la giornalista ucraina

Le inchieste di Vika Roshchyna, catturata, tenuta in isolamento e morta in una galera russa

Kristina Berdynskykh

Il coraggio feroce della giornalista ucraina uccisa dalle prigioni di Putin per documentare gli orrori russi 

Kyiv. Il 10 ottobre, il padre della giornalista ucraina Viktoria Roshchyna ha ricevuto un messaggio dal ministero della Difesa russo: c’era scritto che sua figlia era morta il 19 settembre, durante il trasferimento da Taganrog a Mosca. Era scomparsa nell’agosto del 2023, da qualche parte nei territori occupati, mentre scriveva un reportage: soltanto ad aprile 2024 la Russia aveva confermato di tenerla prigioniera. Le circostanze della sua morte sono ancora sconosciute, così come la data in cui il suo corpo verrà riconsegnato all’Ucraina, ma i suoi colleghi dicono che è impossibile raccontare e ricordare Viktoria   senza parlare del suo lavoro.  Era nata a Kryvyi Rih, a sedici anni era entrata nel mondo del giornalismo. Dopo essersi trasferita a Kyiv, ha lavorato per famose testate online  tra cui Hromadske, Radio Liberty e Ukrainska Pravda. Non ancora trentenne, era  esile, con un’espressione estremamente seria. 

 


“A volte mi sembrava che per Vika non esistessero  impegni mondani”, dice al Foglio Angelina Karyakina, una giornalista ucraina che ha lavorato con lei  molto prima dell’invasione su larga scala dell’Ucraina. “Non posso immaginare di parlare con Vika di qualcosa di diverso dal lavoro”, ricorda. Roshchyna   ha svolto molti lavori sulla vita degli adolescenti nelle colonie penali, si è occupata di  processi, ha ricevuto minacce, ma questo non l’ha mai fermata.  Nel 2019 si recò a Mosca per assistere al processo di 24 marinai ucraini catturati dalla Russia nello stretto di Kerch nel novembre 2018, e cercò di parlare con  loro  dietro le sbarre. Le guardie e l’Fsb cercarono di impedirglielo, ma Vika    non diede retta a nessuno, e continuò a registrare i commenti dei prigionieri,   racconta Karyakina. Per questo motivo fu scortata più volte fuori dall’aula. “Non c’erano segnali di stop per lei se pensava che qualcosa fosse importante. E’  la forma più  pura di giornalismo”, dice. Aggiunge che tutta la vita di  Roshchyna è passata davanti agli occhi delle redazioni in cui ha lavorato. Spesso era la prima ad arrivare in ufficio e l’ultima ad andarsene. Era testarda, con uno spiccato senso della giustizia, un po’ idealista. Si occupava di temi scomodi perché sentiva  che era suo  dovere giornalistico, ci dice Natalia Gumenyuk, cofondatrice del Public Interest Journalism Lab, che ha lavorato con lei  a  Hromadske. Nonostante  questo, Vika non ha mai inseguito la popolarità. Era una persona piuttosto chiusa e solitaria,  si dedicava interamente alla   professione. Per i direttori   è stato sempre un problema cercare di fermarla e tenerla al sicuro. Con  l’invasione su larga scala,  è diventata  freelance. Ha collaborato con Radio Liberty e poi con Ukrainska Pravda. Rischiando tutto, si è recata nei territori occupati dai russi per scrivere articoli sulla vita degli ucraini nelle città occupate, sebbene per ogni giornalista ucraino questo rappresenti un pericolo mortale.

 

E’ stata  per la prima volta in una prigione  russa nel marzo 2022, mentre cercava di andare da Zaporizhzhia a Mariupol, in un momento in cui la Russia bombardava la città. E’ riuscita a essere liberata dopo una settimana. Dopo essere tornata nel territorio controllato dall’Ucraina, ha scritto l’articolo: “Come sono uscita dalle mani dell’Fsb, di ‘Kadyrovtsy’ e dei daghestani”. Ma anche dopo questa terribile esperienza,  Roshchyna non si è fermata e ha continuato a viaggiare   e   a scrivere articoli sull’occupazione russa.  Sevgil Musayeva, caporedattrice del sito di Ukrainska Pravda, ricorda di averla  conosciuta a  ottobre  2022,  era appena tornata da uno di questi viaggi nei territori occupati e  le aveva inviato un suo articolo.  Aveva fatto molte indagini sulla deportazione dei bambini ucraini.   “Ha visitato tutti i campi dove i bambini venivano portati, ha parlato con i loro parenti”, ricorda Musaeva. “Per lei era importante scrivere delle persone sotto l’occupazione e di ciò che devono affrontare”, dice. Anche lei ha avuto difficoltà a gestirla, a farle correre meno rischi o a rinunciare del tutto ai suuoi viaggi. Ma per Viktoria era importante documentare gli orrori che la Russia compiva – e compie – in Ucraina. Nell’agosto del 2023 è stata nuovamente catturata, e poi è morta: per molto tempo non si è saputo nulla di lei.   Secondo l’ong Media Initiative for Human Rights, è stata detenuta in almeno due luoghi: la colonia penale n. 77 a Berdyansk e il centro di detenzione preventiva n. 2 a Taganrog, nella regione di Rostov. Questo centro di detenzione è noto come uno dei luoghi di detenzione più crudeli per i prigionieri ucraini in Russia. E’  stata tenuta in isolamento da maggio a settembre 2024.  Il 13 settembre scorso c’è stato uno scambio di prigionieri tra Ucraina e Russia, in seguito al quale 23 donne sono state restituite all’Ucraina, ma Roshchyna non era tra loro. Alla vigilia di questo scambio, è stata portata   verso una destinazione sconosciuta. I documenti russi inviati al padre riportano come data di morte il 19 settembre. Andriy Yusov, portavoce della direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa ucraino, ha dichiarato al Foglio che l’Ucraina ha fatto tutto il possibile per liberare la giornalista e che erano stati raggiunti accordi preliminari per il suo ritorno. “La giornalista avrebbe dovuto essere trasportata a Mosca nel centro di custodia cautelare di Lefortovo per preparare il suo ritorno”.  In seguito alla morte di Viktoriya Roshchyna, l’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina ha aggiunto nuovi articoli al procedimento penale avviato per la sua scomparsa: violazione delle leggi e delle consuetudini di guerra, combinata con omicidio premeditato. Non si sa ancora  come sia morta, ma i suoi ex colleghi dicono sempre la stessa cosa: Viktoria era ferocemente dedita alla sua professione. “Viveva nei suoi testi e nel  suo lavoro”, ci dice Musayeva, senza riuscire a  trattenere le lacrime. Nel 2022, l’International Women’s Media Foundation ha conferito a Roshchyna il Courage in Journalism Award.  Viktoria avrebbe compiuto 28 anni il 6 ottobre.

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