Foto Epa, via Ansa

l'editoriale del direttore

Le guerre che Israele combatte anche per noi

Claudio Cerasa

Elimina i terroristi e indebolisce l’Iran. Cosa ci dice la morte di Sinwar, il capo dei capi di Hamas

Una morte non si festeggia, neppure se questa riguarda un uomo che era un assassino, un terrorista e un criminale. Una morte non si festeggia, e non lo faremo neanche oggi, oggi che uno dei capi di Hamas è stato ucciso da Israele. Una morte non si festeggia ma ciò che si può dire dopo l’uccisione di Yahya Sinwar, il capo dei capi di Hamas, il terrorista che ha gestito le operazioni nella Striscia di Gaza, e che ieri è stato ucciso a Rafah, dove gli occhi del mondo si sono posati per settimane per descrivere la tragedia di Gaza e dove gli occhi del mondo dovrebbero posarsi anche oggi per descrivere il senso di liberazione che potrebbero provare i civili utilizzati per mesi come scudi umani dai terroristi, è che ancora una volta Israele fa per la sicurezza del mondo libero quello che il mondo libero spesso non ha il coraggio di fare per proteggere se stesso.

 

Israele elimina terroristi che oltre a  colpire Israele colpiscono anche gli alleati di Israele: Sinwar era stato nominato a luglio capo di Hamas al posto di Ismail Haniyeh, ucciso a Teheran, e prima di Haniyeh sono stati uccisi anche gli altri capi di Hamas (Mohammed Deif, Marwan Issa, Saleh al Arouri) e altri capi di Hezbollah (Hassan Nasrallah, Fuad Shukr, Ali Karaki, Hashim Safi al Din e Ibrahim Aqil).

 

Israele combatte contro i terroristi di Hezbollah il cui allontanamento dai confini di Israele dovrebbe essere una priorità non solo di Israele ma anche dei paesi che sostengono la missione Unifil (vedi la risoluzione 1701 del 2006). Israele indebolisce l’Iran, che oltre a colpire Israele colpisce con disinvoltura anche gli amici di Israele (a gennaio gli Stati Uniti hanno reso pubblici i nomi dei tre soldati americani uccisi in un attacco con droni in Giordania, che Washington ha attribuito alle forze sostenute dall’Iran).

 

Israele combatte contro il fondamentalismo islamista (che oltre che colpire Israele colpisce tutti coloro che agli occhi degli integralisti al soldo dell’Iran rientrano nella categoria degli infedeli). Mesi fa, Gilles Kepel, gran politologo e arabista francese, ha offerto uno spunto di riflessione più attuale che mai per ragionare su quello che, nel disinteresse dell’opinione pubblica mondiale, Israele fa per proteggere il mondo libero. Ha ricordato che Israele si è assunto la responsabilità di fare il lavoro sporco al posto nostro. Ha ricordato che fare il lavoro sporco significa liberare dalla scena del medio oriente attori come Hamas e Hezbollah che tranne in qualche università americana, dove i terroristi islamisti vengono ancora salutati come partigiani per la libertà, nessuno rimpiangerà. Ha ricordato che anche i paesi arabi, anche quelli che denunciano ogni giorno il martirio di Gaza, guardano con favore alla distruzione dell’asse della resistenza, paesi come l’Arabia Saudita, paesi come gli Emirati, paesi come l’Egitto, perché da qui passa il ridimensionamento regionale dell’Iran e perché da qui passa una prospettiva di pace realistica.

 

Di fronte alla morte di Sinwar non si può festeggiare. Ma si può fare qualcosa di più utile: ricordare semplicemente che chi ha a cuore la difesa della pace deve capire che la lotta di Israele contro i terroristi islamisti aiuta a rendere più sicuri non solo i confini di Israele ma anche quelli delle nostre democrazie.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.