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In Europa

Ecco perché Fitto in Ue avrà meno deleghe di quello che si pensava

Pietro Guastamacchia

Il portafoglio del prossimo commissario europeo appare ridimensionato, ma avrà comunque un incarico di vicepresidente esecutivo. C’è ancora incertezza sulle date delle audizioni, il voto finale sarà a novembre

La giostra delle audizioni parlamentari ai candidati commissari Ue lentamente prende forma e ora ogni candidato conosce, in via quasi definitiva, quante commissioni parlamentari dovrà affrontare. Nel caso di Raffaele Fitto soltanto una, uno scenario agrodolce per il prossimo commissario italiano. Mentre il collega liberale francese, Stephane Séjourné sarà ascoltato da tre commissioni (Industria, Mercato Interno e Ambiente), e la socialista spagnola Teresa Ribera dalle commissioni Ambiente, Economia e Industria, per saggiare le competenze del ministro italiano nelle materie a lui assegnate da von der Leyen, l’Eurocamera ha valutato che basterà la sola commissione Affari Regionali.

La decisione presa martedì mattina dalla conferenza dei presidenti di commissione certifica dunque in modo evidente che il recinto delle competenze del prossimo commissario italiano non appare esteso quanto quello degli altri aspiranti vicepresidenti della Commissione. Tuttavia, per il ministro di Maglie c’è anche qualche buona notizia: la sua audizione dovrebbe infatti scorrere senza grandi intoppi in una commissione dove siedono diversi amici, tra cui i meloniani Francesco Ventola e Antonella Sberna, oltre a diversi altri italiani provenienti dalle fila del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle.

Se a Fitto è assegnata solo una commissione titolare, l’italiano vince però il “premio consolazione” con il primato delle commissioni ospiti: ben cinque, un caso unico in tutto il futuro collegio dei commissari. Alla sua audizione, infatti, parteciperanno con diritto di porre domande i rappresentanti delle commissioni Trasporti, Bilancio, Agricoltura, Pesca e Lavoro, titolari di dossier che saranno solo tangenzialmente toccati dal lavoro di Fitto, ma sui quali non avrà controllo diretto. A queste cinque commissioni, infatti, non è dato il diritto di voto finale sulla valutazione dell’audizione.

A determinare se Fitto avrà superato l’esame dell’audizione saranno dunque solo gli otto coordinatori dei gruppi nella commissione Affari Regionali, tra cui figurano due italiani: il meloniano Denis Nesci per l’Ecr e la pentastellata Valentina Palmisano per il gruppo della Sinistra Ue. In rappresentanza degli altri sei gruppi voteranno il bulgaro Andrey Novakov per il Ppe, il socialista spagnolo Marcos Ros Sempere, la liberale slovacca Ľubica Karvašová, il croato Vladimir Prebilič per i Verdi, la sovranista greca Afroditi Latinopoulou e, per l’Europa delle Nazioni e della Libertà, la tedesca dell’AfD, Irmhild Boßdorf.

C’è ancora incertezza sulle date delle audizioni: i popolari cercheranno infatti questo pomeriggio, durante la conferenza dei capigruppo, di fare un ultimo tentativo per accelerare i tempi e organizzare tutte le audizioni nella terza settimana di ottobre. Tuttavia, al momento, il resto dei gruppi sembra orientato ad aspettare novembre, posticipando quindi il voto finale sull’intero collegio alla plenaria prevista dal 24 al 28 novembre.

Anche se il portafoglio di Fitto appare ridimensionato, una vicepresidenza rimane pur sempre una vicepresidenza, e se sul lungo periodo comporta meno problemi rispetto agli altri incarichi, tanto meglio così. “Lo scenario di affidare a Fitto il dossier dell’Economia non è mai stato realmente all’ordine del giorno; quel che conta è aver dimostrato che l’Italia non è mai stata fuori dai giochi”, spiega al Foglio un eurodeputato italiano vicino al ministro di Maglie, “anzi, sarebbe stato un dossier che avrebbe creato più problemi che vantaggi, molto meglio così”.

Per Raffaele Fitto si prospetta dunque un quinquennio dedicato alla politica di Coesione dell’Unione europea, un portafoglio precedentemente assegnato alla portoghese Elisa Ferreira, che raramente si guadagnata le prime pagine dei giornali del continente, ma che, va ricordato, non aveva la qualifica di “vicepresidente esecutivo”, titolo che, al netto del portafoglio ristretto, è quanto mantiene l’Italia a guida Meloni al centro della nuova Ue.

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