l'anti vertice

La Conferenza sulla sicurezza di Minsk con l'Ungheria tra i partecipanti

Micol Flammini

L'evento è il contraltare della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, dal palco il ministro degli Esteri russo Lavrov ha detto che la Nato deve tornare ai confini del 1997 e l'Ungheria era nel pubblico. Vertici, consessi, appuntamenti del mondo parallelo

L’Ungheria è una porta: si entra in Unione europea e poi attraverso Budapest si varca la soglia di un mondo parallelo con istituzioni diverse e un programma solido: essere l’alternativa alla guida occidentale. L’Ungheria però fa parte dell’occidente, è un paese membro dell’Unione europea e anche della Nato, allo stesso tempo mantiene legami assidui con l’altro mondo attraverso un rapporto sempre più stretto con Russia e Cina. Ieri, il ministro degli Esteri di Budapest Péter Szijjártó è uscito dalla porta europea ed è volato  in Bielorussia, per prendere parte alla seconda conferenza internazionale di Minsk sulla Sicurezza eurasiatica, un incontro presentato come l’anti Conferenza sulla sicurezza di Monaco, che non è mai stato un evento aperto soltanto all’occidente ma a tutte le potenze internazionali nel nome del dialogo. 

A Minsk, il padrone di casa è stato il dittatore Aljaksandr Lukashenka che ha esordito parlando del doppio standard democratico: “C’è una democrazia per uso interno e una per uso esterno. Quali valori democratici possono spiegare gli sviluppi in medio oriente e in Ucraina? E’ democratico cercare di eliminare fisicamente una persona che gli Stati Uniti e i suoi satelliti considerano una minaccia? … E’ una tendenza democratica minacciare i capi di stato con la Corte penale internazionale? … Come dovremmo considerare invece gli attacchi ad António Guterres per aver partecipato al vertice Brics, un gruppo di paesi che contribuisce per quasi il 40 per cento al pil mondiale?”. Mentre Lukashenka parlava, Szijjártó era seduto in prima fila e l’esercito russo bombardava l’Ucraina, come ogni giorno, con una foga particolare contro la città di Kharkiv, dove è stato colpito un edificio residenziale. La Conferenza di Minsk è stata presentata come il vertice sulla sicurezza che ha come perno i paesi della Csto, l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva di cui fanno parte Russia, Bielorussia, Armenia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, nata come un’alleanza difensiva e chiamata, per semplificazione, la Nato di alcuni paesi dell’ex blocco sovietico. L’Ungheria, che fa parte dell’Alleanza atlantica, ha poco a che fare con la Csto, ma questa settimana, anziché sedersi al tavolo con alcuni funzionari della Nato a Budapest per parlare di legami con Russia e Cina in una riunione organizzata per mercoledì, ha preferito prendere parte alla Conferenza di Minsk. 

Mosca e i suoi alleati procedono per vertici e controvertici, l’incontro dei Brics a Kazan della scorsa settimana è stato organizzato per segnalare la capacità attrattiva di Mosca e per contrapporlo con i paesi del G7. A Kazan Vladimir Putin ha lanciato il messaggio che il dollaro ormai è morto, la propaganda della televisione di stato ha ripreso la notizia mostrando l’immagine di una conferenza stampa in cui a Janet Yellen, segretaria del Tesoro americano, veniva posta la domanda sulla fine del dollaro e proprio mentre si apprestava a rispondere il tonfo dello stemma caduto dal leggio da cui parlava ha interrotto le sue parole, dando ai propagandisti di Mosca l’opportunità di cogliere nella scena il presagio dei tempi duri per gli Stati Uniti e i loro alleati. Ogni mossa di Russia e Cina serve a mostrare che esiste un mondo alternativo e a dare l’impressione che questo mondo sta vincendo, ha tutta la forza necessaria per contrapporsi all’occidente. L’Ungheria si è messa in mezzo ai due mondi ed è diventata ormai un ostacolo preoccupante per quello occidentale e un esempio per quello a guida russo-cinese che celebra in Budapest e nel suo primo ministro Viktor Orbán la strada per un nuovo approccio nell’universo tra le alleanze. Orbán ha molti estimatori e seguaci: questa settimana in Georgia, durante la sua visita postelettorale, è diventato il padrino del governo georgiano accusato di brogli e che dice di voler portare Tbilisi nell’Unione europea attraverso una strada alternativa fatta di “pace e dignità”. Anche dentro all’Unione europea, Orbán ha i suoi imitatori, primo  fra tutti il primo ministro della Slovacchia, Robert Fico. Questa settimana, Fico è stato ospite della conduttrice russa Olga Skabeeva sul primo canale della televisione russa, collegato da Bratislava ha criticato gli alleati dell’Ucraina che continuano a inviare armi anziché sedersi al tavolo per trattare e parlare di pace, ha criticato le sanzioni antirusse e infine, la conduttrice, con un gran sorriso sul volto, ha concluso i sessanta minuti di intervista invitando Fico ad andare a Mosca per il Giorno della vittoria e celebrare l’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. 

Con Szijjártó dentro la stanza della Conferenza di Minsk, il ministro degli Esteri russo Lavrov ha preso la parola. Dal palco dell’evento, il ministro degli Esteri russo è tornato sulle condizione presentate da Mosca prima dell’invasione dell’Ucraina, quando nel dicembre del 2021 il Cremlino chiese come garanzia di sicurezza da parte della Nato il ritiro dai confini del 1997. L’Ungheria è tra i paesi entrati nell’Alleanza atlantica dopo il 1997. Budapest non ha mai detto se sarebbe d’accordo o meno ad accettare la richiesta di Mosca. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)