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Negli Stati Uniti

Il nuovo amore tra bitcoin e Trump, che definì il crypto “un disastro”

Pietro Minto

A Nashville, il candidato repubblicano ha promesso di rendere l'America “la capitale planetaria" della moneta virtuale. E intanto la campagna elettorale si arrichisce di un altro tema di scontro tra The Donald e Kamala Harris

Lo scorso mese Donald Trump ha acquistato un hamburger pagando con dei bitcoin, in quella che verrà ricordata da qualche annuale come “la prima transizione di un presidente americano nella blockchain Bitcoin”. Lo storico evento è avvenuto presso Pubkey, un pub a tema Bitcoin a New York: la transazione è stata macchinosa, Trump è sembrato annoiarsi ed è stato aiutato da due zelanti cripto-entusiasti. Broncio trumpiano a parte, il candidato non era passato da Pubkey per caso: il settore delle criptovalute, dopo il tramonto del Web3 e l’arresto di Sam Bankman-Fried, si sta riprendendo, grazie soprattutto al recente aumento del valore di bitcoin in questi mesi, e ha raccolto una notevole influenza politica. Soprattutto a destra, nel movimento Maga di Trump, lo stesso Trump che nel 2021 definì il crypto “un disastro in attesa di accadere”. Da allora le sue opinioni in merito sono cambiate, anche perché le criptovalute sono diventate affare di famiglia per i figli Don Jr. ed Eric Trump, che hanno lanciato, sempre a settembre, World Liberty Finance, una piattaforma che ha l’obiettivo di favorire “l’adozione di massa dei stablecoin (un tipo di criptovaluta il cui valore è più stabile, nda) e della finanza decentralizzata”. Quest’estate, inoltre, il candidato è apparso a una conferenza sul bitcoin a Nashville, dove ha promesso di rendere gli Stati Uniti “la capitale planetaria del crypto” e ha salutato la folla con la frase: “Divertitevi coi bitcoin o qualunque sia la cosa con cui giocate”.

L’industria del crypto sembra dunque aver deciso chi votare alle prossime elezioni. La loro speranza è che un’eventuale Amministrazione Trump possa aiutare il settore e avere un approccio meno ostile di alcuni democratici, tra tutti la senatrice Elizabeth Warren, tra le principali voci anti-crypto, ma anche della stessa Kamala Harris, che aveva inizialmente escluso la blockchain dal suo programma elettorale. Prima di arrivare al rapporto tra Harris e Bitcoin, però, occorre individuare il nesso tra destra e criptovalute, il cui sodalizio è stato appoggiato dall’industria tecnologica.

Nel corso della febbre da crypto, il fondo di investimenti tecnologici Andreessen Horowitz (detto anche a16z) investì in tutto circa 7,6 miliardi di dollari su varie aziende e startup dell’ecosistema Web3 – dal metaverso agli Nft, passando per sigle ormai dimenticate come Dao, i citati stablecoin e le altre criptovalute. Una scommessa con cui a16z contava di controllare la nuova frontiera del web, e che non ha portato a granché: pochi mesi dopo l’ultimo round di investimenti, alla fine del 2022, Bankman-Fried fu arrestato e nacque ChatGpt. L’hype per il crypto fu messo in soffitta in favore di quello per le IA. Nonostante ciò, però, a16z punta ancora su quegli investimenti, che conta di poter salvare almeno in parte. Per questo il cofondatore Marc Andreessen è diventato uno dei sostenitori più accaniti di Trump e anche il suo socio, Ben Horowitz, ha le idee chiare: quando quest’estate i due hanno pubblicato un podcast in cui hanno motivato il loro appoggio al candidato repubblicano, Horowitz ha precisato che la difesa del crypto era per lui “probabilmente l’argomento più emotivo” per il sostegno a Trump.

Questione di sentimenti, insomma. Ma soprattutto di visione del mondo. Fin da subito le criptovalute sono state accolte con entusiasmo dai libertari, che nella Silicon Valley abbondano e cercano da tempo un rappresentante politico al loro livello, lontano dalla vecchia area liberal a cui per anni hanno dato il sostegno. Arriviamo così a Harris, che negli ultimi giorni ha capitolato e deciso di appoggiare lo sviluppo del crypto, associando la blockchain ad altre tecnologie essenziali per il futuro del paese, come le IA. In tutto sono 50 milioni gli statunitensi che possiedono criptovalute: di questi, solo una piccola parte sono “crypto-bros”, che ormai votano sulla base di questo. Come l’aborto o la sanità, il crypto rischia di diventare la base di una nuova classe di “single-issue voter” (chi vota sulla base di una sola questione politica), molti dei quali vivono in Michigan, Wisconsin e North Carolina. Tre degli stati in bilico che saranno probabilmente decisi da una manciata di voti. E forse anche da bitcoin.

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