L'editoriale del direttore

Passato un anno, sono più forti i motivi per dire: mai più

Claudio Cerasa

Ma per farlo bisogna avere il coraggio di guardare la realtà, di riconoscere il virus dell’antisemitismo, di ricordare che i 1.200 ebrei uccisi nel pogrom del 7 ottobre sono stati uccisi proprio perché ebrei. E bisogna avere il coraggio di combattere l’intifada globale

Il punto in fondo è quello: un anno dopo, che cosa significa dire mai più? Abbiamo scelto di commemorare il dramma del 7 ottobre – il dramma di un pogrom che ha cambiato per sempre la storia di Israele, il dramma di un pogrom che ha fatto ricordare fino a dove può spingersi la violenza islamista, il dramma di un pogrom che ha causato la strage di ebrei più sanguinosa dai giorni dell’Olocausto, il dramma di un pogrom che ha mostrato le vulnerabilità di uno stato che sembrava invulnerabile, il dramma di un pogrom in cui gli islamisti hanno ucciso 1.200 persone, hanno violentato donne, mutilato mogli, decapitato uomini, hanno bruciato vivi bambini e dato fuoco a intere famiglie, hanno deportato bambini, genitori, nonni, con uno stile degno delle peggiori retate naziste – offrendovi una copertina speciale, costruita partendo da un’idea tanto semplice quanto drammatica. Un’idea che è all’origine del pogrom del 7 ottobre e che però a partire dal giorno successivo al pogrom che ha cambiato per sempre la storia di Israele, e anche la nostra, è stata via via rimossa dai nostri pensieri, dai nostri palinsesti, dalle nostre timeline. I 1.200 ebrei uccisi nel pogrom del 7 ottobre non sono stati uccisi in quanto vittime di una rappresaglia terroristica finalizzata a destabilizzare uno stato sovrano. Sono stati uccisi prima di tutto per essersi macchiati di un peccato mortale. Sono stati uccisi, semplicemente, perché erano colpevoli di essere ebrei. L’odio contro Israele è un odio che riguarda tutti noi perché al centro dell’odio coltivato dagli islamisti fondamentalisti c’è un sentimento universale che dopo il 7 ottobre è tornato a essere per così dire virale: l’antisemitismo.

 

L’Iran sogna la distruzione di Israele perché gli islamisti sono antisemiti. Hezbollah sogna la distruzione di Israele perché gli islamisti sono antisemiti. Hamas sogna la distruzione di Israele perché gli islamisti sono antisemiti. Gli houthi sognano la distruzione di Israele perché gli islamisti sono antisemiti. Le milizie terroristiche che si trovano in Siria, in Cisgiordania e in Iraq sognano la fine di Israele perché gli islamisti sono antisemiti. Abbiamo scelto dunque di costruire la nostra copertina mettendo insieme un’immagine choc del 7 ottobre e una lista degli episodi di antisemitismo maturati dopo il 7 ottobre per ricordare un fatto semplice. Per poter dire mai più, bisogna avere il coraggio di guardare la realtà. Bisogna avere il coraggio di combattere l’intifada globale. Bisogna avere il coraggio di ricordare che chi si nasconde dietro l’antisionismo non sta facendo altro che trovare un modo elegante per professare il proprio antisemitismo. Bisogna avere il coraggio di spiegare perché difendere la libertà di Israele di esistere significa difendere noi stessi. E bisogna avere il coraggio di spiegare perché non girarsi dall’altra parte quando un paese viene aggredito e non girarsi dall’altra parte quando viene vandalizzato un memoriale dell’Olocausto, quando viene incendiata una sinagoga, quando viene aggredita una scuola ebraica, quando viene colpito un ebreo colpevole di essere ebreo significa avere il coraggio di difendere anche la nostra libertà. Qualche dato, per orientarsi, per capire meglio la nostra copertina, per comprendere quello di cui stiamo parlando.

 

In Italia nel 2024 gli episodi di discriminazione contro le persone di origine ebrea sono aumentati del 300 per cento. Nel Regno Unito è stato calcolato che tra il 7 ottobre 2023 e il 30 settembre 2024 sono stati registrati 5.583 episodi antisemiti, con un incremento rispetto all’anno precedente del 204 per cento. Gli atti di antisemitismo in Francia sono aumentati di quasi il 400 per cento tra il 2023 e il 2024. Negli Stati Uniti, l’Anti-Defamation League ha documentato 3.283 incidenti antisemiti nei tre mesi successivi al 7 ottobre, con un aumento del 360 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dire mai più, un anno dopo, significa non girarsi dall’altra parte, quando si parla di aggressione agli ebrei. E dire mai più, però, significa anche non girarsi dall’altra parte quando tocca ragionare su cosa significa oggi Israele per il mondo libero. Perché stare con Israele oggi significa questo. Non significa tapparsi gli occhi di fronte al dramma di Gaza, perché per quanto si possa dire che i civili uccisi a Gaza siano stati usati come scudi umani dai terroristi Gaza resta una tragedia, ma significa capire fino in fondo quello che Israele sta facendo per noi. Israele sta difendendo l’idea che possa ancora esistere un paese democratico in un quadrante del mondo dove le democrazie sono un optional. Sta difendendo il mondo libero dalla minaccia dei terroristi islamisti. Sta difendendo il mondo dalla minaccia del regime iraniano, che finanzia reti terroristiche in cinque continenti, che costruisce missili balistici per testate nucleari per minacciare il mondo intero e che rifornisce di missili anche il regime putiniano. Sta difendendo il medio oriente dalla possibilità che la piovra iraniana moltiplichi in altri paesi i propri tentacoli del terrore. Sta difendendo l’idea che i paesi oppressi dalla violenza quotidiana portata avanti dagli apostoli del terrore finanziati dall’Iran possano trovare un futuro di pace. Sta difendendo l’idea che sia possibile avere delle Nazioni Unite diverse da quelle di oggi, che si fanno dettare l’agenda dai complici dell’internazionale del terrorismo islamista, che non si accorgono di avere tra i propri dipendenti dei terroristi che vogliono distruggere Israele, che non muovono un dito quando i terroristi che dovrebbero tenere a distanza da Israele si avvicinano allo stato ebraico per bombardarlo ogni giorno. Sta difendendo l’idea che il nostro sistema democratico, fatto di diritti, di mercati liberi e di persone libere e di alleanze volontarie che abbiamo costruito per difenderlo, può essere difeso, può essere ancora il futuro, può trovare la forza per non aver paura di difendere se stesso. Sta difendendo, con la sua stessa esistenza in quella regione strategica per la sicurezza mondiale, l’idea che democrazia, laicità, libertà sessuale e di pensiero, pluralismo religioso e stato di diritto non siano impossibili in medio oriente. Sta difendendo tutto questo Israele, non da oggi, non dal 7 ottobre, ma dopo il 7 ottobre ancora di più. E sta difendendo, anche, qualcosa di più sottile: l’idea che poter professare il proprio credo in modo libero non sia divenuto un peccato da pagare con la morte. Per dire mai più serve capire tutto questo. Serve comprendere che dire Israele siamo noi, oggi, significa non solo difendere il diritto di Israele a esistere, a resistere e a difendersi, ma significa anche capire tutto quello che rappresenta la difesa di Israele anche per la nostra libertà. Mai più.
 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.