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L'intervista

L'antiebraismo dopo Amsterdam e l'accusa di “eterni stranieri”. Parla Della Pergola

Fiammetta Martegani

Il saggista israelo-italiano riflette sulla società ebraica e sulla sua diaspora: "Gli europei dovrebbero cominciare a preoccuparsi, se hanno a cuore i valori della democrazia"

“Essere ebrei oggi” non è solo il titolo dell’ultima pubblicazione di Sergio Della Pergola – ex direttore dell’Istituto Avraham Harman di Studi Ebraici Contemporanei all’Università Ebraica di Gerusalemme – ma soprattutto una riflessione costante, frutto della sua attività accademica tra Israele, Europa e Stati Uniti, dedicata allo studio demografico della società ebraica e della sua diaspora. Come ci racconta il professore emerito il progetto, era pronto per la stampa prima del 7 ottobre, tanto che, salvo qualche pagina di postilla, il libro è stato pubblicato così come concepito perché, come spiega lo studioso “è un problema che appartiene, in modo intrinseco, alla storia del popolo ebraico. Quanto è accaduto ad Amsterdam nei confronti dei tifosi di una squadra di calcio mediocre – che per altro ha perso 5 a 0 – non è che lo specchio di una condizione di ostilità permanente nei confronti del popolo ebraico che non ha fatto che manifestarsi in modo più esplicito da dopo il Sabato Nero, specie tra le strade d’Europa”.

 

Come sottolinea Della Pergola: “Il problema non riguarda solo il popolo ebraico, ma l’Europa stessa, in preda agli estremismi, che presto le si ritorceranno contro” per questo l’obiettivo del volume è quello di fare chiarezza su una serie di termini tra cui “ebreo” e “antisemitismo”, poiché, dalla loro epistemologia, si possano meglio comprendere alcuni dei grandi “fraintendimenti” della storia: il termine “ebreo” sta a significare “trans”, colui che proviene da “altrove”, cosi’ come compare per la prima volta nella Bibbia quando Abramo viene chiamato a Sodoma per salvare la sua famiglia colpita da un pogrom: “Nel testo leggiamo Abraham ha hivri, ovvero “colui che viene dall’altra parte”, o dall’altra sponda, quella dell’Eufrate. L’ebreo è lo ‘straniero’ per definizione”. Oggi come allora – continua lo studioso – l’ebreo è qualcuno che non appartiene al luogo in cui vive, come non lo era nell’Egitto del Faraone, che descrive gli “ivrim” dicendo che sono “troppi”. A Roma Cicerone li definisce “rumorosi e lobbisti”, precedendo di gran lunga la condanna cristiana: “Si tratta di un’ostilità pagana nei confronti dei rituali e dell’unità di questo popolo che continuerà a essere etichettato come ‘diverso’ anche quando si converte, come durante l’inquisizione spagnola. Fino allo sterminio dei nazisti, che va a colpire ebrei perfettamente assimilati alla società a cui appartengono: “L’ebreo rimane sempre parte dell’altra sponda: o troppo capitalista o troppo rivoluzionario, tanto che anche quando fonda un suo stato, Israele non viene riconosciuto in quanto tale”. 

 

Per questo, secondo l’analista, quando si parla di “antisemitismo” ci si concentra spesso sul fenomeno del momento, mentre si tratta di un fenomeno sempre esistito, talvolta per motivi religiosi, talvolta di natura economica. Ragioni che non fanno che accumularsi, rendendo questo fenomeno sempre più solido, tanto che la definizione più corretta sarebbe quella di “antiebraismo”: “Questa volta è toccato ai tifosi, ma domani capiterà a qualcun altro. Assistiamo, in tutta Europa, ad un’omologazione tacita da parte del sistema. Gli europei dovrebbero cominciare a preoccuparsi, se hanno a cuore i valori della democrazia”.

 

A partire da una grande inchiesta condotta tra Europa, Italia, Israele e Stati Uniti, Della Pergola indaga uno dei temi più preoccupanti del nostro presente da cui emerge un’identità ebraica contemporanea in cui la religione gioca un ruolo sempre meno importante. Il tema analizzato con maggior approfondimento nell’ultima pubblicazione dello studioso, appena uscita negli Stati Uniti: US Jews: Reflections on Identity and Demography (Springer, 2024) in cui l’autore ripercorre ascesa e declino – anche demografico – degli ebrei americani: “Oggi, la maggior parte di loro, si definiscono americani ebrei” e, a differenza di quelli israeliani e della diaspora europea, hanno legami sempre meno solidi con la comunità, in parte anche a causa di un processo, sempre più rapido, di assimilazione. La loro epocale influenza culturale, accademica ed economica, dopo aver raggiunto un apice, è ormai destinata a regredire.”

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