Femministe mute

La battaglia di Ahoo è anche la nostra, ma qui si manifesta solo per i pronomi

Anna Paola Concia

Un video mostra la giovane studentessa iraniana che si spoglia in piazza sfidando il regime. Ma in occidente alcune femministe si girano dall'altra parte

Ahou Daryaei, la giovane studentessa iraniana, si è spogliata in una piazza e ha sfidato il regime iraniano. E’ stata arrestata e non si sa nulla di lei. Il suo gesto ha fatto il giro del mondo. E’ una eroina? Sì, un eroismo che noi donne occidentali possiamo solo immaginare, avendo letto sui libri le rivolte delle tante donne che nei secoli dei secoli hanno lottato contro la repressione maschile che, attraverso la religione, ha soffocato la libertà femminile e i corpi delle donne. Ma siamo nel 2024, e in Iran è in atto una vera guerra impari tra un regime inferocito e le giovani donne che da due anni, a mani nude, si ribellano, lo sfidano pagando con la vita la loro rivolta. Vogliono essere libere, libere come noi.

 

E qui viene un punto dolente, perché se da una parte il video che ritrae Ahoo Daryaei senza veli è stato condiviso migliaia di volte sui social a sostegno della battaglia sua, di Mahsa Amini e di tanti giovani iraniani, c’è un silenzio assordante di alcune femministe che si girano dall’altra parte, che se ne fregano delle eroine vere, quelle non hanno tempo da perdere con gli asterischi. Sono alcune “femministe” occidentali molto rumorose e coccolate che contestualizzano, che difendono il velo, che negano gli stupri del 7 ottobre, che se ne fregano delle condizioni delle donne palestinesi, che considerano quella di Hamas una guerra di resistenza e arrivano a sostenere che “da fonti iraniane” giunge voce che la ragazza sia pazza, nella migliore tradizione maschilista: le donne fuori dalla norma sono pazze. Però non sia mai con loro a sbagliare un pronome, scendono in piazza, loro, per un pronome.

 

Che sproporzione, che perdita di senso della realtà! Sono una femminista universalista e quello che succede alle donne iraniane mi riguarda, come quello che succede alle donne palestinesi, alle donne libanesi, alle donne russe, alle donne ungheresi, a tutte quelle donne che vivono sotto dittature e autocrazie. La battaglia delle ragazze e dei ragazzi iraniani ci riguarda perché il regime di Khameneiī vuole la distruzione dell’occidente attraverso quella di Israele. La battaglia di libertà delle giovani come Ahoo e Mahsa dovrebbe essere la battaglia di tutte noi donne occidentali, che le nostre conquiste (mai abbastanza) le abbiamo realizzate, per fortuna, senza spargimenti di sangue. Vogliono la nostra stessa libertà, ma per averla sono disposte a morire. Vogliono essere come noi, ma c’è chi in occidente sembra odiare più le libertà conquistate che i carnefici iraniani.

 

Sono scesa in piazza tante volte a Francoforte, dove la comunità iraniana contraria al regime è molto forte, e continuerò a farlo lì, insieme a tante donne tedesche, perché forse lì, più che in Italia, un po’ di senso della realtà e della posta in gioco, rimane. E infine, vorrei che i governi europei trovassero un po’ di coraggio e chiedessero conto al regime iraniano delle sorti di Ahoo Daryaei e dei tanti giovani ammazzati, un regime che ammazza i suoi figli. Per non parlare dell’Onu, che forse, non vuole disturbare un regime amico.

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