Foto LaPresse

In Germania

Cosa conterà nel voto tedesco del 23 febbraio. Parla Giovanni Di Lorenzo

Daniel Mosseri

Per il direttore del settimanale Die Zeit i Verdi avranno più consenso di quanto gliene danno i sondaggi, e cercheranno di allearsi con la Cdu per portare istanze di sinistra moderata nel nuovo governo. Mentre a pagare il conto rimarrebbero i socialdemocratici, insieme al futuro politico di Olaf Scholz

Berlino. Non si faranno né a gennaio come pretendeva inizialmente la Cdu, per una volta tanto sostenuta dagli estremisti di AfD, ma neppure si terranno a marzo, come auspicato dalla Spd del cancelliere Olaf Scholz che le elezioni anticipate se le sarebbe volentieri risparmiate, puntando invece verso la fine naturale della legislatura (settembre 2025). La crisi di governo seguita allo scontro sulla politica economica fra l’Spd e i Verdi da una parte (politiche espansive da finanziare in debito) e i Liberali (Fdp) dall’altra (no all’indebitamento, sì a un uso contenuto dell’incentivo fiscale) ha però cambiato le carte in tavola. I tedeschi torneranno a votare il 23 febbraio secondo un’intesa informale alla quale sono arrivati i socialdemocratici di Scholz e i moderati (l’Unione Cdu/Csu) di Friedrich Merz. L’ultima parola spetta ovviamente al presidente federale Frank-Walter Steinmeier che scioglierà il Bundestag dopo che questo avrà negato la fiducia al primo (e ultimo?) gabinetto Scholz. A fine febbraio, dunque. E poi cosa succederà? Una domanda che ha molto senso porsi in Germania: sia perché la Repubblica federale è poco avvezza ai governi che inciampano sia per capire se siamo di fronte a un incidente di percorso o a una nuova tendenza. 

 

            


Il Foglio ne ha parlato con Giovanni Di Lorenzo, noto giornalista italo-tedesco, direttore del settimanale Die Zeit e profondo conoscitore dei due paesi. “I Liberali forse ce la faranno a superare l’asticella del 5 per cento e secondo la loro logica hanno fatto bene a uscire da questo governo visto che stavano perdendo tutte le elezioni regionali”. E sugli ecologisti: “Grazie a Robert Habeck, i Verdi avranno più consenso di quanto gliene diano i sondaggi e cercheranno di allearsi con la Cdu per portare istanze di sinistra moderata nel nuovo governo”. A pagare il conto rimarrebbero i socialdemocratici. Anche il futuro dell’attuale capo del governo non è chiaro. Il giornalista osserva che l’unica possibilità per l’Spd di andare al governo è quella di sostenere un governo della Cdu, “per cui Scholz da cancelliere passerebbe a fare il vicecancelliere: e io non so se abbia così tanta voglia di soffrire”. 

 

Dettagli della politica che perdono di importanza rispetto ai due elefanti populisti che si aggirano nel giardino della democrazia tedesca: AfD e da qualche mese anche i rosso-bruni di Bsw, il partito pro russo dell’ex Linke Sahra Wagenknecht. Per Di Lorenzo non c’è dubbio che a livello nazionale nessuno è in grado di utilizzare i voti del Bsw, “tantomeno quelli di AfD”. Secondo i sondaggi le due forze sulle estreme dovrebbero raccogliere circa il 25 per cento in totale, dimostrando che la Repubblica federale si credeva ma non è immune dal virus sovranista. “A cambiare l’assetto politico in Germania è stata l’ondata di profughi iniziata nel settembre del 2015”, conviene Di Lorenzo che poi ricorda come l’estremismo si sia alimentato delle posizioni dei No vax durante la pandemia come anche della contrarietà di tanti all’invio di aiuti militari in Ucraina, “persone che nei partiti tradizionali oggi non trovano rappresentanza”.

Bsw nasce da una costola socialcomunista mentre AfD è un partito revanscista e pangermanista ma sul no ai migranti, al gender e all’Ucraina “hanno i loro punti in comune”, mentre restano divisi sulla politica economica. Resta il fatto che un quarto degli elettori vota controcorrente e contro il sistema, una circostanza che Di Lorenzo attribuisce a una scarsa sensibilità di una parte della politica e della stampa nei confronti delle ansie della popolazione su temi quali la criminalità e le migrazioni. “Noi abbiamo avuto dei numeri qua in Germania che se ci fossero stati in Italia oggi la Lega e Fratelli d’Italia sarebbero al 60 per cento”, aggiunge ricordando che la Repubblica federale ospita il 5 per cento della popolazione siriana, l’1 per cento di quella afghana e almeno un milione di profughi ucraini. “Questi ultimi percepiscono il reddito di cittadinanza completo e ricevono aiuti per accedere all’abitabilità sociale: nelle fasce sociali dove si guadagna di meno quella è concorrenza”. 

 

Alla vigilia dell’anniversario della Kristallnacht, il Bundestag ha approvato una nuova risoluzione contro l’antisemitismo. A favore tutti i partiti, AfD inclusa, ma astensione della Linke e no del Bsw. “La risoluzione era un buon compromesso e l’appoggio di una parte delle sinistre ai gruppi estremisti palestinesi è preoccupante: là c’è dell’antisemitismo”. Le dinamiche dei partiti non esauriscono il quadro e resta da capire di cosa di dovrà occupare il prossimo governo al di là degli obiettivi scontati come stabilizzare le pensioni, abbassare il costo dell’energia e dare i sussidi là dove servono veramente: “Serve uno stimolo all’economia e far ripartire gli investimenti: in tanti anni che faccio il giornalista non ho mai visto il paese con un umore a terra come questo”, afferma ancora Di Lorenzo. Il suo giudizio sul governo uscente non è troppo severo: la crisi energetica è stata gestita bene e tanti dei problemi della Germania di oggi arrivano da più lontano. Ma serve un’iniezione di fiducia, e al paese serve un leader che sia anche un buon comunicatore. Scholz non lo è stato.