Intanto nello spazio
Trump e Harris sulla Luna. Cosa cambierà nelle politiche spaziali
Uno spazio più flessibile, più commerciale più veloce e al contempo molto meno incentrato sulla Nasa, se dovesse vincere l'ex presidente. Uno spazio più scientifico, con più regole e più atto alla lotta al cambiamento climatico, se dovesse vincere la candidata democratica
C’è un settore, un’economia e un mercato che potrebbe non subire così tanto gli effetti delle elezioni americane della prossima settimana, ed è quello delle attività spaziali. Durante la sua prima presidenza (2017-2021), Donald Trump è stato uno dei presidenti americani più attivi nel cambiare il settore spaziale, almeno negli ultimi trent’anni. Questo è ovviamente dovuto al fatto che in orbita gli equilibri sono cambiati, e molto è avvenuto proprio a partire da quegli anni. In ogni caso non si vedeva da tempo una presidenza americana che in soli quattro anni, ha rifondato una nuova Forza armata, la Space Force (Space Policy Directive, 4 febbraio 2019); ha creato il programma Artemis (Space Policy Directive, 1 dicembre 2017); ha riaperto il National Space Council, chiuso nel 1983 (ordine esecutivo 13.803 del 30 giugno 2017).
Nel complesso Trump durante i suoi quattro anni di presidenza ha firmato sei direttive sullo spazio, firmato due ordini esecutivi relativi allo spazio, e redatto nel 2018 la National space strategy. Queste sono state tutte mosse su cui poi si è basata la crescita del settore spaziale commerciale americano. L’altro focus di Trump, per molto tempo, è stato quello di ridurre i programmi di esplorazione spaziale scientifica della Nasa, un’agenzia che per tutti i suoi quattro anni di presidenza ha ricevuto dal Congresso più soldi di quelli che chiedeva il governo.
Un segnale importante, per far capire quanto queste politiche siano bipartisan, è che nessuna di queste space policy è stata cambiata durante la presidenza di Joe Biden. L’attuale vicepresidente, Kamala Harris, è, per una piccola ma ironica coincidenza, a capo del National Space Council che fu reintrodotto dallo stesso Trump. Lei stessa ha dovuto fare i conti molte volte con le dinamiche delle politiche spaziali. Harris è stata per esempio l’autrice di un memorandum per vietare i test antisatellite, dopo che la Russia ne eseguì uno nel 2020, distruggendo un proprio satellite e creando una nube di detriti. Ha creato un comitato per istituire nuove norme nel settore spaziale, e ha spinto per il finanziamento delle missioni spaziali scientifiche della Nasa (seguendo la politica dell’Amministrazione Biden ovviamente).
L’attesa degli osservatori del settore pare essere quindi che la linea politica americana nello spazio rimanga abbastanza costante. Con qualche sfumatura, per esempio spingere per l’esplorazione della Luna con il programma Artemis potrebbe avere più urgenza nel caso in cui vinca Trump o meno con Harris. Ma la sua architettura e finanziamento non dovrebbe variare molto. Si continuerà la politica, iniziata da Biden, per spostare le attività umane in orbita terrestre bassa dalla Stazione spaziale internazionale alle stazioni private commerciali, e continuerà l’espansione internazionale (anche questa iniziata da Trump e continuata sotto Biden) del programma Artemis anche in ottica anticinese. Nelle sue politiche spaziali Trump dovrà poi affrontare l’incognita Elon Musk, dopo il sostegno concreto dell’imprenditore milionario nella sua campagna elettorale. E’ stato detto da entrambi che se Trumo sarà presidente darà a Musk la guida di un ufficio per l’efficientamento governativo, una sorta di agenzia atta al rendere la burocrazia più flessibile.
Un motivo in più per aspettarci uno spazio più flessibile, più commerciale più veloce e al contempo molto meno incentrato sulla Nasa, se dovesse vincere Trump. Uno spazio più scientifico, con più regole e più atto alla lotta al cambiamento climatico, se dovesse vincere la Harris. Ciò che rimarrà quasi sicuramente un focus di entrambe le amministrazioni è riportare gli astronauti sulla Luna, e forse questo dice già molto su questa nuova corsa allo spazio dell’Umanità.
L'editoriale del direttore