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Divisa su Israele, presa in ostaggio da Orbán: l'Ue rischia la paralisi su Kyiv
Da sette mesi l’Ungheria blocca 5 miliardi di euro destinati a finanziare le forniture di armi all’Ucraina. Ora anche la riunione del Consiglio Affari esteri dell’Ue in Lussemburgo si è rivelata improduttiva
Bruxelles. Divisa su Israele e distratta da Libano e Gaza, presa in ostaggio da Viktor Orbán, in attesa delle elezioni negli Stati Uniti, l’Unione Europea è sull’orlo della paralisi sul suo sostegno all’Ucraina per difendersi dalla guerra di aggressione di Vladimir Putin. I ministri degli Esteri oggi hanno approvato le prime sanzioni contro l’Iran per le forniture di missili alla Russia. L’Alto rappresentante, Josep Borrell, ha promesso “maggiore sostegno alla difesa” di Kyiv e più “aiuti per l’energia e la ricostruzione” in vista dell’inverno. “Continueremo a discutere su come sbloccare i pagamenti della European Peace Facility e come aumentare la capacità di difesa aerea”, ha detto l’Alto rappresentante.
Da sette mesi l’Ungheria blocca 5 miliardi di euro destinati a finanziare le forniture di armi all’Ucraina. Un tentativo promosso da Borrell di aggirare il veto ungherese con un escamotage – far passare i contributi nazionali alla European Peace Facility da obbligatori a volontari – sta incontrando resistenze da parte di altri stati membri, che sollevano dubbi di carattere politico e giuridico. “Ci siamo quasi”, ha assicurato Borrell. Ma non ancora. L’Alto rappresentante non è nelle condizioni di andare oltre gli appelli. Orbán sta anche bloccando il prestito da 50 miliardi di dollari all’Ucraina promesso dal G7 in luglio. Diversi leader intendono mettere la pressione sul premier ungherese al Consiglio europeo di giovedì. Ma le speranze di una svolta sono praticamente nulle. Orbán ha già detto di voler aspettare l’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e spera che una vittoria di Donald Trump costringa l’Ue a cambiare la sua strategia di sostegno all’Ucraina. “La pace non può essere confusa con la capitolazione”, ha detto Borrell. “C’è una logica strategica nel rafforzare politicamente e militarmente l’Ucraina per costringere Putin a negoziare, anche se devo confessare che sembra una prospettiva lontana”.
Ma la riunione del Consiglio Affari esteri dell’Ue a Lussemburgo si è rivelata improduttiva. L’elenco di Borrell delle cose da fare urgentemente è lungo e quasi identico a quello delle precedenti riunioni: difesa aerea per le infrastrutture energetiche, fare i compiti a casa sull’elusione delle sanzioni, adottare altre sanzioni contro la flotta di petroliere fantasma della Russia e continuare a fornire all’Ucraina materiale militare con più capacità. Dietro a Orbán ci sono altri paesi attendisti, che vogliono vedere chi entrerà alla Casa Bianca prima di decidere cosa fare. Ancora una volta le promesse non vengono rispettate: il ministro francese della Difesa, Sébastien Lecornu, oggi ha detto che gli aiuti militari all’Ucraina nel 2024 saranno di 2 miliardi di euro invece dei 3 miliardi promessi da Macron. Il medio oriente non è d’aiuto per la causa dell’Ucraina. I ministri degli Esteri hanno trascorso più tempo a discutere di Israele che di Russia. E’ lì che la spaccatura è più profonda, consumando energie e coesione. Lo ha dovuto riconoscere lo stesso Borrell. C’è voluto tutto il fine settimana per negoziare una dichiarazione che condanna in modo blando gli attacchi contro le basi Unifil in Libano. “Ci vuole troppo tempo per dire alcune cose che sono piuttosto evidenti”, ha spiegato l’Alto rappresentante “E’ abbastanza evidente che dovremmo essere contrari agli attacchi israeliani contro l’Unifil, soprattutto perché i nostri soldati sono lì”. Ciascuno stato membro va in una direzione diversa sul medio oriente. Spagna e Belgio hanno nuovamente chiesto di convocare il Consiglio di associazione Ue-Israele per mettere in moto i meccanismi che permettono di sospendere l’accordo che regola le relazioni. La Francia ha proposto un embargo sulle armi contro Israele. Ma “gli stati membri sono fortemente divisi”, ha detto Borrell: “Altri paesi sono nella situazione opposta e chiedono più consegne di armi a Israele”. Secondo il ministro degli Esteri del Lussemburgo, Xavier Bettel, l’Ue sta perdendo tutta la sua credibilità sulla scena internazionale. “Quasi nessuno ci ascolta più”, ha detto Bettel.