La guerra estesa

Il vantaggio di Kim Jong Un con la Russia è che ne sappiamo troppo poco

La risposta tiepida dell'Ue

Giulia Pompili

Pyongyang lancia un missile balistico record come "messaggio" all'America. Zelensky dice che le truppe nordcoreane al fronte con l'Ucraina hanno fatto saltare tutte le regole. Prove di destabilizzazione globale 

Taipei, dalla nostra inviata. “So che ci sono alcuni partner che sono molto scettici sui soldati nordcoreani sul campo ma è un loro problema, noi abbiamo i problemi veri, stiamo affrontando una guerra in cui non è più soltanto un paese contro di noi”.  Ieri in una conferenza stampa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha accusato la Nato (e con lei l’America, la Cina e il Sud globale) di non essere sufficientemente allarmata per le truppe inviate dal dittatore Kim Jong Un a sostegno della guerra di Putin, nonostante questa novità abbia aperto “una nuova pagina del conflitto”. Zelensky vorrebbe che la presenza di soldati nordcoreani facesse  saltare tutte le limitazioni che l’occidente si è dato sulla difesa dell’Ucraina, ma la cautela di questi giorni da parte della Casa Bianca ha a che fare anche con uno dei principali vantaggi strategici di Pyongyang: il gigantesco buco nero d’informazioni rappresentato dalla Corea del nord per le agenzie d’intelligence occidentali.

 


Un vuoto che dopo la pandemia e la chiusura ermetica dei confini si è addirittura allargato, con il risultato che prevedere le decisioni della leadership nordcoreana è sempre più difficile. Ieri il portavoce del Pentagono, Pat Ryder, ha detto che la presenza dei soldati nordcoreani nell’area russa di Kursk “è preoccupante”, ma rivela lo sforzo che sta affrontando la Russia pur di  rafforzare le sue linee del fronte: “Il fatto che ora debbano ricorrere a truppe straniere indica che ci sono seri dubbi sulla loro capacità di continuare a sostenere il loro fabbisogno di personale”. L’Unione europea qualche giorno fa ha annunciato ulteriori sanzioni economiche contro Pyongyang, una decisione che avrebbe ben poche conseguenze sul breve periodo e sulla minaccia immediata (e anche sul lungo periodo, a giudicare dall’arsenale nordcoreano). 

 


La stima ufficiale dei militari arrivati in Russia dalla Corea del nord si aggirerebbe attorno alle diecimila unità. Solo che a sentire gli analisti sudcoreani e i dati forniti dall’intelligence di Seul – la più attiva sul fronte nordcoreano – potrebbero essere molti di meno o anche moltissimi di più. Secondo alcuni studiosi di Corea del nord, Kim Jong Un potrebbe essere tentato dal mandare molti più uomini in momenti diversi, in modo da addestrare i suoi soldati sul campo con i loro armamenti e allo stesso tempo rendere la Russia ancora più in debito con Pyongyang, soprattutto se ci fossero delle vittime. Le famiglie dei soldati dei corpi speciali inviati in Russia secondo alcune fonti sarebbero state già isolate come ostaggi, in una pratica usata di frequente dal regime nordcoreano per evitare fughe di notizie e diserzioni di chi si trova lontano dal controllo nordcoreano. Uk Yang, analista militare dell’Asean Institute for Policy Studies, ha detto ieri alla Ynt che i loro calcoli sono per ora di dodicimila soldati nordcoreani inviati in Russia: “E’ la prima volta nella storia che la Corea del nord invia truppe su così larga scala”. Non sono molte, ma sufficienti per mettere sotto pressione la Difesa ucraina. Nel momento in cui fra le truppe nordcoreane dovessero esserci dei morti, Mosca non potrebbe più dire di no a Pyongyang sul trasferimento di tecnologie nucleari e missilistiche, ha detto Uk Yang. 

 


Ma i misteri sulle prossime mosse di Pyongyang e del regime guidato da Kim Jong Un sono troppi: fino a due giorni fa in molti smentivano la possibilità della presenza di nordcoreani sul fronte, e invece ieri è stato il governo di Seul a dire che potrebbero essere già lì. L’incertezza preoccupa la Corea del sud e i suoi alleati, soprattutto l’America. Ieri l’agenzia di intelligence della Difesa di Seul ha spiegato ai parlamentari sudcoreani, in una riunione a porte chiuse, che ritiene possibile il lancio di un missile balistico intercontinentale o il settimo test nucleare subito prima o subito dopo il giorno delle elezioni americane, martedì prossimo. Secondo l’agenzia, che studia soprattutto le immagini satellitari, i lavori di preparazione nel tunnel numero 3 del sito nucleare nordcoreano di Punggye-ri sarebbero completi, e un lanciatore per missili balistici sarebbe pronto al lancio.

 

Poche ore dopo, le previsioni dell'agenzia sono state confermate: alle 7:10 di questa mattina (ora locale) la Corea del nord ha lanciato quello che secondo le Forze armate sudcoreane è il missile balistico intercontinentale che ha viaggiato più a lungo mai lanciato da Pyongyang. Il missile avrebbe volato per circa 86 minuti percorrendo circa mille chilometri con un apogeo di circa settemila chilometri. Il leader Kim Jong Un ha detto all'agenzia di stampa di regime, la Kcna, che il lancio serve a “comunicare la nostra determinazione agli avversari”, un messaggio insomma in risposta al rafforzamento del coordinamento di Difesa fra Seul, Washington e Tokyo – che subito dopo il lancio hanno avuto una riunione trilaterale d'emergenza.

Nel frattempo la diplomazia si muove molto velocemente: ieri la ministra degli Esteri nordcoreana, la potente Choe Son Hui, è arrivata a Mosca per tenere colloqui “strategici” con il suo omologo russo Sergei Lavrov. Martedì scorso c’è stata una conversazione telefonica fra Zelensky e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, secondo il quale le Forze armate nordcoreane che acquisiscono esperienza in Ucraina rappresentano una seria minaccia per la sicurezza anche della penisola. Il governo sudcoreano sta per mandare a Kyiv una squadra dell’intelligence ufficialmente per “monitorare la situazione”, ma secondo diverse fonti ascoltate dal Foglio il personale sudcoreano avrebbe il preciso compito di interrogare eventuali prigionieri di guerra catturati dalle Forze armate ucraine. L’opposizione del governo conservatore sudcoreano ha minacciato Yoon di mettere sotto impeachment il suo ministro della Difesa Kim Yong-hyun – un falco anti Pyongyang – per aver mandato “soldati sul campo” ucraino senza l’autorizzazione del Parlamento. 

 

Questo articolo è stato aggiornato alle 7 di questa mattina con il lancio del missile balistico intercontinentale da parte della Corea del nord


E in questo buco nero delle informazioni, in un mare di incertezze, l’altro grande mistero resta la Repubblica popolare cinese: il leader Xi Jinping potrebbe non essere d’accordo con questo patto di sangue in corso fra Putin e Kim Jong Un, considerando la Corea del nord un protettorato cinese. Ma il mondo è già cambiato, e i pattern del passato non funzionano più: Xi potrebbe chiudere un occhio nella prospettiva di avere sostegno in una futura guerra contro l’America. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.