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Orbán, Meloni e non solo: a Bruxelles si fa strada il neoatlantismo dei sovranisti

David Carretta

Con l'elezione di Donald Trump muore il vecchio atlantismo, sostituito da un’alleanza di nazionalismi e sovranismi guidata da leader come il premier ungherese e la premier italiana. Le tensioni interne all’Ue aumentano, rischiando una frammentazione irreversibile

Bruxelles. Il vecchio atlantismo è morto il 6 novembre 2024, nel momento in cui Donald Trump è stato eletto 47esimo presidente degli Stati Uniti. La corrente politica che ha regolato le relazioni tra le due sponde dell’Atlantico per sette decenni, basata sui princìpi della libertà individuale, della democrazia liberale e dei mercati aperti, ha lasciato il posto a una relazione fondata sul nazionalismo, il nativismo e le politiche identitarie. Il nuovo atlantismo ha mosso i suoi primi passi a Budapest, durante  i vertici europei presieduti da Viktor Orbán, uno dei suoi ideologi sul vecchio continente. Il primo ministro ungherese era trionfante. Come Giorgia Meloni, prima leader dell’Ue ad aver annunciato di aver parlato al telefono con Donald Trump.  A parte la Francia, dove l’atlantismo è stato spesso disprezzato in ragione della tradizione gaullista, la maggior parte degli altri paesi europei ha aderito alla cooperazione politica, economica e militare con gli Stati Uniti, compresa l’appartenenza alla Nato. Con Trump, i valori del vecchio atlantismo vengono rinnegati e le sue strutture messe in discussione. La “civiltà atlantica” è cambiata e i neo-atlantisti sono Orbán, Meloni e i loro alleati europei.

Il nuovo atlantismo si fonda su un’ideologia completamente diversa dalla vecchia. Nazionalismo e nativismo sono i collanti principali. Tutto il resto ne consegue. Orbán considera la nazione ungherese molto più ampia di quella definita dai suoi confini attuali. E’ quella a cui il trattato del Trianon pose fine un secolo fa, che si estende alla Romania, alla Serbia, alla Slovacchia, fino alla Transcarpazia in Ucraina. Meloni usa il termine “Nazione” (con la N maiuscola) al posto di stato o paese. La “Nazione” si definisce non solo attorno a confini e a regole, ma anche dal complesso di persone che hanno una comunanza di origine, lingua e storia. Gli “alieni” che Trump vuole deportare in massa, anche se hanno figli americani, non ne fanno parte. I nuovi atlantisti sono anche accomunati dal loro rigetto dei princìpi della democrazia liberale, che includono i checks and balances dello stato di diritto: contropoteri istituzionali, indipendenza della giustizia, stampa libera e società civile critica. La loro democrazia è “chi vince prende tutto”. Anche con un solo voto di maggioranza, è legittimo occupare le istituzioni e cambiare dall’interno gli equilibri dello stato di diritto. Orbán lo ha fatto con le diverse riforme della Costituzione ungherese e la nomina di fedelissimi nell’amministrazione. Meloni definisce la riforma della Costituzione italiana per avere un premier eletto dal popolo praticamente inamovibile come “la madre di tutte le riforme”. Trump ha promesso di epurare l’amministrazione federale e le nomine gli permetteranno di rimodellare la giustizia americana. 

Orbán e Meloni sono, per molti aspetti, diversi. Una volta arrivata al potere, la  presidente del Consiglio italiano ha scelto di essere una leader della destra nazionalista ma pragmatica, pronta a lavorare con l’Ue. Ha anche sostenuto il vecchio atlantismo, in virtù della storica posizione dell’Italia. Il premier ungherese si presenta come il ribelle e si è messo alla testa dell’estrema destra dell’Ue. Ha formato il gruppo dei “Patrioti” al Parlamento europeo insieme alla francese Marine Le Pen, all’italiano Matteo Salvini, all’olandese Geert Wilders, allo spagnolo Santiago Abascal. Tutti i loro partiti (Rassemblement national, Lega, Partito della libertà, Vox) un tempo volevano uscire dall’Ue o dalla zona euro. Quasi tutti questi partiti – compreso Fratelli d’Italia – in passato erano anti-americani. Con Trump sono diventati pro americani in virtù della sua ideologia. Rivendicano di rappresentare il popolo contro le élite, ma si circondano di nuove oligarchie. Sono contro l’internazionalismo, ma si sono internazionalizzati. Pur con le loro differenze specifiche, i neo atlantisti sono al governo in Slovacchia (con il premier Robert Fico), in Finlandia (i Finlandesi) e nei Paesi Bassi (il Partito della libertà di Wilders). Hanno vinto le elezioni in Austria (la  Fpö  di Herbert Kickl). Nel prossimo anno e mezzo potrebbero tornare al potere in Slovenia (con Janez Jansa) e in Repubblica ceca (con Andrej Babis). In Belgio si profila un governo guidato da un ammiratore di Trump (il leader dei nazionalisti fiamminghi della N-VA, Baart De Wever).

Una difficoltà che hanno di fronte i neo atlantisti è che considerano i rapporti internazionali un gioco a somma zero. Le strutture sovranazionali vanno bene solo se non comportano costi finanziari o politici. Trump considera la Nato una truffa, perché l’America si fa carico della sicurezza altrui. Orbán si permette di fare il bullo con l’Ucraina perché sa di poter contare sulla protezione della Nato. L’Italia di Meloni non ha la volontà di rispettare l’obiettivo del 2 per cento di spesa per la Difesa, perché dovrebbe tagliare altre spese. Il vantaggio dei nuovi atlantisti è che possono scambiarsi favori in virtù della comunanza ideologica. Con un colpo di penna Trump potrà offrire garanzie di sicurezza all’Ungheria anche senza la Nato. Con un gesto di benevolenza, Trump potrebbe perdonare a Meloni di non investire nella Difesa. Le implicazioni per l’Ue sono profonde. A Budapest la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha ricordato che l’unità fa la forza dell’Ue. Ma i neo atlantisti europei andranno uno a uno a Mar-A-Lago a chiedere un trattamento privilegiato. Il pericolo – secondo buona parte degli esperti – è la frammentazione dell’Ue. 

La forza dei nuovi atlantisti è il risultato della debolezza dei vecchi atlantisti. Il presidente francese, Emmanuel Macron, è costretto a una coabitazione con un governo che dipende dall’estrema destra. La coalizione del cancelliere tedesco, Olaf Scholz, è implosa il 6 novembre scorso. Almeno le elezioni in Germania permetteranno un “reset” della politica europea di Berlino. L’arrivo alla cancelleria del leader della Cdu, Friedrich Merz, potrebbe portare a un allineamento dei vecchi atlantisti attorno al concetto di sovranità europea. Le iniziative di Macron  sono state sempre guardate con sospetto dai suoi omologhi, perché considerate progetti francesi in contrapposizione all’atlantismo tradizionale. Il presidente francese ha ammesso i suoi errori davanti ai vecchi atlantisti dell’Europa centrale e orientale di non averli ascoltati. I paesi dell’Est e del Nord hanno iniziato a guardare con occhi diversi alla difesa europea invocata dalla Francia, perché con Trump sanno di non poter più contare sulla vecchia relazione transatlantica.
 

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