Foto LaPresse

Conti europei

Lo spread politico della Francia è un problema anche per Bruxelles

David Carretta

Lo sforzo fiscale per il prossimo anno è di proporzioni storiche: 60 miliardi di euro, di cui 40 miliardi di tagli alla spesa e 20 miliardi di nuove imposte. Se Parigi non riuscirà a ridurre il deficit, i paesi frugali non accetteranno Eurobond o nuove forme di indebitamento comune

La deriva dei conti pubblici della Francia potrebbe trasformarsi in un grosso problema, politico prima ancora che finanziario, per l’Unione europea. Ieri, al suo primo Eurogruppo, il giovane ministro delle Finanze del governo di Michel Barnier, Antoine Armand, ha illustrato le sue priorità. La legge di bilancio che sarà presentata venerdì all’Assemblea nazionale sarà “pienamente in linea con le nuove regole di bilancio europee. Il nostro obiettivo sarà ridurre il deficit pubblico francese al 5 per cento nel 2025 e poi al di sotto del 3 per cento entro il 2029”, ha spiegato Armand. Il 2029 è due anni dopo quanto inizialmente previsto per tornare sotto la soglia di Maastrich. Lo sforzo fiscale il prossimo anno è di proporzioni storiche: 60 miliardi di euro, di cui 40 miliardi di tagli alla spesa e 20 miliardi di nuove imposte. Gli anni successivi non saranno da meno. Secondo le nuove regole del Patto di stabilità e crescita, se il periodo di aggiustamento fiscale passerà da quattro a sette anni in cambio di riforme strutturali e investimenti, la Francia dovrà realizzare un aggiustamento strutturale superiore allo 0,5 per cento del pil. Altrimenti potrebbe sfiorare l’1 per cento del pil. Dal modo in cui la Commissione tratterà la Francia dipende la credibilità del nuovo Patto di stabilità e la sua applicazione a paesi come l’Italia con un debito ancora più alto. Inoltre, se Parigi non riuscirà a ridurre il deficit, i paesi frugali non accetteranno Eurobond o nuove forme di indebitamento comune come suggerito nel rapporto di Mario Draghi. In gioco c’è anche lo status politico della Francia nell’Ue.

Il nuovo governo di Michel Barnier inizia il suo mandato con un deficit previsto per il 2024 al 6 per cento, un livello di gran lunga superiore al 5,1 per cento programmato in primavera dal precedente governo. A Bruxelles in pochi credono nella capacità della Francia di avviare il risanamento previsto dal nuovo Patto di stabilità e crescita e di mantenerlo negli anni successivi. All’Assemblea nazionale non c’è maggioranza. Il governo Barnier potrebbe cadere proprio sulla legge di bilancio. Le elezioni presidenziali del 2027, con la minaccia di Marine Le Pen, incoraggiano alla spesa. Eppure, come in passato, la Commissione minimizza i rischi dei conti pubblici francesi. “Riconosciamo le difficoltà”, ha detto ieri il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni. Ma la prima conversazione con Armand è stata “promettente” e “sono fiducioso”. I negoziati sulla traiettoria fiscale sono iniziati la scorsa settimana: ottenere la proroga da 4 a 7 anni non dovrebbe essere un problema. Bruxelles insisterà su riforme minime per migliorare l’efficienza della tassazione e la spending review. Più difficile sarà far rispettare le scadenze di rientro dei conti pubblici. La Commissione si è sempre mostrata clemente con il governo francese di turno, anche nel pieno della crisi del debito sovrano del 2010-12, quando esigeva dagli altri stati membri dure politiche di austerità per rassicurare i mercati. La Francia è stata sotto procedura per deficit eccessiva dal 2009 al 2018. La scadenza per scendere sotto il 3 per cento è stata prorogata tre volte. Ogni scusa era buona per non sanzionare la Francia “perché è la Francia”, come spiegò l’allora presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, nel 2016.

La Francia del 2016 tuttavia non è quella del 2024. Il debito pubblico, che prima del Covid era stabilmente sotto il 100 per cento del pil, oggi raggiunge 112,0 per cento ed è in crescita. Dopo lo scioglimento dell’Assemblea nazionale, lo spread tra i Bund decennali tedeschi e gli Oat francesi è salito a quasi 80 punti base. Più allarmante, nonostante la formazione del governo Barnier, la Francia si indebita con i titoli a due e cinque anni a un costo più alto di Spagna, Portogallo e Grecia. Contrariamente al 2010-12, una crisi del debito sovrano nella zona euro trascinerebbe nel vortice anche la Francia. L’indebitamento sta spostando anche gli equilibri politici a favore della Germania. “Per pesare a Bruxelles, bisogna rispettare i trattati, a cominciare da quello di Maastricht”, ha detto al Monde l’ex commissario francese, Thierry Breton: “Un paese a cui si apre una procedura per deficit eccessivo è indebolito rispetto agli altri. Con un deficit al 6 per cento del pil, senza che ci sia una ragione esogena, la voce della Francia si fa sentire di meno”. Oltre allo spread sul debito, la Francia paga uno “spread politico”.

Di più su questi argomenti: