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L'editoriale dell'elefantino

Il rischio che la macchina infernale di Trump si avvii dopo il voto

Giuliano Ferrara

In caso di sconfitta dell'ex presidente, la sfida sarà scongiurare un altro 6 gennaio. La scopo del tycoon non è andare a riequilibrare la democrazia liberale, ma è andare a trasformare tutto ciò che si oppone alla sua dottrina in un nemico da cancellare

Tra le imposture infinite che con sfumature inquietanti riguardano il profilo di Donald Trump ce n'è una che più delle altre merita di essere messa a fuoco e che ha a che fare con quello che è uno dei grandi cavalli di battaglia dei follower dell'ex presidente degli Stati Uniti, e speriamo che quell'ex rimanga anche nelle prossime ore, dopo l'esito del voto americano di questa notte. Il cavallo di battaglia coincide con un'affermazione rotonda e roboante fatta propria in questi anni da Trump e il tema chissà quante volte avrà fatto capolino sui vostri palinsesti e sulla vostra timeline. Sintesi estrema. Trump lo si può criticare quanto si vuole su innumerevoli argomenti. Ma la sua lotta contro il politicamente corretto è sacrosanta e andrebbe sostenuta anche da chi non si considera un suo sostenitore.

 

Da un certo punto di vista non c'è dubbio che l'ascesa di Trump sia legata anche agli effetti generati dalla diffusione pervasiva del politicamente corretto negli Stati Uniti. Ma gli ultimi otto anni di trumpismo, quattro alla Casa Bianca e quattro all'opposizione, sono una testimonianza vivente e nitida della presenza di una clamorosa impostura sotto la voce Trump vaccino contro il politicamente corretto. La lotta sana contro il politicamente corretto, contro la cancel culture, contro il wokismo, contro l'affermazione di un pensiero unico che tende a bannare, eliminare e rimuovere tutti coloro che non si adattano al perbenismo intollerante del pensiero unico progressista è una lotta il cui fine quando questo è genuino non è solo ristabilire un equilibrio tra ciò che si può dire e ciò che non si può dire ma è una lotta il cui fine è quello di ristabilire i giusti confini della società aperta, e delle democrazie liberali, evitando che vi sia una forma di estremismo tale da far diventare una bolla lontana dalla nostra come una bolla da cancellare al più presto.

 

Non c'è dubbio che il populismo trumpiano sia un nemico giurato del wokismo, per dire, ma non c'è neppure alcun dubbio su un fatto speculare. Ovvero sia che la lotta contro il politicamente corretto di Trump è una lotta il cui fine non è andare a riequilibrare la democrazia liberale ma è andare a trasformare tutto ciò che si oppone alla sua dottrina in un nemico non solo da combattere, da fronteggiare, ma da cancellare, da rimuovere, in alcuni casi persino da arrestare. Al contrario dunque delle battaglie sane contro la cancel culture, contro il pensiero unico, contro il wokismo, le battaglie di Trump non hanno come obiettivo numero uno quello di rafforzare i così detti valori liberali incarnati dall'America ma hanno come obiettivo principale quello di legittimare tutti coloro che dalle posizioni più varie – complottisti, estremisti, populisti, golpisti, dittatori, propalatori di fake news, teorici delle verità alternative – possono essere considerati alleati utili a scardinare le impalcature liberali che avrebbe permesso in questi anni al politicamente corretto di diffondersi nel mondo. In questo senso, quella che Trump offre quando promette di utilizzare l'esercito contro i nemici, quando promette di arrestare chi gli ha remato contro nella giustizia americana, quando sostiene che non sarebbe dispiaciuto se qualcuno sparasse addosso ai media infedeli, quando ammette che sarebbe pronto a liberale i patrioti che hanno assediato Capitol Hill il sei gennaio di tre anni fa per non riconoscere la vittoria di Biden, quando dice che avrebbe voluto avere dei generali fedeli a lui come lo erano quelli che aveva a disposizione Hitler, non è una polarizzazione, un banale scontro tra due modi diversi di osservare il mondo, destra o sinistra, democratici o repubblicani.

 

E' qualcosa di più. E' l'uscita da un confine, è la trasformazione del caos nell'unica ribellione possibile all'ordine prestabilito, è il tentativo di combattere il wokismo, il politicamente corretto, la cancel culture non difendo la grandezza dell'occidente libero ma difendo una forma di libertà precisa, la libertà di essere estremisti, con un'altra forma di cancellazione, che questa volta non ha come obiettivo l'eliminazione di un pensiero sgradito ma più semplicemente gli ingranaggi non negoziabili della democrazia liberale, e di quella più importante del mondo. Dita incrociate e viva l'America che apre gli occhi di fronte agli impostori della libertà.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.