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Gran Bretagna a pezzetti

Keir Starmer cede le Isole Chagos a Mauritius. E Milei pregusta le sue Malvinas

Una “restituzione” mossa da puro ideologismo e fatta passare in sordina, che suona come un clamoroso autogol geopolitico: inizia lo smantellamento del fu Impero britannico, che rischia di perdere anche le strategiche Falkland

Da qualche giorno la Gran Bretagna è più debole sullo scacchiere globale e ha indebolito pure gli Stati Uniti e l’occidente. L’unico paese in Europa a opporsi al nazismo, “combattendo su tutte le spiagge” come disse Winston Churchill, il primo fornitore, sempre in Europa, di armi a Kyiv contro l’invasione della Russia, ha fatto un clamoroso autogol geopolitico. Il nuovo primo ministro Keir Starmer, fresco dell’acclamazione al recente congresso del partito, ha regalato le Isole Chagos a Mauritius. E potrebbe essere l’inizio di uno smantellamento di quel che rimane dell’ex impero britannico: Gibilterra e, addirittura, le Isole Falkland rischiano la “restituzione”, in ossequio all’autopunizione dell’occidente per il colonialismo.


Chagos è un lillipuziano arcipelago sperduto in mezzo all’Oceano indiano, ma ha una valenza strategica enorme perché ospita la base militare anglo-americana Diego Garcia, che è usata dalla Raf inglese e dalla Usaf, l’aeronautica militare americana. E, oggi, l’Oceano indiano è il quadrante geopolitico più sensibile al mondo perché significa la potenza emergente India ma soprattutto significa Cina, che si porta dietro la questione di Taiwan, che molti vedono come la “prossima Ucraina”. Proprio due anni fa la medesima Gran Bretagna aveva lanciato Aukus, un accordo di cooperazione militare nell’Oceano indiano con Stati Uniti e Australia proprio in funzione di contenimento delle mire imperialistiche di Pechino. Ora invece sconfessa quell’accordo e fa anche imbestialire gli Stati Uniti: l’amministrazione Biden aveva fatto capire al Foreign Office inglese che non condivideva l’idea della rinuncia all’isola.


La motivazione ufficiale della cessione di quello che a tutti gli effetti è territorio inglese, come se l’Italia cedesse Lampedusa alla Tunisia, è una “restituzione” ma Mauritius non ha mai avuto sovranità sulle isole. Beffa e danno: la Gran Bretagna manterrà il controllo della base militare, ma solo per 99 anni e pagando un affitto a Mauritius che peraltro è una nazione proxy della Cina sull’Oceano indiano. Per far passare questa mossa autolesionista, Starmer ha usato un escamotage alla Boris Johnson: è stata approvata dal Cabinet approfittando della chiusura del Parlamento di Westminster fino al 7 ottobre proprio per i congressi dei partiti.


Mosso più da ideologismo che dal globalismo in chiave atlantica, da sempre la cifra della politica estera britannica, il baronetto Starmer ha lasciato intravedere una possibile cessione di Gibilterra, da anni impelagata in un accordo impossibile di uscita dalla Ue dopo la Brexit; e, mirabile dictu, le Isole Falkland, che sono sacre a Margaret Thatcher, la più grande statista dopo Churchill. D’altronde una delle prime mosse di Starmer da neo inquilino del 10 di Downing Street, sede del governo ma anche residenza privata dei ogni primo ministro, è stata quella di far rimuovere il ritratto della Lady di Ferro, un affronto che nemmeno Tony Blair o Gordon Brown si sognarono di fare. A Buenos Aires, intanto, il “carajo” Milei scalda la motosega: potrebbe vedersi recapitare gratis le Islas Malvinas (nome argentino delle Falkland), senza nemmeno sparare un colpo, e che sono altrettanto strategiche come Chagos. Dalla capitale Stanley partono le spedizioni scientifiche (in realtà molto geopolitiche) per l’Antartide, il continente del futuro.