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L'analisi della sconfitta

Middle class, latinos e Shapiro: così Harris ha perso lo stato cruciale della Pennsylvania

Giulio Silvano

Qui i due candidati avevano speso mezzo miliardo di dollari solo in pubblicità elettorali. Entrambi avevano passato più tempo in questo stato che negli altri, sapendo che si giocavano quasi tutto tra Harrisburg e Scranton, come già in parte era stato nelle ultime elezioni

Washington. “What’s the matter with Kansas?”, Che problema ha il Kansas?, è il titolo di un libro di vent’anni fa che cerca di capire la nascita dell’anti-elitismo e populismo nello stato più midwest di tutti. Oggi, passati due decenni con in mezzo la cometa Barack Obama bisogna chiedersi: What’s the matter with Michigan? E What’s the matter with Georgia? Ma soprattutto: What’s the matter with Pennsylvania? “Chi vince la Pennsylvania vince tutto”, si diceva alla notte elettorale tra studi tv e watch party nei bar. “Aspettiamo la Pennsylvania a darci per vinti”, dicevano i supporter di Kamala Harris. E infatti Donald Trump, ex e futuro presidente, settantottenne che ha tentato un goffo colpo di stato quattro anni fa, ha aspettato che la Pennsylvania si tingesse di rosso per salire sul palco a Palm Beach a festeggiare e salutare la sua famiglia e i suoi fan con Elon Musk e Nigel Farage e parenti di Jair Bolsonaro.

 

Poche ore prima l’establishment repubblicano, guidato dallo speaker della camera Mike Johnson, era partito per la Florida, sentendo odore di vittoria. La Pennsylvania l’ha certificata. Anche alla Howard University, nel dietro le quinte di quella che doveva essere la festa democratica, Harris aspettava qualche dato in più sulle contee intorno a Pittsburgh e Philadelphia prima di salire sul palco – cosa che poi non ha fatto. Una volta allocati i 19 voti elettorali del Keystone State, il battleground state per eccellenza, a Trump, questa campagna intensissima, lunghissima per Trump e brevissima per Harris (era la candidata dem solo da agosto) è finita. Il blue wall (Michigan, Pennsylvania e Wisconsin) non ha retto. L’ultima notte prima del voto Harris aveva deciso proprio di passarla lì, al Museo d’arte di Philadelphia, nelle ultime ore in cui c’era ancora entusiasmo  prima della valanga rossa. 

 

Qui Harris e Trump avevano speso mezzo miliardo di dollari solo in pubblicità elettorali. Entrambi avevano passato più tempo in Pennsylvania che negli altri stati, sapendo che si giocava quasi tutto tra Harrisburg e Scranton, come già in parte era stato nelle ultime elezioni. Qui Trump aveva vinto nel 2016 per 44 mila voti (+ 0,72 per cento) contro Hillary Clinton. E nel 2020 Joe Biden, originario dello stato, aveva vinto con 80 mila voti su Trump (+ 1,2 per cento). Trump questa volta ha puntato ancora di più sulla sua base, sulle zone rurali, ed era proprio a Butler, in uno dei suoi mille comizi che Thomas Matthew Crooks aveva provato a ucciderlo, ferendolo a un orecchio e creando una delle immagini più potenti – pugno alzato e sangue in volto, “Fight, fight fight!”. Harris aveva puntato sui sobborghi più sofisticati, posizionandosi come una guerriera per la middle class, e poi sulle città, solita Ztl dem.

 

Ma anche nelle zone urbane questa volta Trump è riuscito a prendere terreno. E poi ci sono i latinos: l’elettorato ispanico in Pennsylvania è di quasi 600 mila persone, ed entrambi i candidati l’hanno corteggiato, soprattutto i dem. Harris sperava di avere gli ispanci in pugno dopo le infelici battute su Puerto Rico “isola spazzatura” fatti al comizio newyorkese di Trump, ma così non è stato. A non aiutare sicuramente i dem, c’è la progressiva immagine di un partito che sembra concentrarsi sulle identità – di genere, soprattutto – e sulla lotta per un aborto accessibile e che non si sposa bene con il cattolicesimo del proletariato ispanico, mettendo economia e lavoro al secondo o terzo posto.

 

Tre settimane prima del voto alcuni ebrei democratici si erano incontrati in privato a Philadelphia con la campagna di Harris dicendo che si stavano facendo grossi errori. Le persone inviate a comizi ed eventi non erano abbastanza radicate lì, c’era troppa distanza tra loro e i funzionari e i politici locali. Anche non aver scelto Josh Shapiro, governatore dem, ebreo, eletto nel 2022, come candidato vicepresidente, secondo alcuni è stata una mossa azzardata, perché avrebbe potuto aiutare a vincere lo stato. Trump ha puntato molto sulle zone rurali, e sugli spot che parlavano di come Harris avrebbe usato i soldi dei contribuenti per dei programmi di transizione di genere negli ospedali pubblici. 

 

I dem dovrebbero chiedersi: perché siamo diventati il partito delle drag queen alle feste della Casa Bianca e non il partito degli operai? O almeno, perché siamo percepiti come tali? Anche il senatore dem in felpa John Fetterman dello stato, che nel 2022 era riuscito a vincere contro un candidato dell’alt-right facendo leva sui lavoratori, ha riconosciuto che sente l’energia che scorre tra Trump e il popolo della Pennsylvania. “Si sente”, ha detto.