L'editoriale del direttore

Non è tifo, è caccia all'ebreo. Cosa ci dice il pogrom di Amsterdam

Claudio Cerasa

Quello che è andato in scena ad Amsterdam è la concretizzazione del sogno per cui combattono da mesi i terroristi islamisti in medio oriente: l’esportazione di una forma inarrestabile di intifada globale

Non è calcio: è antisemitismo. Non è tifo: è caccia all’ebreo. Non è un affare tra ultras: è, semplicemente, il ritorno dei pogrom nel cuore dell’Europa. Nella notte tra giovedì e venerdì, fra le strade di Amsterdam, subito dopo la partita di Europa League tra l’Ajax e il Maccabi Tel Aviv, una folla di filopalestinesi, intorno a mezzanotte, ha attaccato i tifosi di calcio della squadra isrealiana, aggredendo centinaia di persone mentre tornavano ai loro alberghi dallo stadio. La folla era armata di coltelli, e non solo, e si è mossa seguendo un metodo scientifico, programmato, organizzato, servendosi anche di una certa compiacenza delle forze dell’ordine olandesi, che non hanno scortato i tifosi verso i loro alberghi, e lo hanno fatto seguendo un copione preciso: hanno deciso di risparmiare le violenze a tutti coloro che, una volta trovatisi dinanzi alla furia cieca degli antisemiti, fossero in grado di dimostrare di non essere ebrei.

 

Qualcuno, ovviamente, cercherà di liquidare gli orrori di Amsterdam come se questi siano stati un semplice episodio isolato, un semplice scazzo fra tifosi – quando tre scemi fanno il saluto romano, ha notato con intelligenza il nostro Andrea Minuz, è il ritorno del fascismo, è allarme, è emergenza, ma se in scena va la caccia all’ebreo è solo sport, è solo tifo, è solo disordine del post partita – come se fossero un semplice regolamento di conti fra tifoserie rivali (cosa che tra l’altro chiunque mastichi un po’ di calcio non dovrebbe sostenere considerando il fatto che l’Ajax è una squadra che nasce in un ghetto di Amsterdam, che l’Ajax è la squadra i cui tifosi sono conosciuti in tutto il mondo come “Super Joden”, “Super ebrei” e  considerando il fatto che gli stessi tifosi prima delle partite spesso sventolano bandiere di Israele, indossano il Maghen David, cantano canzoni tipiche della tradizione ebraica, come la celebre “Hava Nagila”, e da anni hanno costruito un rapporto di amicizia proprio con i “Maccabi Fanatics”).

 

Il calcio però oggi drammaticamente non c’entra. Perché, sì, siamo tutti Maccabi Fanatics, je suis Maccabi, ma quello che è andato in scena ad Amsterdam è la concretizzazione del sogno per cui combattono da mesi i terroristi islamisti in medio oriente. Ovverosia, l’esportazione di una forma inarrestabile di intifada globale, che evidentemente riesce a far presa laddove l’odio nei confronti di Israele, del sionismo, ha trasformato l’essere ebreo in un peccato mortale. Il 7 ottobre del 2023 sono stati uccisi, in Israele, ebrei, solo ed esclusivamente per il loro essere ebrei. Il 7 novembre del 2024, ad Amsterdam, nel cuore dell’Europa, nella città di Anna Frank, sono stati aggrediti centinaia di ebrei, solo ed esclusivamente per il loro essere ebrei. E tutto, se ci si pensa, è parte di uno stesso e unico e osceno film.

 

Un film all’interno del quale il 7 ottobre viene sbianchettato ogni giorno. Un film all’interno del quale i manifesti degli ostaggi israeliani rapiti da Hamas vengono strappati via dai muri delle città. Un film all’interno del quale gli aggrediti diventano aggressori e gli aggressori aggrediti. Un film all’interno del quale i terroristi vengono trattati dalla comunità internazionale come se fossero partigiani. Un film all’interno del quale un ebreo può temere per la sua vita solo per essere colpevole di un peccato mortale: essere ebreo.

 

Non è calcio: è antisemitismo. Non è tifo: è caccia all’ebreo. Non è un affare tra ultras: è, semplicemente, il ritorno dei pogrom nel cuore dell’Europa, il ritorno di una Notte dei cristalli, l’ondata dei pogrom antisemiti divampati nella Germania nazista tra il 9 e il 10 novembre 1938, ed è il ritorno di un mondo all’interno del quale l’antisemitismo non è solo tollerato, ma è celebrato, incoraggiato e trasformato in una scelta doverosa per chiunque voglia aderire con gioia alla seducente piattaforma dell’Intifada globale. Non è tifo: è caccia all’ebreo. Je suis Maccabi.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.