medio oriente
La collaborazione pericolosa e non inedita per bloccare Hezbollah
Ron Dermer è l'uomo di Netanyahu per le questioni che contano, bisogna seguire i suoi viaggi (quando non sono segreti) per capire su cosa lavora il governo israeliano. Il patto per mettere fine alla guerra in Libano, in attesa di Trump
Mentre alcuni ministri del governo di Israele rilasciavano dichiarazioni per dire che un cessate il fuoco con Hezbollah si sta materializzando, il ministro dei ministri, l’uomo a cui Benjamin Netanyahu affida le questioni importanti del suo governo, Ron Dermer, viaggiava in segretezza completa o parziale per curare i dettagli. Dermer per Netanyahu non è soltanto un collaboratore stretto, è la persona a cui ha affidato, soprattutto negli ultimi due governi, mediazioni, negoziati, incontri segreti. Oggi è ministro degli Affari strategici, fino al 2021 è stato ambasciatore negli Stati Uniti, è nato a Miami, e da lui passano le comunicazioni importanti con gli americani – fu lui, infatti, assieme al genero di Trump Jared Kushner a dare forma e sostanza agli Accordi di Abramo. Secondo un’esclusiva del Washington Post, Dermer sarebbe al centro di un nuovo ciclo di negoziati per mettere fine alla guerra in Libano.
Secondo le fonti del quotidiano americano, Israele sarebbe pronto ad accogliere il nuovo presidente americano con la fine di una delle guerre che combatte dal 7 ottobre e a parere di qualcuno, nella tempistica, ci sarebbe anche uno sgarbo a Joe Biden: la chiusura di un accordo per gennaio sarebbe un omaggio al repubblicano, dopo mesi in cui l’attuale Amministrazione si è spesa in viaggi continui in medio oriente tra diplomazia, intelligence e aiuti militari. L’accordo su cui sta lavorando Israele prevede il ritiro dei miliziani di Hezbollah oltre il fiume Leonte, come previsto dalla risoluzione 1701 delle Nazioni Unite del 2006, quindi l’istituzione di una zona cuscinetto tra il fiume e il confine israeliano controllata dall’esercito regolare libanese sotto la supervisione degli Stati Uniti e del Regno Unito, infine la possibilità per Tsahal di operare oltre la frontiera nel caso di violazioni. Una fonte del quotidiano ha detto che la proposta non è ancora stata sottoposta a Hezbollah, il gruppo potrebbe accettare il ritiro ma difficilmente sarebbe a favore, come lo stesso governo libanese, di lasciare che i soldati israeliani operino nel territorio di Beirut quando lo ritengano necessario. Nabih Berri, il presidente del Parlamento del Libano – carica che detiene da oltre vent’anni – e leader del miglior alleato politico di Hezbollah, il partito sciita Amal, ha detto: “C’è una persona sana di mente che crede accetteremo un accordo… a spese della sovranità del Libano?”. Israele ci crede ed è pronto ad aumentare la pressione militare per ottenere un’intesa che renda sicuro il suo confine settentrionale, reso invivibile e di fatto disabitato dai continui attacchi di Hezbollah. Una parte importante dell’accordo ideale per Israele sta però nel rendere il gruppo armato incapace di riarmarsi di nuovo.
Da settembre, Tsahal ha incrementato la sua campagna contro Hezbollah con azioni mirate, bombardamenti e una campagna di terra con l’obiettivo di distruggere i tunnel del gruppo, i depositi di armi ed eliminare le truppe Radwan, addestrate per penetrare nel territorio israeliano. Hezbollah è rimasto senza catena di comando, adesso il leader del gruppo è un religioso che trema e suda durante i discorsi che dovrebbero essere incendiari, però il suo arsenale è ancora cospicuo: gli attacchi contro Israele non sono diminuiti e i droni lanciati riescono ancora a essere precisi, tanto da aver colpito la casa del primo ministro a Cesarea. I lanci degli ultimi giorni hanno causato vittime tra i civili (in tutto, dall’inizio della guerra, quarantacinque) e tra i soldati impegnati dentro al Libano ne sono morti più di quaranta. Hezbollah è depotenziato ma è ancora in grado di far male, il suo canale con la Repubblica islamica dell’Iran è aperto e per il futuro, la preoccupazione di Israele è renderlo il più sigillato possibile. E’ qui che Dermer è entrato ancora una volta in azione, triangolando con i russi, che in Siria – la porta delle armi iraniane verso il Libano – hanno il controllo sul regime di Bashar el Assad. Israele sta colpendo in Siria per distruggere strutture di Hezbollah e rompere la catena di approvvigionamento, ma mancano un accordo e una capacità di controllo che ancora una volta rendono i russi utili agli occhi degli israeliani.
La proposta di pace che Israele vorrebbe presentare richiede a Mosca di precludere a Hezbollah e all’Iran le rotte siriane, i russi dovrebbero impedire che Damasco, rimasta quieta in questi mesi nonostante i bombardamenti sul suo territorio, permetta a Teheran di mandare armi ai miliziani libanesi. La parte più importante dell’esclusiva del Washington Post sta tutta nella triangolazione fra Russia, Israele e Stati Uniti, di cui Dermer è il tessitore assieme a Kushner, che nella nuova Amministrazione Trump non avrà incarichi ufficiali. Dermer sarebbe andato a Mosca in segreto e alcuni funzionari russi avrebbero visitato Israele a fine ottobre. Fonti del Foglio hanno raccontato di una possibile tentazione americana: legare i conflitti in medio oriente e in Ucraina a soluzioni parallele.