L'Unione europea si muove troppo lentamente verso Draghi. L'attesa di Trump
L’elezione del candidato repubblicano ha costretto i leader europei ad aprire gli occhi sulla realtà delle “debolezze dell’Ue”, ma il clima politico non è quello delle svolte
Bruxelles. Nell’Unione europea forse qualcosa inizia a muoversi sulla competitività e come finanziarla, ma troppo lentamente a causa delle profonde divisioni che permangono sui dettagli di cosa fare. I capi di stato e di governo hanno adottato la dichiarazione di Budapest, il documento per lanciare un nuovo Patto europeo per la competitività, ispirato dal rapporto di Mario Draghi, che ha partecipato alla discussione con gli altri leader. Con la situazione economica attuale dell’Ue e dopo le elezioni negli Stati Uniti che riportano Donald Trump alla Casa Bianca, “quello che l’Europa non può più fare è posporre le decisioni”, ha avvertito Draghi prima dell’inizio del Consiglio europeo informale. Durante la riunione i leader dei paesi “frugali” hanno rinunciato a opporsi a una frase della dichiarazione di Budapest che potrebbe prefigurare nuovi strumenti di debito comune per finanziare una parte degli 800 miliardi di euro l’anno che, secondo il rapporto Draghi, sono necessari per la doppia transizione verde e digitale e la difesa europea. “Esploreremo lo sviluppo di nuovi strumenti” di finanziamento a favore della competitività, dice il documento. Sulla Difesa i leader sono tornati a chiedere alla Commissione di “presentare senza ritardi opzioni sviluppate per finanziamenti pubblici e privati”. In conferenza stampa, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che finora si era opposta a qualsiasi forma di nuovo debito comune, è sembrata aprire, ma solo per il settore militare se i vantaggi sono “di gran lunga” superiori a livello dell’Ue che a livello nazionale.
L’elezione di Trump ha costretto i leader europei ad aprire gli occhi sulla realtà delle “debolezze dell’Ue”, spiega al Foglio una fonte che ha assistito alla discussione. “Il gap con gli Stati Unti è gigantesco” in diversi settori. Draghi lo ha ribadito ieri. Le indicazioni del suo rapporto “sono diventate ancora più urgenti dopo le elezioni negli Stati Uniti. Non c’è alcun dubbio che la presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa”. Trump “darà grande impulso ulteriore al settore tecnologico”, dove il ritardo dell’Ue è già ampio, ma al contempo “proteggerà le industrie tradizionali che sono proprio le industrie dove noi esportiamo di più negli Stati Uniti”, ha spiegato Draghi. “Dovremo negoziare con l’alleato americano, con uno spirito unitario in maniera tale da proteggere anche i nostri produttori europei”. Secondo l’ex presidente della Bce, ulteriori rinvii per ragioni politiche non sono possibili. “Come avete visto in tutti questi anni si sono posposte tante decisioni importanti perché aspettavamo il consenso. Il consenso non è venuto. E’ arrivato solo uno sviluppo più basso, una crescita minore, oggi una stagnazione”, ha detto Draghi. Non necessariamente si deve partire dal debito comune. “E’ indispensabile ma non è la prima cosa. Quello che il rapporto dice è che ci sono moltissime altre decisioni che si possono prendere senza affrontare immediatamente il problema del finanziamento pubblico comune”, ha detto Draghi. “Combattere la frammentazione del mercato unico e dei mercati dei capitali” è più urgente.
Il clima politico nell’Ue non è quello delle svolte. L’implosione della coalizione di Olaf Scholz in Germania, con i tempi necessari ad andare a elezioni anticipate e a formare un nuovo governo, rischia di portare alla paralisi delle istituzioni comunitarie. Al termine del vertice di Budapest, Scholz è tornato a frenare su nuovi strumenti di debito comune. “I soldi ci sono, devono solo essere incanalati come negli Stati Uniti nella crescita delle aziende. E questa è la sfida centrale per la futura Commissione europea”, ha detto il cancelliere tedesco. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha riconosciuto che “non c’è un consenso spontaneo sull’argomento”. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha spiegato che i leader sanno “cosa dobbiamo fare”, ma “la questione delle risorse è certamente la questione che va affrontata perché sappiamo che gli investimenti necessari per fare tutte le cose che vorremmo fare sono molti”. In realtà, oltre che sui soldi, anche su alcuni temi chiave come l’unione dei mercati dei capitali o l’unione dell’energia non c’è un consenso tra i ventisette su come procedere. A Budapest la strategia dell’Ue di sostegno all’Ucraina si è indebolita. Von der Leyen ha promesso che la Commissione presenterà delle proposte sul rapporto Draghi solo a giugno del 2025. Dopo le elezioni in Germania e dopo la formazione del nuovo governo a Berlino.
L'editoriale dell'elefantino