Foto LaPresse

Al Consiglio europeo

Zelensky presenta il piano per la vittoria, ma l'Ue è attendista

David Carretta

Il presidente ucraino ha criticato Joe Biden e Olaf Scholz per la loro indecisione. Per vincere la guerra Kyiv spera nei Taurus tedeschi e in un invito a entrare nella Nato, mentre incombono le ombre delle elezioni americane

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ieri ha lanciato un appello all’Unione europea a dare “speranza” all’Ucraina, nel momento in cui i leader europei sembrano sempre più paralizzati in attesa delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Durante il Consiglio europeo, Zelensky ha presentato ai capi di stato e di governo il suo “piano della vittoria”. Ha ricevuto pacche sulle spalle e altre promesse di sostegno. L’Ue farà la sua parte per garantire che l’Ucraina riceva il prestito da 50 miliardi di dollari promesso dal G7 a giugno, anche se gli Stati Uniti dovessero decidere di non partecipare per gli ostacoli posti dal premier ungherese, Viktor Orbán. Ma sul futuro dell’impegno europeo a favore dell’Ucraina incombe “l’ombra delle elezioni americane”, spiega al Foglio una fonte. La possibilità di una vittoria di Donald Trump alimenta il disfattismo.

Per difendersi dalla guerra di aggressione della Russia “l’arma più importante è il nostro popolo”, ha ricordato Zelensky dopo aver discusso con i leader europei del piano della vittoria. “Come rafforzarlo? Con la speranza”, ha spiegato il presidente ucraino. Per lui la speranza è l’invito a entrare nella Nato, che non significa un ingresso immediato (non ci sarà prima della fine della guerra), ma che permetterà di garantire la sicurezza dell’Ucraina al termine del conflitto.  “Per noi è o armi nucleari o la Nato. Ecco perché oggi scegliamo la Nato”, ha spiegato Zelensky. La speranza è la fine delle restrizioni imposte dagli occidentali sulle armi a lunga gittata per poter colpire la Russia in profondità, rallentare l’offensiva russa e aumentare i costi della guerra per il Cremlino. La speranza è ottenere i Taurus tedeschi, non necessariamente per usarli, ma per inviare un ultimatum a Vladimir Putin: o accetta una pace giusta oppure l’Ucraina potrà usarli. “Prima di usare questi missili, è importante avere la possibilità di inviare un segnale”, ha detto Zelensky. Ma “se gli alleati non manterranno le promesse, ci troveremo in una situazione difficile”, ha avvertito il presidente ucraino. 

Nella discussione a porte chiuse, Zelensky ha sottolineato i ritardi accumulati dagli europei nella fornitura delle armi e delle munizioni promesse. Ha ricordato loro che la Cina sta giocando un ruolo sempre più importante per rifornire la Russia delle componenti per la sua industria degli armamenti. Ha insistito sugli aiuti che Mosca riceve dall’Iran e dalla Corea del nord. Ha confermato di avere informazioni di intelligence, secondo le quali 10 mila soldati nordcoreani si stanno addestrando combattere al fianco della Russia. Il rischio è “una guerra mondiale”, ha detto il presidente ucraino. In pubblico, con ironia, Zelensky ha criticato Joe Biden e Olaf Scholz per la loro indecisione. Il presidente americano considera ancora l’invito nella Nato come una “linea rossa”. Il cancelliere tedesco “Non ha mai detto no. E non ha mai detto sì. Siamo in un processo, ci stiamo lavorando”, ha detto Zelensky. Il messaggio implicito agli europei è che il momento della scelta è arrivato. Devono decidere se sostenere l’Ucraina, anche senza gli Stati Uniti in caso di vittoria di Donald Trump il 5 novembre.

Il problema per Zelensky è che gli europei sono ancora meno propensi a fare scelte forti e correre rischi. Nessuno dei grandi paesi dell’Ue ha espresso entusiasmo per il piano della vittoria. “Abbiamo ribadito il nostro sostegno a una pace globale, giusta e duratura, basata sui princìpi della Carta delle Nazioni Unite. L’Ue sosterrà l’Ucraina per tutto il tempo necessario”, si è limitato a dire il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, si è mostrato scettico. “Non posso dire che sosteniamo l’intero piano”, ha spiegato Rutte. “Sarebbe un po’ difficile perché ci sono molte questioni che ovviamente dobbiamo capire meglio”. Il premier ungherese, Viktor Orbán, continua a giocare il ruolo di sabotatore. Un veto dell’Ungheria complica la concessione del prestito da 50 miliardi di dollari del G7: per versare la loro quota da 20 miliardi di dollari gli Stati Uniti pretendono che l’Ue allunghi la durata delle sanzioni da 6 a 36 mesi, ma Budapest si oppone. Un altro veto di Orbán blocca 6 miliardi di euro che l’Ue ha promesso di destinare alle forniture di armi all’Ucraina. Le conclusioni del Consiglio europeo contengono impegni su entrambi i fronti. Con o senza gli Stati Uniti “gli ucraini avranno i soldi”, assicura un alto funzionario dell’Ue. Ma dietro al premier ungherese ci sono altri leader che mostrano segnali di stanchezza. 

Scholz ha detto pubblicamente al Bundestag che è necessario negoziare con Putin. “Se si vuole parlare di pace, si deve parlare con il criminale di guerra in capo”, conferma al Foglio un diplomatico di un paese che, a parole, dice sostenere l’Ucraina. Danimarca, Paesi Bassi e Repubblica ceca si sono sentiti in dovere di lanciare un appello agli altri partner affinché prendano “rapidamente decisioni politiche e stanzino finanziamenti per l’acquisto di munizioni di grosso calibro” nel 2025. Per Zelensky, molto più del Consiglio europeo, sarà decisivo l’incontro del quartetto organizzato oggi a Berlino tra Joe Biden, Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Keir Starmer.

Di più su questi argomenti: