medio oriente
Che cos'è Unifil, la missione Onu in Libano che doveva disarmare Hezbollah
Tajani invita i circa 3.200 civili italiani in Libano a lasciare il paese. E poi ci sono i 1.200 militari della Forza d'interposizione Onu. "Ma dobbiamo riconoscere che la missione non ha raggiunto gli obiettivi previsti", dice Crosetto. Le ragioni di un fallimento
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, in audizione oggi in Commissioni riunite insieme al ministro della Difesa Guido Crosetto, ha ricordato l'invito rivolto da tempo a tutti i circa 3.200 cittadini italiani in Libano a lasciare il paese con i voli commerciali disponibili. Inoltre, ha aggiunto, "stiamo lavorando per aumentare i collegamenti, inclusi voli charter". La priorità del governo "è la tutela dei connazionali in tutta la regione e dei nostri militari in Libano, impegnati nella missione Unifil e in quella bilaterale di addestramento Mibil". L'Italia - tornata attiva dal 2006 in Unifil, guidata dal 2018 fino al 2022 dal generale italiano Stefano Del Col - oggi ha 1.200 soldati impiegati nell'ambito della missione Unifil, la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite. Ma il dubbio è se quella missione è ancora valida oggi, considerando gli ultimi sviluppi.
La missione Unifil, creata il 19 marzo 1978 in seguito alla guerra contro Israele da parte del Libano, aveva lo scopo di creare una fascia di sicurezza all'interno del territorio libanese e di disarmare Hezbollah. Come scrivevamo qui, quando la missione è nata doveva essere ad interim, ma è diventata sostanzialmente perpetua e con il passare del tempo ha perso efficacia. Il suo mandato è stato rinnovato più volte, dal 1982, in seguito al ritiro delle truppe israeliane dal Libano del 2000 e poi in occasione dell'intervento israeliano in Libano del 2006, con la famosa risoluzione 1701, un accordo, vecchio ormai di 18 anni, che ha creato una zona "cuscinetto" di circo 60 chilometri a nord del confine tra i due paesi. La risoluzione affida poi ai Caschi blu la smilitarizzazione dell'area. Gli uomini di Unifil avrebbero dovuto fare in modo che il controllo della zona venisse assunto dalle forze armate regolari libanesi tenendo a distanza gli israeliani da un lato e le milizie di Hezbollah dall'altro, oltre a imporre il disarmo a tutti i gruppi armati all'infuori delle truppe regolari libanesi.
Gli attacchi continui di Hezbollah contro Israele, che per difendersi ha deciso nei giorni scorsi di effettuare un'incursione, per ora limitata, nel paese dei cedri mettono in luce ormai in modo lampante che la missione Unifil è stata un fallimento. "Sicuramente dobbiamo riconoscere che non ha raggiunto gli obiettivi previsti dalla risoluzione 1701", ha spiegato il ministro della Difesa Guido Crosetto, che cita la crescente presenza di Hezbollah nell'area e l'esistenza di luoghi da cui possono partire attacchi. "Tuttavia la presenza di soldati delle Nazioni Unite è l'unico elemento fondamentale per prevenire uno scontro diretto. Mai come oggi l'Onu deve avere un ruolo". Crosetto aggiunge che "finora la nostra presenza è stata l'unico elemento di freno a una violenza insensata, ma questo in futuro non sarà più sufficiente. Siamo pronti a rivedere ad horas le decisioni di lasciare il contingente nazionale schierato".
"Abbiamo invitato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a prendere in considerazione il rafforzamento del mandato di Unifil al fine di garantire la piena applicazione della risoluzione 1701 del 2006", ha detto in audizione il titolare della Farnesina. L'eventuale rafforzamento del mandato sarà discusso oggi in Consiglio di Sicurezza.
Uno dei punti critici di Unifil è che non esiste un vero confine riconosciuto tra il sud del Libano e il nord di Israele, e in mancanza di quello è la Blue line (Linea blu) a separare i due paesi. Dal 2000 infatti una linea di demarcazione fatta con barili dipinti di blu montati sopra pali alti, per renderli visibili, funge di fatto da frontiera: di nuovo, come nel caso di Unifil, quella che avrebbe dovuto essere una soluzione temporanea è divenuta di fatto definitiva, ma è oggetto di continue rivendicazioni e violazioni. Hezbollah e i suoi alleati hanno manomesso più volte i dispositivi di sorveglianza piazzati in cima alla recinzione tecnica che percorre la Linea blu, e hanno costruito poligoni di tiro illegali a sud del fiume Leonte, tutto senza che Unifil se ne accorgesse o riuscisse a impedirlo. Anche oggi Tajani ha ricordato che quella zona "dovrebbe essere una zona demilitarizzata" mentre da lì opera ancora oggi Hezbollah.
Inoltre Unifil ha sicuramente fallito nel raggiungere quello che, in origine, era uno dei suoi scopi primari: disarmare Hezbollah. La milizia-partito protetta e finanziata dall’Iran oggi ha dieci volte più missili rispetto al 2006, ha usato la forza per sostenere il regime di Bashar al Assad in Siria e ha costruito una presenza militare nel sud così ramificata da essere ormai praticamente impossibile da estirpare. Mentre Hezbollah cresceva, Unifil perdeva terreno e gli attacchi contro le sue pattuglie aumentavano. Non solo: se da una parte ci sono quartieri e interi villaggi libanesi vicino al confine con lo stato ebraico dove le truppe dell'Onu non possono più entrare di notte, dall'altra parte anche la fiducia di Israele nella missione è scemata.