reportage da tel aviv

Sinwar dalla Striscia sfida ancora Israele. Serve un piano per il dopoguerra

Micol Flammini

Per sconfiggere Hamas non basta eliminare il suo leader, che è vivo e ha ancora un piano per fare la guerra, da Gaza alla Cisgiordania. Il terrorismo in aumento

Tel Aviv, dalla nostra inviata. Al centro commerciale Azrieli si va per fare compere, per incontrare qualcuno, per occupare il tempo mentre si attende il treno in partenza nella vicina stazione di Tel Aviv Hashalom. Dalla mattina alla sera, il centro commerciale è sempre pieno, la sua struttura tonda e bassa è sovrastata da tre grattacieli che formano il complesso Azrieli, e basta attraversare la strada per trovarsi davanti il complesso governativo della Kirya. Tutti questi particolari rendono la zona uno snodo molto sorvegliato per il rischio di attacchi terroristici. Secondo le rivelazioni della polizia e dei servizi di sicurezza interni dello Shabak, cinque cittadini arabi israeliani affiliati allo Stato islamico stavano preparando un attentato proprio contro il centro commerciale e i grattacieli.  

 

Avevano guardato le esplosioni di maggior successo del gruppo terrorista, avevano calcolato di quanto esplosivo avrebbero avuto bisogno per far esplodere le torri Azrieli, avevano contatti con membri stranieri dello Stato islamico e il piano era mettere un’autobomba nel parcheggio del centro commerciale e provocare un’esplosione molto potente in grado di tirare giù tutta l’area. Il piano è stato scoperto nella fase preliminare, i cinque che abitano a Taybeh sono stati scoperti prima che potessero avere contatti diretti con altri membri dello Stato islamico, ma il piano si aggiunge agli altri attentati, di varia matrice, che in queste settimane si stanno verificando in Israele. 
Lunedì, a Hadera, nella parte nord di Israele, c’è stato un attacco in vari punti della città, l’attentatore aveva anche lui la cittadinanza israeliana ed è stato neutralizzato non dalla polizia ma da un negoziante. La scorsa settimana nella stazione di Beer Sheva, un altro cittadino israeliano proveniente da un villaggio beduino ha aperto il fuoco, uccidendo una ragazza che lavorava nella polizia di frontiera e ferendo altre dieci persone. Il primo ottobre, mentre avevano iniziato a suonare le sirene che annunciavano l’inizio dell’attacco dell’Iran con centottanta missili contro Israele, mentre le persone cercavano i loro rifugi, come era stato raccomandato con un allarme insolito dalle autorità, due terroristi armati con un fucile e un coltello hanno iniziato a colpire contro chi avevano attorno uccidendo sette persone, tra cui un cittadino italiano, Victor Green. I due attentatori sono stati uccisi, uno da un ragazzo sopravvissuto all’attacco del 7 ottobre l’altro dalla polizia, e il giorno dopo Hamas ha rivendicato l’azione. Il centro Azrieli, gli attentati a Hadera, Beer Sheva e Giaffa riguardano molto  individui affiliati a organizzazioni terroristiche  e anche in contrasto tra di loro e individui non affiliati a nessuno, ma sono la traccia di un crescendo di azioni terroristiche su vari fronti. 

 

Il gruppo della Striscia di Gaza non ha più le capacità militari di un anno fa, ma non per questo è stato sconfitto. Il suo leader, Yahya Sinwar, è ancora vivo e secondo le valutazioni dell’intelligence americana è nascosto in un tunnel di Gaza con alcuni degli ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre. Sinwar ha accentrato sempre  più potere, è rimasto uno dei pochi leader in vita del gruppo, ma è anche il più determinato a non scendere a compromessi con lo stato ebraico. Questa settimana, il Wall Street Journal, citando fonti di intelligence di paesi arabi, scriveva che Sinwar aveva ordinato ai leader di Hamas della Cisgiordania di organizzare attentati e di tornare agli attacchi suicidi. Sinwar vuole da tempo sdoppiare il fronte di Hamas contro Israele, facendo della Cisgiordania un pericolo imprevedibile per lo stato ebraico e non ha rinunciato alla guerra contro Israele, ora che riesce a controllare sempre meno la situazione in una Striscia di Gaza ridotta in macerie, con una situazione umanitaria allarmante, anziché accettare un accordo, starebbe cercando il modo di portare avanti la guerra: secondo fonti del quotidiano americano, i qatarini sono soliti chiamare Sinwar il “megalomane”. E’ l’intera popolazione di Gaza a pagare la sua megalomania. Dall’altra parte Israele, dentro alla Striscia, continua a non avere una strategia definitiva: Tsahal si sta ritirando dal corridoio Filadelfi che divide Gaza dall’Egitto, e sta tornando a nord continuando a spostare la popolazione della Striscia e a bombardare le strutture in cui i terroristi si mescolano assieme ai civili. La guerra si allunga in assenza di un accordo per la liberazione degli ostaggi israeliani e il cessate il fuoco che Sinwar non ha mai voluto concludere, e difficilmente la pressione militare da sola riuscirà a eliminare Hamas da Gaza se non sarà accompagnata da un piano per riempire il vuoto di potere. A mettere il punto all’operazione militare, in assenza di un’intesa, potrebbe essere l’eliminazione di Sinwar, ma non sarebbe una soluzione a lungo termine. La morte del leader del gruppo creerebbe un danno d’immagine e funzionale e un senso di spaesamento e debolezza simile a quello di Hezbollah senza Hassan Nasrallah, ma non significa necessariamente che Hamas crollerà. La valutazione dell’intelligence israeliana è che il gruppo troverebbe un altro leader dopo poco, anche se non carismatico come Sinwar, che per il momento è ancora a Gaza e ordina attentati per bloccare Israele. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)