Il premier russo era in Iran prima dell'attacco iraniano. Cosa sapeva Mosca

Micol Flammini

Le valutazioni della Russia sulla guerra di Teheran contro Israele e i limiti dell'asse

Il giorno prima che la Repubblica islamica dell’Iran lanciasse il suo secondo attacco diretto contro Israele, a Teheran era atterrato il primo ministro russo, Mikhail Mishustin. E’ la seconda visita di alto livello da parte di un funzionario russo durante gli allarmi di un attacco da parte della Repubblica islamica. In agosto era stato Sergei Shoigu, l’ex ministro della Difesa e attuale segretario del Consiglio di sicurezza ad andare a Teheran, quando il regime minacciava una rappresaglia contro lo stato ebraico per l’omicidio di Ismail Haniyeh, il capo di Hamas ucciso mentre era in un palazzo dei pasdaran dopo aver assistito alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente Massoud Pezeshkian. Non appena Shoigu era atterrato, l’agenzia di stampa Ria Novosti si era affrettata a dire che la visita era programmata da tempo, l’ex ministro aveva portato con sé Aleksander Mikheyev, capo della Rosoboronexport, l’agenzia che si occupa di esportare e importare armi. Nei giorni successivi Mosca aveva fatto capire che in un attacco contro Israele, l’Iran  sarebbe stato solo mentre attorno allo stato ebraico si stava riconfermando l’alleanza che aveva respinto i bombardamenti di Teheran durante l’aprile scorso. La Repubblica islamica aveva lasciato cadere le minacce, ma diversi analisti israeliani erano rimasti dell’idea che le intenzioni erano rimaste intatte. Nelle ultime settimane, Israele ha deciso di  risolvere i suoi problemi con Hezbollah, il gruppo sciita che opera in Libano, che si coordina con l’Iran, ne condivide i piani, gli intenti e le armi. 

 

Lo stato ebraico ha eliminato molti uomini di Hezbollah, ha ucciso il capo Hassan Nasrallah, un generale iraniano che era con lui a Beirut, ha iniziato un’operazione di terra per distruggere gli arsenali che contengono le armi del gruppo libanese e i piani della Repubblica islamica contro Israele. Dopo aver lasciato intravedere tutta la sua debolezza e le tracce di un progetto in via di disfacimento, Teheran ha riproposto la minaccia di un attacco, l’ha raddoppiata e non è sfuggito che anche questa volta c’era un funzionario russo a discutere di armi in Iran e ieri gli Stati Uniti hanno detto che Teheran aveva esposto i suoi piani a “funzionari internazionali”. Un funzionario iraniano ha confermato a Reuters: Mosca sapeva. Teheran partecipa alla guerra della Russia contro l’Ucraina, finora ha fornito molti droni, gli stessi Shahed che vengono usati contro Israele, e i progetti di collaborazione militare sembrano farsi sempre più intensi. Secondo diplomatici e funzionari dell’intelligence,  Mosca sta facendo un calcolo schietto e opportunista: Teheran serve alla sua di guerra, un conflitto contro Israele priverebbe la Russia di un pozzo di approvvigionamento di armi e complicherebbe le relazioni del Cremlino con nazioni come l’Arabia saudita e gli Emirati Arabi Uniti che finora hanno addolcito l’effetto delle sanzioni occidentali.  Dopo essere stato in Iran, ieri Mishustin è andato a Erevan per il Forum economico euroasiatico. Il principio del rapporto di Mosca e Teheran, secondo gli israeliani, non è cambiato: ognuno fa la sua guerra e per il Cremlino, la sua è più importante. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)