato che Israele si fosse inventata anche i filmati dei dipendenti dell’Onu che prendono parte alla logistica del pogrom del 7 ottobre. Israele ha nominato cento dipendenti dell’agenzia delle Nazioni Unite a Gaza come membri di Hamas e ha chiesto che fossero licenziati. Si tratta solo di “una frazione” del numero reale di membri dell’organizzazione terroristica, si leggeva in una lettera al capo dell’Unrwa Lazzarini.

UN Watch ieri ha dimostrato che ancora un mese dopo che Hamas ha massacrato 1.200 israeliani il 7 ottobre, la direttrice di Unrwa in Libano, la tedesca Dorothee Klaus, era sul palco con Fathi al Sharif.

I soldati israeliani non smettono di trovare armi e tunnel terroristici di Hamas dentro e sotto quasi tutte le strutture dell’Unrwa a Gaza (scuole, ambulatori, ospedali). Il corpo dell’ostaggio tedesco-israeliano Shani Louk è stato trovato in un edificio dell’Unrwa, finanziato con i soldi dei contribuenti tedeschi.

Questa settimana intanto in un documento ufficiale depositato presso una corte statunitense le Nazioni Unite hanno appena sostenuto che i dipendenti dell’Unrwa coinvolti nel massacro del 7 ottobre sono immuni da azioni legali. Niente causa da parte delle famiglie delle vittime di Hamas (e dell’Onu). Così va nella “palude antisemita”.

Di più su questi argomenti:
  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.