Il racconto
“Domani ci divertiremo”. Il libro-show della dissoluzione estiva di Macron
“La surprise du chef” della redazione francese di politico (ECC) nasce dall'idea di raccontare le ultime elezioni in Francia e di "lasciare una traccia, di dettagliare ciò che è accaduto in quel mese folle”, come afferma Pauline de Saint-Rémy che ha coordinato il lavoro assieme alle altre firme della newsletter Playbook Paris
Sabato 8 giugno, vigilia dei risultati delle elezioni europee. Emmanuel Macron, alla cena di stato con gli altri leader del mondo, in occasione dell’ottantesimo anniversario dello sbarco in Normandia, è euforico, nonostante i sondaggi nefasti che danno il Rassemblement national trionfante. Attorno al tavolo, c’è anche il suo predecessore, il gollista Nicolas Sarkozy, con cui l’inquilino dell’Eliseo è solito scambiare opinioni e punti di vista sulla politica francese. Ma quella sera, curiosamente, Macron non evoca mai le elezioni europee: parla di tutto ma mai un solo istante della burrascosa quotidianità della République. Poi, a un certo punto, prima di salutarsi, l’inquilino dell’Eliseo dice a Sarkozy questa frase sibillina: “Domani ci divertiremo”.
E’ la vigilia della decisione che quest’anno ha sconvolto la vita politica francese, lo scioglimento dell’Assemblea nazionale annunciato da Macron alla ricerca di un “chiarimento” istituzionale, o meglio “La surprise du chef” (Denoël), titolo del libro appena sfornato dalla dinamica e informatissima redazione parigina di Politico Europe. “E’ la direttrice delle edizioni Denoël che ci ha spinto a scriverlo. Da molto tempo voleva fare qualcosa con noi perché ama il modo in cui raccontiamo le cose e quando c’è stato lo scioglimento ha insistito per concretizzare l’idea. Per riprendere le sue parole, è un ‘saggio di storia immediata’”, dice al Foglio Pauline de Saint-Rémy, capa del servizio politico di Politico, che ha coordinato il lavoro assieme alle altre firme di Playbook Paris, la newsletter sull’attualità francese.
“La surprise du chef” è il racconto palpitante, ora per ora, dei 28 giorni che hanno separato l’annuncio della dissoluzione, il 9 giugno, dal secondo turno delle elezioni legislative anticipate, il 7 luglio.
“Partendo dalle newsletter di quei giorni, abbiamo costruito un racconto con l’idea di lasciare una traccia, di dettagliare ciò che è accaduto in quel mese folle”, racconta Pauline de Saint-Rémy: un diario di bordo, molto fattuale, ma sempre con sfumature di leggerezza. Ma allora, questa decisione, come è stata presa? Dialogando con i suoi consiglieri più stretti? O da solo? “E’ un grande mistero e non c’è una risposta definitiva. Di certo, l’idea di uno scioglimento dell’Assemblea nazionale circolava da diversi mesi all’Eliseo”, racconta Élisa Bertholomey, una delle plume di Playbook Paris e contributor del libro. Alcuni hanno scritto che gli ispiratori della “dissolution” sono stati i consiglieri Clément Leonarduzzi, Jonathan Guémas, Bruno Roger-Petit e Pierre Charon, i quattro “scarafaggi”, come li bollò con disprezzo l’ex ministro dell’Economia Bruno Le Maire. “Ma riavvolgendo il nastro, indagando più in profondità, abbiamo scoperto che tutto è molto più brumoso. Certo, la questione era stata evocata con queste quattro figure, ma non sono stati necessariamente loro ad aver convinto Macron in maniera definitiva a prendere quella decisione”, sottolinea Bertholomey.
Gabriel Attal è uno degli ultimi a venire a conoscenza del piano dello chef, nonostante all’epoca fosse primo ministro. “Peggio ancora: lo viene a scoprire in maniera indiretta. Il 9 giugno, Alexis Kohler, segretario generale dell’Eliseo e braccio destro di Macron, chiama Emmanuel Moulin, capo di gabinetto di Attal, per dirgli che il presidente avrebbe annunciato lo scioglimento dell’Assemblea nazionale la sera stessa. Ed è Moulin che lo comunica a Attal, prima ancora di Macron”, racconta Bertholomey. In privato, il capo dello stato francese ripeteva a tutti: “Rimonteremo, rimonteremo, invertiremo la tendenza”. “Era convinto che la sua entrata in campagna avrebbe cambiato le cose, pensava di ottenere tra il 21 e il 22 per cento, e non il 14,60”, dice Pauline de Saint-Rémy. Così, Macron, ha voluto sorprendere tutti ancora una volta, con quella che l’intellettuale Raphaël Llorca ha definito la prima “dissolution Netflix” della Quinta Repubblica.