L'intervento

Come il 7 ottobre ha messo in luce anche le fragilità dell'occidente cristiano

Ernesto Galli della Loggia

Gli attentati di Hamas ci hanno fatto capire una cosa: l'idea odierna di democrazia non affonda le radici nei valori democratico-cristiano-borghesi post bellici, ma piuttosto nella loro critica sessantottina. Due date e una riflessione

Pubblichiamo l’intervento di Ernesto Galli della Loggia al Convegno dell’Associazione Setteottobre tenutosi a Roma domenica scorsa.



Il massacro del 7 ottobre ha rivelato a noi stessi in modo improvviso, per certi versi anche sorprendente, ciò che ormai da tempo era accaduto nelle società occidentali, nelle nostre società. Ci ha messo sotto gli occhi la radicalità delle fratture intervenute nello spazio delle nostre vite. Beninteso non siamo ciechi. Tutti ci eravamo accorti di quanto stava accadendo, delle crepe che si aprivano e ogni giorno si allargavano, Ma non sospettavamo l’ampiezza che esse avevano già raggiunto. Non riuscivamo a scorgere con chiarezza la profondità delle fratture che si erano prodotte. Il 7 ottobre ci ha messo di fronte alla realtà.
 

Prima del 7 ottobre noi pensavamo di essere ancora parte di una maggioranza. Pensavamo di rappresentare bene o male il senso comune. Che il nostro modo di vedere il mondo – i nostri valori, i nostri ricordi, il nostro passato – fossero, potessero essere anche quelli dei nostri figli. Non era così, non è così. Siano una minoranza. Che cosa è successo dunque che ci ha reso tali? Che cosa ci ha rivelato di noi stessi e delle nostre società il 7 ottobre? Quali fratture e di quale drammatica ampiezza? Di che cosa ci siamo resi improvvisamente conto? Di una cosa innanzi tutto: che il nostro passato, il passato della democrazia europea era cambiato perché la sua data d’inizio era cambiata. Questa non era più il 1939, allorché l’Europa fu costretta a capire che la sua libertà la obbligava a una lotta senza quartiere contro il totalitarismo nazi-fascista e la sua ideologia antisemita. E per l’appunto la consapevolezza di questo inizio che per decenni ha fissato il nostro rapporto con l’ebraismo, con gli ebrei e con Israele. Che ha consegnato alla storia il nostro debito con gli uni e con l’altro. Ma oggi dobbiamo dire: che sembrava aver consegnato… ciò che infatti abbiamo visto dopo il 7 ottobre ci ha obbligato a capire che non era più così, che non è più così: che la nuova data d’inizio delle società democratiche europee in cui oggi viviamo non è più il 1939 (se si preferisce il 1945) bensì il ’68. Cioè la data che segna precisamente la rivolta contro quell’idea di democrazia precedente che ne fissava la nascita nello scontro contro il totalitarismo di destra e perciò anche di sinistra. Oggi ci accorgiamo che una tale data di origine della democrazia europea è però mutata.
 

Da quanto vediamo e leggiamo qui da noi ogni giorno dopo il 7 ottobre, dobbiamo prender atto che l’idea di democrazia che oggi tiene banco è un’ idea di democrazia che ha il suo atto di nascita precisamente nella critica radicale ai valori – oso chiamarli democratico-cristiano-borghesi – che furono di quella democrazia europea e americana che condusse la guerra del ’39-45 ma che di fatto non è più. L’ebraismo e Israele ne fanno le spese. Il nuovo inizio della vicenda democratica europea nel ’68 anziché nel ’39-’45 cancella il cuore del nostro rapporto con gli ebrei e con Israele. Ma ad agire in questa direzione c’è una seconda e altrettanto grave frattura che si prodotta negli anni. È la fine del Cristianesimo come dato religioso che ha dato forma e contenuto decisivi all’antropologia e all’immaginario europei. Il Protestantesimo è ormai virtualmente un fantasma, la Chiesa cattolica una sorta di Ong progressista orientata al politicamente corretto. Di conseguenza in questa parte del mondo oggi siamo tutti felicemente atei o come minimo agnostici: ed è così svanito dentro ognuno di noi quel legame che era rappresentato dal retaggio giudaico-cristiano che tanto peso ha avuto nel tenere in vita e nell’improntare il nostro rapporto con Israele e con il popolo ebreo. Ma ormai con quel passato e con quel retaggio non abbiamo più alcun rapporto, e quindi non abbiamo più alcun legame da preservare. Non abbiamo più conti aperti con nessuno. E così finalmente Gesù da ebreo quale lo abbiamo sempre creduto è diventato palestinese.
 

Ci siamo disfatti della nostra storia e della religione. Le società in cui abitiamo sembrano non sapere più che cosa farsene dell’una e dell’altra, della religione e della storia che sono state le nostre. Non a caso le nostre società rifiutano con tutta l’empito dei buoni sentimenti che le animano il realismo e il pessimismo che quella storia e quella religione ci avevano invece insegnato. Non c’è più il Male, insomma. Non ci sono più nemici. E il 7 ottobre non è stato un pogrom orrendo a opera di uomini feroci, no, per carità. Ha solo rappresentato l’inizio riuscito di una felice rivolta anticoloniale.

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