La guerra in medio oriente

Netanyahu chiede a Meloni il ritiro di Unifil

La presidente del Consiglio in una telefonata con il primo ministro israeliano ribadisce "l'inaccettabilità" degli attacchi delle Forze armate israeliane contro le basi militari dell'Onu. All'alba altri momenti di tensione nelle postazioni militari Unifil vicino Naqura, dove Hezbollah ha costruito una roccaforte di tunnel e bunker 

La pressione delle Forze armate israeliane per far ritirare la missione delle Nazioni Unite Unifil dal sud del Libano continua ad aumentare, sia diplomaticamente sia sul campo. In una telefonata fra il primo ministro israeliano e la presidente del Consiglio italiana, Benjamin Netanyahu ha chiesto esplicitamente a Giorgia Meloni il ritiro dei caschi blu del Libano

 

La pressione israeliana è un problema politico e diplomatico soprattutto per l’Italia, fra i principali contributori di Unifil, dopo che giovedì scorso il ministro della Difesa Guido Crosetto ha parlato esplicitamente di “crimini di guerra” riferendosi ai primi spari avvenuti il 10 ottobre scorso contro la missione Onu da parte dei soldati israeliani. Anche ieri, alla Festa del Foglio di Firenze, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva cercato di abbassare la tensione, aspettando da Israele una “spiegazione” per le azioni compiute nei giorni scorsi.

  

Oggi però è successo altro, che rischia di rafforzare una crisi già in corso e che ha avuto il suo culmine venerdì sera, con un comunicato congiunto fra Italia, Francia e Spagna – i tre paesi europei maggiormente coinvolti in Unifil – che chiedeva la cessazione immediata degli attacchi “ingiustificati” che “costituiscono una grave violazione degli obblighi di Israele ai sensi della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e del diritto internazionale umanitario”.

  

Da giorni nel sud del Libano e attorno al quartier generale militare di Naqoura da giorni si intensificano i combattimenti fra Forze armate israeliane e Hezbollah, che in quell'area ha costruito una roccaforte di tunnel e bunker. Nelle prime ore del mattino di domenica 13 ottobre due carri armati israeliani hanno sfondato il cancello di una base Unifil di Ramyeh, a una ventina di chilometri a est di Naqoura, e “hanno chiesto più volte che la base spegnesse le luci. I carri armati se ne sono andati circa 45 minuti dopo”, quando il comando operativo ha protestato attraverso il meccanismo di collegamento, ha fatto sapere l’Unifil in un comunicato molto duro. Circa un’ora e mezzo dopo la prima azione, i soldati della missione Onu hanno avvertito degli spari e poi del fumo che è riuscito a penetrare nella base e “quindici peacekeeper hanno subito effetti tra cui irritazioni cutanee e reazioni gastrointestinali”. In un comunicato, le Forze armate israeliane hanno fatto sapere che la missione dei due carri armati era in realtà quella di recuperare alcuni soldati feriti da missili anticarro, che il personale Unifil non è mai stato in pericolo e che il fumo serviva a coprire le operazioni di recupero.

  

Poche ore dopo, in un messaggio registrato e pubblicato dal governo israeliano, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è rivolto al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres – che il 2 ottobre scorso il ministero degli Esteri dello stato ebraico aveva dichiarato “persona non grata” – chiedendo il ritiro dell’Unifil dal Libano: “Signor Guterres, è giunto il momento che lei rimuova i soldati Unifil dalle zone di combattimento, l’esercito israeliano lo ha chiesto più e più volte, e lei ha rifiutato più e più volte. Il suo obiettivo è quello di essere uno scudo umano per i terroristi di Hezbollah e il rifiuto li rendono ostaggi di Hezbollah, mettendo in pericolo loro e i nostri soldati”, ha detto Netanyahu.

 

 

Questa volta la crisi non è stata gestita a livello di ministri della Difesa, ma c’è stata una telefonata fra capi di governo. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha avuto una conversazione telefonica con il primo ministro israeliano Netanyahu e ha “ribadito l’inaccettabilità che Unifil sia stata attaccata dalle forze armate israeliane”, si legge nel comunicato di Palazzo Chigi. Il comunicato del governo dello stato ebraico, invece, ribadisce le ragioni dell’esecutivo di Netanyahu: “Nella mia conversazione odierna con Meloni ho sottolineato che alla luce delle atrocità del 7 ottobre 2023 Israele non permetterà mai più a un'organizzazione terroristica genocida di avvicinarsi ai nostri confini. Né a Gaza né in Libano”, si legge in una dichiarazione dell’ufficio del primo ministro. “Ho informato la presidenza del Consiglio italiana dei miei numerosi appelli al Segretario generale delle Nazioni Unite: è giunto il momento di ritirare le forze Unifil dalle roccaforti e dalle zone di combattimento di Hezbollah”. Secondo Netanyahu la missione Onu è ormai ostaggio di Hezbollah e i suoi soldati vanno fatti uscire dal paese. “Purtroppo diversi leader europei stanno esercitando pressioni nella direzione sbagliata. Invece di criticare Israele, che combatte in prima linea per la civiltà, dovrebbero rivolgere le loro critiche a Hezbollah e ai suoi sostenitori iraniani”.

Qualunque decisione sul ritiro o lo spostamento di Unifil deve passare attraverso una decisione in sede Onu: nella logica di Israele, se l’Italia o la Francia ne chiedessero il ritiro avrebbero un peso politico determinante.

Nel frattempo, domenica sera l’Amministrazione Biden in America ha annunciato l’invio in Israele del Thaad, un avanzato sistema di difesa missilistica accompagnato da circa cento soldati americani. Il presidente americano Biden ha detto ieri che l'invio del sistema è necessario “per la difesa di Israele”.

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