(foto EPA)

campagna elettorale

Per sbloccare il pareggio dei sondaggi arriva Obama, l'anti Musk

Marco Bardazzi

Nei democratici la vera alternativa agli endorsment pro Trump del proprietario di Tesla è l'ex presidente: l'unico capace di parlare a tutti (soprattutto in compagnia della moglie Michelle)

C’è stato un tempo, all’inizio del 2008, quando una procuratrice di San Francisco si era messa in ferie dal lavoro per andare in Iowa, a bussare alle porte come volontaria in una campagna elettorale che quasi tutti ritenevano perdente. Erano le primarie in cui un giovane senatore nero dell’Illinois sfidava la potente Hillary Clinton per diventare il candidato dei democratici alla Casa Bianca. 

 

Barack Obama non ha mai dimenticato la fiducia che all’epoca aveva riposto in lui Kamala Harris. Adesso è venuto il momento di invertire i ruoli. Da giovedì, l’ex presidente scende in campo per un tour a sostegno della portabandiera del suo partito. Si parte da Pittsburgh, nella Pennsylvania decisiva per il voto del 5 novembre. Il programma di Obama è ancora da svelare, ma il suo staff ha fatto sapere che nelle settimane che mancano al voto lo vedremo in tutti e sette gli stati in bilico, per cercare di consolidare la base del partito, riportare “a casa” i molti afroamericani che si sono spostati verso Donald Trump e cercare quei voti finali che possono fare la differenza. 

 

Da molti punti di vista, Obama è la risposta democratica alla discesa in campo di Elon Musk sull’altro fronte. Il partito del presidente Joe Biden può contare sul sostegno di gran parte delle star di Hollywood e di buona parte dei big della Silicon Valley. Ma Musk sabato ha compiuto un passo con pochi precedenti, salendo sul palco a fianco di Trump e lanciandosi in un discorso politico di pieno endorsement. Di imprenditori che appoggiano l’uno o l’altro candidato alla Casa Bianca ce ne sono sempre stati, fin dai tempi di John Rockefeller o Henry Ford. Ma una cosa è finanziare una campagna o fare interviste di sostegno a un candidato. Altra cosa è partecipare sul palco ai comizi e dichiarare che se vincono gli avversari “sarà la fine dell’America che conosciamo, l’ultima volta che voteremo”, come ha fatto Musk.

 

I democratici non hanno un anti-Musk. L’appoggio di Taylor Swift a Kamala Harris, o il video contro Trump che Bruce Springsteen ha appena postato sui social aiutano a mantenere “calda” la base, ma sono qualcosa di diverso da quello che sta facendo Musk e dall’aiuto che può dare con il suo social X e con i suoi soldi. Anche gli attori e i personaggi tv che hanno scelto di fare campagna attiva per  Harris – Oprah Winfrey, Ben Stiller, Chris Rock, Jennifer Garner – hanno un seguito diverso rispetto a quello di Musk. 

 

L’unico vero trascinatore di folle capace di parlare a tutti, in casa democratica, resta Barack Obama. Più efficace di lui c’è probabilmente solo sua moglie Michelle, che presto si farà vedere a sua volta agli eventi elettorali. Lo si è visto alla convention di Chicago, quando l’ex coppia presidenziale ha creato un’ondata di entusiasmo intervenendo dal palco. Obama in quell’occasione aveva avvertito che la sfida contro Trump sarebbe stata durissima e dall’esito tutt’altro che scontato e i fatti gli stanno dando ragione. A 28 giorni dal voto e dopo un’iniziale accelerazione della Harris nei sondaggi, adesso la situazione è di totale stallo. La vicepresidente conduce sempre di due-tre punti su Trump su scala nazionale, ma non si muove da lì da settimane ed è un vantaggio che rientra nel margine d’errore dei sondaggi. Anche in ciascuno dei sette stati decisivi il distacco tra Trump e Harris non supera mai i due-tre punti, con gli stati che ondeggiano tra il rosso e il blu. 

 

Obama cercherà di ripetere le “magie” del 2020 e delle elezioni di metà mandato del 2022, quando le sue discese in campo al fianco di Biden furono i colpi di reni finali per dare la vittoria ai democratici. In realtà l’ex presidente ha già fatto moltissimo per Harris. Non solo ha raccolto per lei 76 milioni di dollari, ma in precedenza è stato decisivo nella campagna di pressione che ha spinto Biden a ritirarsi e ha poi messo a disposizione un gran numero di suoi ex consiglieri, che stanno costruendo una campagna dalla forte impronta obamiana.  Obama in queste settimane cercherà non solo di rafforzare Harris, ma anche i candidati al Congresso, dove la situazione per i democratici è molto difficile: il Senato in particolare sembra avviarsi verso il controllo dei repubblicani. Se Kamala Harris vincesse, sarebbe la prima presidente democratica dai tempi di Grover Cleveland nel 1884 a cominciare il primo mandato avendo contro la camera alta. Quella che deve, tra l’altro, ratificare tutte le nomine del presidente.