In attesa

L'America si presenta al voto un po' a brandelli

Paola Peduzzi

Cassette dei voti incendiate, minacce, poche protezioni, bolle mediatiche sempre più distanti e ostili. Conversazione con Axios, nella safe zone

Donald Trump dice di essere in vantaggio nell’early voting, il numero di repubblicani registrati che hanno già votato è molto più alto rispetto al passato, così Elon Musk può esultare sul suo X dicendo che persino nel bluissimo New Jersey si rischia di vincere, distorcendo così ancora un po’ il racconto di questa campagna elettorale in pareggio, e quindi indecifrabile. Intanto nello stato di Washington e in Oregon hanno preso fuoco delle urne in cui erano già stati depositati i voti, le autorità hanno aperto un’inchiesta sugli incendi dolosi e intanto ricontattano tutte le persone che possono aver votato in quelle zone con un’email che dice: se pensi che il tuo voto sia andato distrutto, chiamaci così potrai rivotare (in questi due stati si vota esclusivamente via posta).

Si tratta di episodi piccoli, ma anche le cassette con la scritta “Official ballot drop box” sparse in tutta America non sono più soltanto delle cassette, degli utili strumenti per agevolare il voto, sono al centro di teorie del complotto che risalgono al 2020, l’elezione che secondo i trumpiani sono state rubate dal Partito democratico: avendo lasciato impunito l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 e avendo permesso che si sedimentasse l’idea che la vittoria di Joe Biden non c’è mai stata, era un imbroglio,  ogni urna per le strade può diventare una miccia. “La preoccupazione per le violenze post elettorali è molto alta – dice Nicholas Johnston, che è stato il primo direttore del sito Axios e oggi ne è publisher – ma stiamo scoprendo che dobbiamo preoccuparci anche di quel che accade in questi giorni prima dell’Election day, prima del conteggio, perché la disinformazione è molto peggiorata rispetto a quattro anni fa, molti guardrail che c’erano allora sono crollati soprattutto sui social e soprattutto su X, da quando è diventato di proprietà di Musk: la contestazione dei risultati è già iniziata, pure senza risultati”.

Disinibito Musk e disinibito Trump, non ci sono freni, così l’ex presidente può dire parlando di Liz Cheney, ex deputata “molto stupida” del Partito repubblicano che fa campagna con Kamala Harris: “E’ una falca della guerra. Mettiamola con un fucile lì in piedi con nove canne di fucile puntate, ok? Vediamo come si sente, con le pistole puntate in faccia”. Ma non ci sono nemmeno più le barriere di protezione. Johnston non è preoccupato tanto dalle contestazioni – “ho iniziato a fare il giornalista alle elezioni del 2000, ve le ricordate sì?” – ma dal fatto che “ci sono delle distanze molto grandi tra le varie bolle informative e non c’è più nessun ponte riconosciuto in modo collettivo a unirle”. Così le realtà parallele non possono più non soltanto coincidere, ma nemmeno mantenere qualche contatto, e la risoluzione dei conflitti, inevitabili, si fa remota.

Johnston cita una definizione che hanno fornito i mitici fondatori di Axios, Mike Allen e Jim VandeHei, talenti del giornalismo americano da molti anni: “L’attenzione mediatica si è frantumata in tantissimi pezzi, lo chiamiamo il fenomeno delle ‘schegge di vetro’. Funziona così: ci sono molti media, ognuno con un suo punto di vista e con un suo pubblico, e questi universi, piccoli o grandi che siano, si separano l’uno dall’altro ogni giorno di più con il risultato che non c’è più una verità condivisa. Parliamo di ‘schegge di vetro’ perché non sono indolori, hanno un impatto sul discorso pubblico e quindi anche sulla capacità di un paese di stare unito”. Questo significa che “il posto in cui cerco le notizie, le voci di cui mi fido e i temi che seguo potrebbero essere completamente diversi dalla persona seduta qui di fianco a me mentre sto viaggiando”, e poiché manca un tessuto connettivo e ci sono schegge di vetro, più o meno appuntite, sparse ovunque, la condivisione delle opinioni è diventata molto difficile, “ma lo stesso vale anche per la condivisione della realtà”.

Nel 2016  questo fenomeno era all’inizio e riguardava per lo più le ads su Facebook (oltre alle ingerenze della Russia, che ci sono anche quest’anno assieme a quelle cinesi e iraniane: è andato tutto così storto, che se ne parla meno di Musk) ma proprio l’incapacità di raggiungere certe sacche di elettori portò al ribaltamento delle previsioni e alla vittoria di Trump. Otto anni dopo, ci sono  così tante bolle informative e così pochi ponti che con la sua conversazione con Joe Rogan (33 milioni di visualizzazioni nel fine settimana in cui il podcast è stato pubblicato) Trump ha raggiunto più elettori (maschi, in particolare) di quanti ne avrebbe raggiunti con decine di interventi su Fox, Cnn e Msnbc messe assieme. Così Harris, partecipando al podcast “Call her daddy” di Alex Cooper ha raggiunto più elettori (donne, in particolare) che intervenendo nelle trasmissioni di punta di Abc e Cbc. “Questo è il contesto ora – dice Johnston – molte bolle, nessun ponte e un’informazione blurred, confusa e offuscata dalle bugie”. Axios cerca di rimanere “un’area sicura” per chi cerca strumenti per interpretare la realtà, più idee che opinioni, molti numeri e documenti: “Non si tratta di stare un po’ di qui e un po’ di là, ma di indicare una via per orientarsi”. Un ponte tra le schegge, ma nella nebbia e nel rumore.
 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi